Recensione: The Days We Spent Underground 1981-1984, 5 CD Box Set

Di Stefano Ricetti - 22 Giugno 2023 - 9:02

Quante delle band ultra decorate legate all’hard rock, al glam, allo sleaze e allo street e al semplice rock’n’roll (è giusto elencare generi e sottogeneri, a scanso di equivoci, anche se il proliferare di etichette crea spesso più confusione che altro, ma vabbè…) soprattutto made in Usa si sono studiate molto, ma molto bene gli Hanoi Rocks per poi scimmiottarli e ottenere un successo planetario?

Tante, veramente tante, anche insospettabili.

Se non erro, ma potrei ricordare anche male, Steven Tyler degli Aerosmith fece di tutto per incontrare Michael Monroe, anni fa, ricoprendolo di (meritatissimi) complimenti. Un modo elegante per ringraziare lui e gli Hanoi Rocks per quanto fatto. Il cantante degli Hanoi successivamente fu invitato a suonare il sax durante una performance degli stessi Aerosmith.

Basta poi ascoltare “Lost in the City” per capire chi fra le big band prese ispirazione (eufemismo) dagli Hanoi Roxx, così come riportati sul seno della gentil donzella immortalata sul retro di Oriental Beat.

Il gruppo nacque nel 1979 a Helsinki, in Finlandia, non propriamente la patria né il palcoscenico ideale per lanciare una band dalle altissime potenzialità. Un po’ come da noi, insomma, in quegli anni. Un biondone dinoccolato con il physique du rôle della rockstar consumata quale il cantante nonché sassofonista quando necessario Michael Monroe incrociò il proprio cammino col chitarrista e compositore Andy McCoy e da quell’incontro scaturì la magia. Reclutati altri giovani di belle speranze dal look trasandato quali l’altro chitarrista Nasty Suicide, Sam Yaffa al basso  e Gyp Casino alle percussioni nel 1981 debuttarono con l’album omonimo, dalla copertina leggermente sfuocata iconica che più iconica non si può, meglio conosciuto come Bangkok Shocks, Saigon Shakes, Hanoi Rocks. Per tutti, più semplicemente, “Hanoi Rocks”. Il migliore della loro discografia, a parere dello scriba.

La validità assoluta del prodotto e la buona accoglienza a livello commerciale compattò la line-up e fornì la linfa e l’entusiasmo necessario al gruppo per pubblicare l’anno successivo ben altre due realizzazioni: Oriental Beat, che raccolse Osanna plurimi da parte dell’influentissima stampa specializzata inglese (Sounds e Kerrang!) e determinò lo spargimento del nome della band a livello mondiale, tanto da raggiungere echi positivi sia negli Usa, in particolare in California, che in Giappone. Nella sola Finlandia venne poi stampato Self Destruction Blues, una sorta di compilation di singoli e B-sides varie, a rafforzare il nome e il seguito degli Hanoi Rocks in patria.

I ragguardevoli riscontri sia a livello di critica che di seguito (seppur distantissimi da quelli ottenuti da altre megastar, beninteso) indussero Monroe e soci a trasferirsi a Londra, il centro nevralgico e strategico dell’heavy metal e dell’hard rock mondiale in quel momento storico, nel 1982/1983. Nella capitale britannica concepirono e poi fecero uscire Back to Mystery City, un album prodotto da Dale “Buffin” Griffin e Pete “Overend” Watts dei Mott The Hoople . Il passaggio dalla Finlandia all’Inghilterra segnò l’entrata di Razzle alla batteria, a rimpiazzare il precedente Gyp Casino. Dal vivo la band faceva sfracelli, un animale da palcoscenico e un frontman come Monroe lo invidiavano in molti e il suggello su disco della band in concerto avvenne per il tramite di All Those Wasted Years, pubblicato nel 1984, comprendente la registrazione della performance degli Hanoi Rocks catturata fra le mura del mitico Marquee Club nel  dicembre 1983. Sembrava che tutto filasse come sognato, per i finlandesi, firmarono per la CBS e il loro destino pareva destinato al tanto agognato mainstream ma la tragedia era dietro l’angolo: a causa dell’incoscienza di un ubriachissimo Vince Neil, il cantante dei Motley Crue, Nicholas Charles Dingley, meglio conosciuto con il nome d’arte di Razzle, batterista degli Hanoi Rocks, perse la vita in un incidente stradale nei pressi di Redondo Beach, in California, nel dicembre del 1984. Per il gruppo il colpo fu tremendo, e nulla fu più come prima.

The Days We Spent Underground 1981-1984, il cofanetto realizzato dalla Hear No Evil Recordings Ltd/Cherry Red Records racchiude tutti e cinque i Cd sopra descritti alloggiati dentro dei cartonati che ne riproducono le grafiche originali. Ad accompagnarli un libretto di diciotto pagine contenente varie foto, le formazioni dei diversi album, alcune copertine di singoli, la storia della band su due facciate dalla quale ha preso spunto il pistolotto di cui sopra e in chiusura la foto della modella Jax, sebbene tagliata, in reggicalze nero e sigaretta in bocca, indossante una maglia degli Hanoi Rocks.

Come scritto a inizio recensione i finlandesi costituiscono un gruppo imprescindibile all’interno del panorama hard rock mondiale, successivamente al 1984 si riunirono in diverse formazioni e pubblicarono vario materiale, anche valido, ma per la stragrande maggioranza degli appassionati i veri Hanoi rimarranno per sempre quelli ricompresi fra “Hanoi Rocks” e All Those Wasted Years, esattamente quanto contenuto all’interno di The Days We Spent Underground 1981-1984, un prodotto decisamente interessante per tutti coloro volessero in un colpo solo ripassare dei momenti irripetibili dell’epopea hard mondiale.

Al netto di qualche bel fillerone, la Storia, con la maiuscola, fa rima con “Tragedy”, “Don’t Never Leave Me”,  “Motorvatin”, “Teenangels Outsiders”, “Oriental Beat”, “Kill City Kills”, “Beer and Cigarette”, “Taxi Driver”, “Malibu Beach Nightmare”, “Until I Get You”, ”Back To Mystery City”, “Lost In The City”.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti                

 

 

 

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