Recensione: The Essential

Di Gianluca Fontanesi - 7 Settembre 2014 - 12:46
The Essential
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Tempo di greatest hits anche per il buon Richie Kotzen.
Cosa si può dire di lui che non sia già stato detto? Poca roba, ma forse una, quella poi fondamentale, è giusto tirarla fuori: perché una persona col suo talento e la sua (rara) abilità con la 6 corde non ha avuto un successo enorme o maggiori riconoscimenti da pubblico e critica? Perché esaltiamo a livello quasi agiografico un John Petrucci o gente che esegue ogni tipo di scala ai mille all’ora piuttosto che il caro e vecchio sangue? Ci sono molte correnti di pensiero, ma la musica non può e non deve essere empirismo puro; prendere lo sbrodolo di tecnica e considerarlo qualità sopraffina è quantomeno fuorviante; se poi lo sbrodolo lo si fa diventare anche arte, meglio allora rivolgersi alla mai passata di moda Sbrodolina Bollicina, quella bambola degli anni ’80 col retrogusto di bukkake appena compiuto. Possiamo anche disquisire in questa sede sull’utilità dei greatest hits a livello generico: cose utili o feltrini per le sedie prodotti da case discografiche sempre più avide e personificabili a uno Scrooge dei tempi moderni? A voi la scelta.
Qui comunque di carne al fuoco ce n’é: parliamo di una discografia piuttosto vasta, che raggiungerà nel 2015 il ventesimo album. Inevitabile quindi spaziare un po’ dappertutto: si pesca da “24 Hours”, “Go Faster”, “Into The Black” e via dicendo. Accontentare tutti, si sa, non è mai facile, specialmente in queste operazioni.

Due sono gli inediti presentati per rendere il piatto più succoso: “War Paint” e “Walk With Me”. La prima ha un tiro veramente micidiale, è un hard rock piuttosto potente, che parte in sordina per poi esplodere con un ritornello di facile presa e molto “caldo”. Memorabile il ponte in cui la chitarra ha il suono di un badile stampato in fronte; peccato però perché, nel momento in cui il tutto sta per esplodere e raggiungere il climax, si stoppa in maniera piuttosto brusca, lasciando l’amaro in bocca all’ascoltatore che si stava quasi per invasare prendendo a testate il trespolo e sperando finalmente di provocare un infarto all’odiato pappagallino voyeur della compagna a suon di craniate. Niente di fatto. “Walk With Me” offre invece toni più soft, e il pappagallo (si chiama Mario, così, per cronaca) tira un sospiro di sollievo ascoltando una quasi nenia con la forma canzone mantenuta in maniera piuttosto canonica e quasi indolore.
Da qui in poi l’inevitabile sciorinata di vecchi classici e non, ovviamente e totalmente inutili per chi fosse già in possesso dei dischi da cui provengono. I neofiti invece potrebbero tranquillamente partire da qui, non avendo però un quadro chiaro sul contesto in cui i pezzi furono composti, cosa non da poco.

Nell’opera sono presenti anche un secondo cd e un dvd. Il primo contiene bootleg, versioni acustiche e alcuni demo, che ovviamente nulla aggiungono e nulla tolgono al resto “più quotato”: sono più le solite chicche per fan accaniti che cose universalmente riconosciute come fondamentali.
Il dvd non ci è pervenuto, ma dovrebbe contenere anch’esso bootleg, performances acustiche e dei video, questa la tracklist:

01. Walk With Me (2014)
02. Paying Dues (2009)
03. 24 Hours (2011)
04. Larger Than Life (2009)
05. Losing My Mind (2005)
06. Help Me (2012)
07. Chase It (2008)
08. Player (2011)
09. The Shadow (2011)
10. My Angel (2011)
11. I Would (2008)

Che altro dire quindi? Un’inevitabile precisazione: prendete il voto come giudizio all’operazione in se che non è ovviamente premiabile con iperboli e pantagruelismi. Il 100 lo diamo alla carriera, all’artista; qui chiaramente parliamo d’altro.

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