Recensione: The Most Beautiful Pain

Di Fabio Vellata - 16 Aprile 2006 - 0:00
The Most Beautiful Pain
Band: Valentine
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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69

Personaggio poco conosciuto dai fruitori di musica rock del vecchio continente, Robby Valentine è un polistrumentista olandese di elevato talento che ha trovato, sin dai suoi esordi risalenti alle collaborazioni con First Avenue e Zinatra, il proprio eldorado nel ribollente mercato del sol levante che da sempre accoglie le sue uscite con particolare entusiasmo e calore: chiunque fosse stato interessato nel venire a conoscenza della proposta del buon Valentine, era stato infatti sino ad ora costretto a sopportare qualche spesuccia aggiuntiva necessaria per l’acquisto di un prodotto d’importazione.

Il nuovo platter intitolato “The Most Beautiful Pain” è invece stavolta facilmente reperibile anche dalle nostre parti grazie ai buoni uffici della sempre attivissima Frontiers Records, che ha reputato maturi i tempi per fornire un contratto che garantisse al cd una buona distribuzione Europea, permettendo così una più facile reperibilità a vantaggio degli appassionati e dei fan del musicista originario della terra dei tulipani.
L’amore di Valentine per i Queen è da sempre un fattore conclamato e per nulla nascosto, ed anche questa volta i riferimenti alla straordinaria band di Mercury e May sono numerosi, tuttavia la preponderanza di atmosfere così affini alla “Regina” risulta un po’ più smorzata rispetto ai precedenti lavori solisti ed al progetto Valensia/Valentine (di cui fa parte il mastermind dei Metal Majesty Valensia, un uomo dal talento sopraffino, con delle corde vocali impressionanti, ma troppo spesso vicino al plagio di idee altrui), riconducendosi essenzialmente a qualche coro, dove l’amalgama vocale è inequivocabile, e a qualche giro di chitarra che di tanto in tanto sembra strizzare l’occhio ai suoni tipici della sei corde del caro vecchio Brian May; nulla a che vedere per farla breve, con quanto proposto ad esempio nel remoto (e comunque molto bello) “United” edito nel 1997, dove la presenza dei Queen era una costante a tratti incontenibile.
In sostanza il cd si presenta come un prodotto ancorato maggiormente ad un background poco vicino all’hard rock e molto più affine al POP, laddove non risulta affatto raro imbattersi in episodi dal gusto estremamente commerciale, ruffiano e quasi “patinato”, che a volte possono però offrire qualche perplessità per lo scarso mordente : è il caso ad esempio di “One Of These Days”, un brano che non sfigurerebbe in un disco di Michael Jackson, dotato comunque di un ritornello piacevole ed accattivante, o della troppo dispersiva ed annoiante “Mickey”, così come la scialba, inutile ed inconcludente “Exodus Elephantes” ; non mancano tuttavia i pezzi interessanti e degni di menzione, come “I’m Going Under”, canzone dal refrain gioioso e ricco di brio, “She”, che può persino ricordare al suo inizio la famosa “I’m Always Here” dei Survivor (soundtrack della prima serie del celebre telefilm Baywatch), la veloce “Supernova”, con i classici cori alla Queen per l’appunto e l’AOR di “Magical Memories”, a darci la misura di un risultato altalenante e non troppo omogeneo in termini qualitativi.
La pecca più evidente a mio giudizio, risiede purtroppo però ancora una volta nella voce del nostro Valentine, che da sempre ho ritenuto parecchio scarsa in potenza e piuttosto effeminata, davvero troppo simile in certi istanti al già citato Michael Jackson… se l’autore delle linee vocali presenti su “The Most Beautiful Pain” fosse stato il suo compare Valensia la cifra tecnica del cd sarebbe stata molto più elevata ed avremmo parlato di qualcosa di certo al di sopra di una onesta sufficienza.

La sensazione che se ne trae per concludere, è quella di un disco che può intrattenere abbastanza gradevolmente senza tuttavia lasciare alcuna traccia del suo passaggio una volta terminato l’ascolto; un cd molto più orientato al Pop che al Rock che risulta inferiore rispetto ad altre, ben più valide, uscite del bravo Robby Valentine e può essere consigliato senza remore esclusivamente a chi ne è già frequentatore ed estimatore.

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