Recensione: The Raging Tides

Di Andrea Poletti - 7 Marzo 2016 - 1:00
The Raging Tides
Band: Exumer
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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71

Negli ultimi anni abbiamo visto come il thrash d’annata ha vissuto un periodo di rinascita, siamo stati letteralmente invasi da band riemerse dalle profondità o piccole nuove realtà, nate sull’onda della momentanea popolarità, che han cercato riportare in auge il classico trade-mark facendone dono al popolo metal. Nomi più o meno importanti ci hanno regalo momenti di godimento inaspettato quali Artillery, Onslaught, gli Exodus che suonano come avessero 25 anni, gli Overkill che si tolgono le rughe, gli Hirax, i redivivi Nuclear Assalut, i Dark Angel che forse tireranno fuori un nuovo album e in ultimo, ma non per importanza, gli Exumer. Potrei continuare a citarne decine e decine di gruppi ma che senso avrebbe? Ormai una folta schiera di appassionati necessita e brama quel suono che tra gli anni novanta e i primi duemila era andato perdendosi per strada arrivando quasi a pensare ad una “morte del metal”, in favore di sperimentazioni e avanguardie di discutibile gusto. Siamo per fortuna in una civiltà globalizzata oggigiorno e ognuno può fare quel che vuole, senza seguire per forza le mode del periodo; se dentro il DNA hai marchiato a fuoco “vecchia scuola” nessuno può togliertelo, nemmeno sotto terra. Un grande mercato a cielo aperto nel quale tutti possono usufruire di questo o quel prodotto, che volete di più? Tutta questa manfrina per dire semplicemente che questo nuovo The Raging Tides suona dannatamente old school, come suo fratello più grande Fire & Damnation, ma in più ha una dose accentuata di tamarreide con la verve che non porta altro che ad un headbanging forsennato, ad una strage di cadaveri in sede live o, se amplificato in auto lungo le strade, ad eventuali torcicollo.

Gli Exumer non hanno molto da invidiare a certi colleghi di ben più nota fama all’interno della scena Tedesca; come gli altri non inventano nulla, non rivoluzionano nulla ma fanno il loro sporco dovere con la meticolosità e l’esperienza che solo dei “giovani” di quarant’anni hanno dalla loro. Non è cambiata assolutamente una briciola nel suono della band, sembra quasi di sentire dei brani concepiti ai tempi di Possessed by Fire sotto una produzione moderna e più strutturata, la combo iniziale fornita dalla Titletrack e da Brand of Evil è quando di più genuino si possa chiedere ad un album che desidera e pretende di suonare old school; la matrice di casa Slayer e Exodus è impossibile da non notare, attraverso riffs che paiono letteralmente copiati di sana pianta da Holt e Hanneman. Se però a queste sonorità ci aggiungiamo un pizzico di carattere, quale il cantato grezzo e diretto di Meme Von Stein, aggiungendoci quel tocco inconfondibile di matrice Tedesca il gioco è presto fatto. Prendere dai grandi e personalizzare, sembra semplice ma in pochi riescono a fare questo gioco con intelligenza, fortunatamente gli Exumer sono tra questi e come da sempre sappiamo in fin dei conti il lupo perde il pelo ma non il vizio. Non c’è un solo crollo di tensione lungo l’intera durata del disco, ogni singolo brano è un ipotetico singolo apripista che ci conferma quanto di buono sia ancora possibile creare nel 2016; immaginare un moshpit che si apre alla prima nota di brani presenti nella parte centrale quali Sacred Defense, Sinister Souls con il suo chorus da cantare a squarciagola o il mid-tempo Shadow Walker è pressochè lapalissiano. Groove intensità e tanta energia sprigionate ad ogni brano fanno di The Raging Tides un album che merita di essere ascoltato nella sua interezza senza skip o pause di qualsiasi genere. La tracklist “normale” viene chiusa da due brani che non regalano molte altre emozioni rispetto a ciò che si è già sentito in precedenza; sia Dark Reflections che Death Factory sono due classici marchi di fabbrica che non fanno altro che confermare il quattro quarti che ci inonda e seppellisce attraverso una rabbia e una intensità che sono da applausi. Le due tracce bonus che riusciamo a trovare in fondo al disco sono due cover che possiamo definire atipiche, Forever My Queen dei Pentagram e Hostage to Heaven dei Grip Inc. (con ospiti di lusso tra cui l’ex Exodus Rob Dukes) sono un implementazione della tracklist che però, detta sinceramente, non offrono molti punti a loro vantaggio diventando leggermente un surplus evitabile, ma essendo “bonus” perché non gustarsele a pieno? Il punto di forza degli Exumer del 2016 non è solamente la capacità tecnica e le tracce create dai musicisti in questione, un certo Sorychta, produttore del disco in essere, è l’elemento dietro cui girano negli ultimi anni grandi nomi del calibro di Samael, Moonspell, Sodom e che di certo sa il fatto suo. Rispetto al precedente Fire & Damnation infatti si sente un notevole miglioramento da parte della band sotto l’aspetto compositivo ed empatico, come se l’interazione tra i membri fosse decollata riuscendo a portare la prestazione globale in netto miglioramento rispetto al passato. Non mi dimentico certamente della prematura sparizione di Holger Klob del 2013, sicuramente la band ha attraversato un momento difficile con qualche perplessità sul futuro, ma con la forza del gruppo e l’intento di portare a termina la “missione” che gli ha fornito il destino, le brutte difficoltà accadono solamente per rinforzarti e darti il coraggio necessario di guardare avanti. Non vi è un solo passo indietro e questo bisogna darne atto, perché pur non trovando nulla di nuovo come già detto, di sicuro tracce come quelle qui presenti faranno la gioia degli appassionati, poco ma sicuro.

Non c’è molto altro da aggiungere, un album schietto, dritto al punto giusto e senza peli sulla lingua, un album che trasuda vintage e merita di essere rispettato senza battere ciglio. Il desiderio di rivivere una scuola, oramai lontana anni luce, non è del tutto svanito e chi ancora porta ai piedi le adidas alte di colore bianco, le maglie rigorosamente tagliate sulle maniche ed i jeans stretti modalità soffocamento, sarà il benvenuto in questo mondo, che di certo non offre nulla di nuovo sul piatto ma ci teniamo a ribadire, il suo sporco dovere lo fa molto dignitosamente. Promossi ed headbanging assicurato, Horns Up!

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