Recensione: The Road Home

Di Riccardo Angelini - 12 Ottobre 2007 - 0:00
The Road Home
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2007
Nazione:
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70

È ormai da svariati mesi che la Magna Carta continua a riversare sul mercato una quantità abnorme di raccolte e best of assortiti – diciamolo pure chiaro e tondo – completamente inutili. Al di là del comprensibile sdegno da parte del pubblico, che a giusta ragione reclama piuttosto le ristampe di dischi ormai non più facilissimi da trovare (un bel remastering del primo Shadow Gallery, tanto per fare un esempio, dovrebbe essere in cima alla lista delle priorità della label), cominciano a sorgere perplessità inquietanti sullo stato di salute finanziaria di un’etichetta che accoglie nel suo rooster band del calibro di Kansas, Magellan, Shadow Gallery, Royal Hunt ed Enchant. Lo stesso Jordan Rudess ha – per così dire – contribuito alla non troppo nobile causa già con “Prime Cuts”, tutt’altro che indispensabile best-of datato 2006. Oggi, a tre anni di distanza dal suo ultimo reale full-length in studio, il tastierista dal pizzetto ossigenato scende nuovamente in campo con l’intento manifesto di omaggiare i maestri del passato e la speranza più o meno segreta di offrire una boccata d’ossigeno alle casse della martoriata etichetta.

 

Al di là del personale scetticismo con cui il sottoscritto è solito accogliere gli album-tributo bisogna riconoscere che il dispiegamento di forze messo in atto per la presente uscita ha un che di impressionante. A fianco di Jordan la Magna Carta ha schierato molti dei suoi uomini più rappresentativi: al solo microfono si avvicendano istituzioni del rock e del progressive come Neal Morse, Nick D’Virgilio, Steven Wilson e Kip Winger. Lo stesso Rudess si concede qualche improvvisata dietro al microfono, contribuendo ad arricchire la già apprezzabile varietà di timbri. Logico prevedere che con una formazione di questo livello la scaletta potrà offrire sfide ragionevolmente ambiziose. Neanche qui Jordan tradisce le aspettative: fin dall’inizio si avventa famelico sui classici dei classici, facendoli a brani e sfogandosi su nuovi arrangiamenti che li rendano più confacenti al suo stile. Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson, Emerson Lake&Palmer vengono omaggiati attraverso la riproposizione di alcuni dei loro pezzi più famosi. Si parte con “Dance On A Volcano”, in cui il ruolo che fu di Steve Hackett viene ricoperto con impressionante disinvoltura dal talento italiano Marco Sfogli, e si chiude con una “Tarkus” (!) ampiamente rimaneggiata: senza dubbio la sfida più impegnativa tra quelle offerte dalla tracklist. Nel mezzo si segnala un piacevole medley – di durata tutto sommato contenuta – il cui merito maggiore è quello di saper trovare insospettabili anelli di collegamento fra le varie “Soon”, “Supper’s Ready”, “I Talk to the Wind” e “And You And I”. C’è spazio anche per una breve composizione originale di Jordan stesso, “Piece of the π”: tre minuti di follia abbastanza sfrontati da svariare liberamente dall’elettronica pura al ragtime più frenetico.

 

Forse i puristi storceranno il naso di fronte a tali riarrangiamenti, di portata a tratti piuttosto ingombrante: sta di fatto che Jordan Rudess un dilettante proprio non è, e quando va a porre mano sulle pagine della storia si può star certi che lo faccia con cognizione di causa. Del resto, il valore dei brani in oggetto è quello che tutti conoscono, così come lo è quello dei musicisti chiamati all’opera. Ne consegue che l’esito finale non può che essere positivo, con buona pace dei detrattori del tastierista di Long Island.

Ma altrettanto vero è che un disco come questo non vien certo regalato, e considerata l’abbondanza di uscite di valore che l’anno corrente ha saputo regalare al popolo del progressive, sarà bene che l’ascoltatore valuti con attenzione la possibilità di conservare i propri risparmi per qualche album più meritevole – magari un album dai contenuti originali. Al contrario i completisti, così come i fedelissimi di Rudess e i fortunati privi di problemi di budget, potranno tranquillamente apprestarsi a fare proprio senza esitazione questo piccolo saggio di rara classe e destrezza musicale.

 

Per quanto riguarda la Magna Carta, per stavolta si può dire che la presente uscita – seppur non essenziale – sappia mantenersi sopra quella soglia di dignità che certe raccolte del recente passato avevano mancato di raggiungere. Ma non ci sarà sempre un Jordan Rudess a estrarre un coniglio dal cappello per salvare la barcca: il pubblico non è fesso, e a lungo andare la strategia di invadere il mercato con pseudo-album di dubbio interesse non potrà che rivelarsi controproducente. Confidiamo dunque in un’inversione di tendenza, se non altro per la buona memoria che conserviamo di una label la quale, all’inizio degli anni ’90, seppe investire su quelle che si dimostrarono alcune delle realtà più meritevoli dell’intero panorama progressive.

 

Riccardo Angelini

 

Tracklist:

01. Dance on a Volcano (Genesis)

02. Sound Chaser (Yes)

03. Just the Same (Gentle Giant)

04. Piano Medley (Jon Anderson, Genesis, King Crimson, Yes)

05. Piece Of the π                                   

06. Tarkus (Emerson, Lake&Palmer)

 

Line up:

Jordan Rudess – Tastiere, Continuum, Voce su “I Talk To The Wind

Rod Morgenstein (Winger) – Batteria

Neal Morse (Spock’s Beard) – Voce (Dance on a Volcano)

Nick D’Virgilio (Spock’s Beard) – Voce (Sound Chaser)

Kip Winger (Winger) – Voce (Sound Chaser, Just the Same, Tarkus)

Steven Wilson (Porcupine Tree) – Voce (Tarkus)

Ron “Bumblefoot” Thal (Guns n’ Roses) – Chitarra (Just the Same, Tarkus)

Marco Sfogli – Chitarra (Dance on a Volcano)

Ed Wynne (Ozric Tentacles) – Chitarra (Sound Chaser, Just the Same)

Ricky Garcia (Lafee) – Chitarra (Sound Chaser, Tarkus)

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