Recensione: The Six Elements, Vol. 3 Fire

Di Alessandro Calvi - 25 Novembre 2015 - 9:30
The Six Elements, vol. 3 Fire
Etichetta:
Genere: Avantgarde 
Anno: 2015
Nazione:
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78

Lo stacanovismo scorre potente in quest’uomo, potremmo dire parafrasando una citazione da una celebre serie di film. Il progetto Dawn of a Dark Age, con la sua tabella programmata di un nuovo disco ogni 6 mesi, infatti, procede spedito (in questo caso siamo noi ad essere colpevolmente in ritardo), nonostante ad Eurynomos sia nel frattempo anche nato un figlio, e vede puntualmente uscire il terzo capitolo dell’esalogia dei sei elementi, dedicato al fuoco.

Abbiamo già sottolineato, nelle precedenti recensioni di questo act, come una tabella di uscite così ravvicinate avrebbe potuto portare a un impoverimento della qualità della musica. Impoverimento che, invece, non c’è stato, anzi! Un altro rischio era che, pur mantenendo alta la qualità della produzione musicale, quest’ultima potesse un po’ appiattirsi su determinate coordinate musicali, finendo per proporre 6 differenti varianti degli stessi ingredienti.
“The Six Elements, vol. 3 Fire” sfata immediatamente anche questa possibilità, segnando un netto stacco rispetto alle precedenti due uscite. Laddove, in particolare con Water, il songwriting giocava principalmente sui contrasti, creando dicotomie spesso anche stridenti tra la componente metal e tutte le altre anime che vi venivano affiancate (musica classica, folk, jazz, dodecafonia, etc.), “Fire” ci mostra come tutti questi stili possono essere fusi insieme in maniera armonica, in un continuo fluire l’uno nell’altro. La produzione, inoltre, segue e asseconda le scelte di songwriting addolcendo le sonorità di chitarre e batteria e dando maggiore rilievo e pomposità agli strumenti acustici e a fiato, nonché aumentando i bassi e di conseguenza l’epicità del tutto. Non che questo significhi che il black metal sia stato messo da parte, anzi, è decisamente ben presente e ancora l’ingrediente principale di tutto il CD.
Lo stacco, rispetto alle precedenti uscite, non è solo musicale, ma anche estetico. Per la prima volta, infatti, fa capolino il colore nella copertina (che riproduce un dipinto di Turner dedicato all’eruzione del Vesuvio) e nel libretto che accompagna il CD. Una svolta che non sappiamo ancora se avrà un seguito, ma che appare comunque piuttosto netta rispetto al contrastatissimo bianco e nero dei primi due dischi, che sembrava non lasciar spazio neanche a qualche sfumatura di grigio.
Curioso, a livello generale, il modo in cui sembrano essere interpretati e resi gli elementi in questa esalogia. Da un disco dedicato all’acqua ci si aspetterebbe qualcosa di armonico, tranquillo, che rendesse l’impressione del fluire lento e costante di un fiume, invece i Dawn of a Dark Age realizzarono un CD che faceva della dissonanza il proprio marchio di fabbrica. Ora, invece, con un album dedicato al fuoco, che sarebbe lecito aspettarsi furioso e violento, ecco che danno alle stampe l’opera, fino ad ora, più melodica della loro discografia.

Proprio in virtù di questa maggiore armonia tra tutti gli strumenti e tutti gli stili musicali, però, emerge una piccola imperfezione. In “The Six Elements, vol. 3 Fire”, purtroppo, l’assenza di un vero e proprio batterista si fa sentire in alcuni punti, mettendo in luce la freddenza della drum-machine che stona un po’ a fianco del calore degli altri strumenti. si tratta, però, di un difetto tutto sommato marginale, che non inficia l’assoluta bontà e qualità di questa uscita.

Per concludere: con una progressione che lascia assolutamente basiti, il terzo capitolo dell’esalogia degli elementi dei Dawn of a Dark Age approda puntuale nei nostri stereo sotto forma di disco. La qualità, lungi dall’esser calata per far posto alla quantità e al rispetto delle scadenze, è rimasta costante e, a tratti, sembra perfino aumentare. Pure l’originalità e la vena compositiva non sembrano essere state minimamente intaccate da quanto fatto fino ad ora e ogni nuovo capitolo segna una ulteriore evoluzione del songwriting. La band (o, meglio il mastermind Eurynomos) appare incapace di proporre due volte le stesse cose, quasi che l’ispirazione sia in costante mutamento.
Sempre più il progetto di questa esalogia sta assumendo i contorni di un lavoro di qualità e aspirazioni altissime che, una volta ultimato, potrebbe esigere un posto di primo piano nella collezione di ogni amante di musica estrema (e non solo). Non sappiamo cosa ci riserverà il prossimo capitolo, ma non vediamo l’ora di ascoltarlo.

Alex “Engash-Krul” Calvi

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