Recensione: The Speed of Metal
I tedeschi Warrant, costituiti nel 1983, nonostante qualche buco temporale nel loro percorso artistico dovuto a inattività, permangono tuttora fra gli esponenti di spicco di quel bel Metallone tedesco del tempo che fu che da qualche lustro a questa parte manca di veri protagonisti. Gli antichi Panzer più o meno coevi dei sopraccitati da un bel po’ pubblicano album di maniera, nel migliore dei casi e l’ondata successiva, quella che diede vita ai gruppi nati negli anni Novanta, si barcamena alla ricerca di nuove soluzioni e inaspettati ritorni al passato con risultati altalenanti. Massimizzando il concetto e tralasciando le doverose ma volutamente omesse sfumature del caso, entrambi gli schieramenti pare abbiano un po’ perso lo spirito originario. Che ci può assolutamente stare, per carità di Patria, dopo decenni di milizia attiva, ma tant’è.
Alla luce di quanto riportato sopra, chi resta?
Proprio i Warrant da Düsseldorf.
Che tornano dopo un silenzio solamente apparente durato undici anni con un nuovo disco, che succede al massiccio Metal Bridge del 2014.
The Speed of Metal, questo il titolo del lavoro griffato Massacre Records, con l’azzeccata e sfacciatamente metallica copertina realizzata da Gyula Havancsak, si compone di dieci tracce per tre quarti d’ora di musica, quindi impostazione vecchia maniera al 100%
Jörg Juraschek, cantante e bassista, unico membro originale rimasto dalla fondazione del gruppo, negli ultimi due lustri ha rivoluzionato la line-up precedente ripartendo da zero e passando da tre a quattro elementi, come in passato ai tempi del loro disco manifesto – The Enforcer, anno 1985 – più specificatamente con i “nuovi”, si fa per dire, Michael Dietz e Adrian Weiβ alle chitarre cingolate e Marius Lamm alla batteria.
Come dichiarato da Juraschek in sede di intervista (qui il link) il cambiamento radicale sopraccitato ha portato in seno ai Warrant la stessa voglia di Metallo e l’entusiasmo degli anni Ottanta.
E, dando più e più passate a The Speed of Metal, non si può che concordare con il leader del complesso che da sempre propone il boia come proprio simbolo.
“Cut Into Pieces”, “Demons”, “Scream for Metal”, “Cry Out” sono tonitruanti fucilate di heavy speed metal in puro stile Warrant e più in generale, il disco suona fresco, frizzante, quasi fosse il debutto di una nuova band dedita all’Acciaio più tradizionale. Oh, poi, sia ben chiaro: non vi è alcuna velleità, da parte dei quattro defender di Düsseldorf, di cambiare la storia della siderurgia applicata alla musica dura, con quanto contenuto dentro The Speed of Metal, che si risolve in crogiuolo di cliché consolidati. Tornando ai vari pezzi, il remake di “It’s Up to You” trasuda anni Ottanta da ogni poro seppur nella sua semplicità così come risulta buona la cover warrantizzata, senza esagerare, di “Windy City” degli Sweet, un vecchio pallino del cantante, sebbene la magia dell’originale permanga inarrivabile, come peraltro ammettono candidamente gli stessi “Enforcer”.
Poca filosofia, acidità diffusa dall’ugola di Jörg Juraschek, Metallone prussiano a profusione e la giusta dose di beata e sacrosanta e consapevole ignoranza che tanto fa Acciaio in mezzo ai denti, questo è quello che ci si attende dai Warrant, questo è The Speed of Metal.
Un album tanto monolitico quanto monocorde, con tutti i pregi e difetti del caso.
Stefano “Steven Rich“ Ricetti
