Recensione: The Story Remains

Di Fabio Vellata - 21 Giugno 2025 - 0:30
The Story Remains
Band: Fairyland
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: Symphonic 
Anno: 2025
Nazione:
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69

Una storia da raccontare, che narra di fantasia, paesaggi incantati e luoghi fuori dal tempo. Ma pure di morte e rinascita.
Attivi da quasi sei lustri, i francesi Fairyland sono da sempre una realtà di confine per il cosiddetto metallo. Troppo sinfonici per essere davvero heavy, tuttavia chiaramente identificati in un genere che con l’immaginario di cui si nutre la musica power va letteralmente a nozze.

The Story Remains” è un quinto album che sa anche molto di tributo. Un messaggio di continuità avverso alle cattiverie cui solo la vita sa porre di fronte. Come la prematura scomparsa del fondatore Philippe Giordana avvenuta tre anni fa.
Un percorso che, nonostante tutto, continua, con resilienza, fedele a se stesso e rigidamente impostato sui medesimi canoni pensati sin dal principio. Quelli di un metal sinfonico ridondante, iper stratificato, con orchestrazioni debordanti che spesso sconfinano nella celebrazione. E si definiscono come un sottofondo idealmente cinematografico di stampo meramente fantasy.
Un plot che, come sempre, si consegna con tutti i pregi ed i difetti del caso. Il gusto immaginifico da colonna sonora riesce spesso a far volare con il pensiero.
La sovrabbondanza di arrangiamenti, orchestrazioni e barocchismi appesantisce tuttavia non poco la narrazione, rendendone ardua l’assimilazione e l’ascolto per intero.

Le parole “asciutto” ed “essenziale” qui non esistono. È tutto ipertrofico, enfatico: strumenti, idee, durata.
Sessantasei minuti di divagazioni sinfoniche hanno un effetto stordente che mal si dispone per eventuali passaggi reiterati. L’idea di prolissità è concreta e si propone come uno dei difetti principali della “poetica” dei Fairyland. Prendere o lasciare.

Il consiglio, è quello di addentrarsi nell’album a piccole dosi, apprezzandone il gusto smodato per quella sfrenata leziosità che Willdric Lievin ha tenuto a mantenere intatta come una sorta di tributo kitsch all’eccesso.
Come un monumento al barocco che nel suo essere eccessivo è talmente fuori scala da apparire quasi geniale. E allo stesso tempo, è un dichiarato omaggio all’amico Giordana, con cui Lievin aveva fondato i Fariryland nel 1998.

Attorniato da una line up totalmente rinnovata, a partire dal cantante, l’etereo Archie Caine, Lievin da sfogo senza limiti a tutta l’ampollosa retorica musicale di cui dispone, piazzando in scaletta brani che potrebbero scomodare anche Gandalf ed il Signore degli Anelli. Un brano come “Postscript”, otto minuti e passa di “ghirigori” orchestrali, è pura temerarietà musicale. Indigeribile per chiunque. Eppure talmente “mattone” da risultare quasi commovente.

The Story Remains” è un’opera che va presa per ciò che rappresenta. Un disco “estremo” a suo modo, che se ne infischia di qualsiasi trend o velleità di facile ascolto.
Forse, un semplice e veritiero esempio di arte. Che per qualcuno potrà risultare inutile, per qualcuno nauseante, per altri assolutamente piacevole.

Comunque fedele a se stesso. Soprattutto, saldamente ancorato a quello che ha sempre voluto essere nelle volontà del suo fondatore sin dal principio.

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