Recensione: Thriving Force

Di Simone Volponi - 14 Luglio 2019 - 17:34
Thriving Force
Band: In Motion
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Gli In Motion sono il gemello estremo degli Entering Polaris, già presentati con la recensione di “Goodseed“, entrambe creature del chitarrista belga Tom Tee, già visto nella seminale band heavy Ostrogoth e attualmente nei Thorium. Questo “Thriving Force” è uscito il 22 febbraio tramite Freya Records, e merita un recupero immediato per quanti amano il death-progressive con venature thrash. È un disco che gode di una produzione piena e del mixaggio a opera del sempre più attivo Simone Mularoni (DGM) presso i suoi Domination Studios, ma soprattutto di un cast di cantanti assolutamente azzeccato. Sono della partita infatti i vari David Davidson (Revocation), Björn Strid (Soilwork), Pierre “Shawter” Maille (Dagoba), Jasper Daelman (ex- Anti-Icon), Matthieu Romarin (Uneven Structure), Jeffrey Rademakers (Spartan), Mike Slembrouck (After All, Rik Priem’s Prime), Benny “Zors” Willaert (23 Acez, Black Snow, Gemini Season), Sindre Nedland (In Vain), tutti ben amalgamati in un concept sci-fi e futuristico.
Le tracce sono lunghe, articolate, con passaggi strumentali dove prevale in tecnicismo della chitarra alternato a ottime melodie. L’apertura incentrata su “Thrive” vede il duetto tra Davidson e Strid, che portano in dote le caratteristiche presenti nelle loro band, ossia un’alternanza di ferocia death e aperture melodiche intense.
I Bleed Worlds” si dipana partendo da un arpeggio acustico d’atmosfera che deflagra in un vortice di sei corde e prende il passo cadenzato di un gigante che avanza sulle sabbie sconosciute di un pianeta lontano. Il growl cavernoso lascia spazio a tratti di clean vocals, e la tecnica strumentale è al servizio della narrazione visto lo stacco centrale che favorisce la dinamica del pezzo.
Le due parti di “The Dying Spheres” sono un tripudio di djent metal, sempre con il bel suono di chitarra a intessere le trame e a legarle insieme con un filo logico, non disperdendo la qualità nella varietà proposta. Riff singhiozzanti, il growl a farla da padrone, le clean vocals che stemperano dando un tocco etereo, assoli ficcanti. È questo il trend nelle composizioni degli In Motion, che qui lasciano spazio a un momento dal pathos oscuro acuito dai sussurri della voce, e a una cadenza marziale.
Non manca l’inserimento del sax con il suo tocco notturno sia nella lunga suite “Always In Motion” che nella conclusione strumentale di “Solar”. Proprio “Always In Motion”, con uniti Bjorn Strid e Sindre Nedland è una bestia da trattare con cura per la varietà che offre. Il cantante dei Soilwork è sempre in gran forma, e piacciono i saliscendi offerti dalla traccia, che passa dal placido momento acustico spagnoleggiante alla furia del death più parossistico, a passaggi classic heavy della chitarra, sempre con un ottimo groove.

Questo è un album che ci sentiamo di consigliare sia ai seguaci delle band da cui provengono i vari cantanti ospiti, ma anche a chi ascolta Obscura, Gorguts e band similari. Ma soprattutto a chi ha pazienza sufficiente per mettersi comodo e conoscere ogni frammento di “Thriving Force”. Non è un ascolto superficiale, e regala ottimi momenti musicali.

 

Simone Volponi

 

 

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