Recensione: Through My Dog’s Eyes

Di Antonio Guida - 19 Giugno 2009 - 0:00
Through My Dog’s Eyes
Band: Ephel Duath
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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75

La proposta degli Ephel Duath è difficilmente catalogabile (semmai ce ne fosse bisogno). Di certo un termine che ben sintetizza la loro musica è: avanguardia. Il nuovo, il folle, la vampa di genio hanno sempre contraddistinto la band e verso la fine del 2008 ritornano sulle scene con un nuovo album conservando le suddette qualità ma interrompendo il percorso intrapreso con gli ultimi The Painter’s Palette e Pain Necessary To Know. Through My Dog’s Eyes, questo il titolo della nuova fatica in studio, è un concept album incentrato sul punto di vista di un cane di fronte alla vita quotidiana. Una prospettiva non umana (o più umana, punti di vista) del mondo che ci circonda. Il cane, animale nudo emotivamente è il protagonista e nudi sono anche i nuovi Ephel Duath (Davide Tiso e Luciano Lorusso) sia dal punto di vista lirico che musicale. Si spogliano di molte soluzioni passate, approcciandosi alle nuove composizioni con un mood meno arzigogolato.

La sezione ritmica ha il posto vacante al basso, mentre alla batteria (dopo l’abbandono di Davide Piovesan) troviamo il virtuoso Marco Minnemann (Necrophagist, Illogicist). La mancanza del basso è camuffata bene durante tutta la durata e i nuovi brani non ne hanno risentito dato che la band ha suonato negli ultimi due anni con una formazione a tre (voce, chitarra, batteria). Luciano Lorusso si fa carico di tutte le parti vocali essendo l’unica voce, a differenza delle due presenti nei dischi precedenti.
Da questi presupposti nasce Through My Dog’s Eyes: una sfida totale sia per i cambi di line-up e sia dal punto di vista musicale. I riferimenti al jazz qui non esistono, preferendo una massiccia componente blues; infatti il disco è il più rockeggiante della produzione Ephel Duath. La voce di Luciano opta per le frequenze basse e ci dona un suono rauco che bene si intaglia sull’atmosfera generale dell’opera.

Gift, primo brano, lascia percepire cori di Voivodiana memoria, passaggi post rock e il solito guizzo di casa. Breed parte con un sassofono violentato da un potente flusso d’aria a cura di Stefano Ferrian dei Psychofagist. E’ qui che ci si rende conto che le finezze jazz sono state messe da parte, così come anche l’approccio alle percussioni. Marco Minnemann per la sua completezza di stile potrebbe suonare qualsiasi cosa, ma su questo platter gli è stata data libertà di composizione e ha scelto la via più consona e che meno snatura il nuovo suono della band: rock, dannatamente rock. In Silent Door timidi accenni alla forma canzone prendono corpo (questa affermazione va letta con le dovute virgolette) ma ancora lontani da schemi prefissati. Certo è che non sarebbe strano ritrovarsi a canticchiare qualche passaggio dopo alcuni ascolti.

L’album, di soli trentadue  minuti, è abbastanza compatto e questo rispecchia l’idea a monte del concept: semplice flusso di pensiero, nudo.Non esistono pezzi che prevalgono su altri.
Da segnalare la presenza di Ben Weinman (Dillinger Escape Plan) sulla finale strumentale Bark Loud. La sua elettronica spigolosa e inconfondibile è l’elemento in più che va ad impreziosire un concentrato di idee perchè nonostante la durata, questo è Through My Dog’s Eyes: Una fabbrica di riff che potrebbero stare su The Painter’s Palette, Pain Necessary To Know. La differenza è che qui esistono meno cambi di tempo guadagnandone nel complesso soprattutto on stage per la soglia d’attenzione dell’ascoltatore medio.
La produzione affidata agli Outher Sound Studios di Giuseppe Orlando (Novembre) hanno mantenuto tutte queste caratteristiche intatte e anzi conferito maggiore groove.

In conclusione il giudizio del disco non può che essere positivo. Gli Ephel Duath hanno sempre osato e sul nuovo album non sono stati da meno. Hanno mutato il sound e questo è un dato imprescindibile per chi si avvicina all’album. Quindi, per chi non è mai riuscito a metabolizzare i vecchi lavori è consigliatisismo Through My Dog’s Eyes; è altrettanto consigliato per chi ama sonorità death’n’roll.
Ma alla fine, chiunque sia l’ascoltatore che si avvicina alla band, troverà e sentirà sempre l’anima Ephel Duath.

Antonio ‘kunstwollen’ Guida
 
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Tracklist:

1. Gift (2:27)
2. Promenade (3:33)
3. Breed (3:28)
4. Silent Door (2:48)
5. Bella Morte (2:24)
6. Nina (4:27)
7. Guardian (3:20)
8. Spider Shaped Leaves (4:56)
9. Bark Loud (4:55)

Line-up:

Luciano George Lorusso : Vocals
Marco Minnemann : Drums
Davide Tiso : Guitars

Ben Weinman: Programming on “Bark Loud”.
Lou Chano: Programming on “Nina”; additional synths by Rough.
Stefano Ferrian: Saxophone on “Breed”.

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