Recensione: Through Realms Unseen

Di Daniele D'Adamo - 16 Aprile 2017 - 20:31
Through Realms Unseen
Band: Entrapment
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Entrapment: una formazione dai due volti. One-man band quando si tratta di registrare in studio, full-band quando si tratta di suonare dal vivo. In entrambi i casi: old school death metal puro stampo swedish.

Ascoltando Through Realms Unseen”, terzo full-length degli olandesi, sorge spontanea una domanda. «Perché, in pieno 2017, c’è ancora chi si ostina a proporre un sound datato più o meno cinque lustri, rinunciando a ogni forma di evoluzione, di progressione, d’innovazione?». Siccome una domanda del genere, dal punto strettamente logico non dovrebbe nemmeno esistere, data la naturale tendenza dell’Uomo a emanciparsi, la risposta non può che essere una e una sola: «la passione!»

Risposta cui non sfuggono certamente gli Entrapment che, nel DNA, invero, porterebbero con sé il dutch death metal, fattispecie autonoma di death forgiato nei dei Paesi Bassi, appunto, plasmato su ferocia e potenza invereconde (God Dethroned, Aspyhx), peraltro dall’alto di una lunga tradizione in materia. Il condizionale porterebbero è tuttavia d’obbligo poiché, in Olanda, il legame con la vecchia scuola svedese è sempre stato stretto e lo è tutt’ora.

Michel Jonker, platealmente, di tutti questi discorsi se ne fa un baffo e tira avanti per la sua strada, contrassegnata da song mostruosamente swedish come la terremotante, travolgente ‘Ruination’. Up-tempo, non blast-beats, il quale avanza imperterrito con il suo tipico trascinarsi faticoso, cioè quasi se fosse il frutto del deambulare di gambe monche, slabbrate, che lasciano tracce di materia organica sulla polvere della strada. È il ritmo dei Dismember, assoluti Maestri in ciò. Andare belli veloci, ma non troppo, insomma. Donando, così, al tutto, un irresistibile flavour di stantio, di vecchio, di qualcosa in avanzato stato di decomposizione che… si muove.

Una scelta dettata dal cuore, “Through Realms Unseen”, che non può avere altri ricettori finali che i fan dell’old school, talmente è improbabile che il resto degli appassionati trovi in esso qualcosa d’interessante. Però… però… può passare tutto il tempo che si vuole, si possono iterare a iosa cliché conosciuti ma la soddisfazione che procura all’orecchio un sound caldo come quello dei Nostri, carnoso, rifinito con una moltitudine di riff marci, tetri, crepuscolari, è superabile solo in rare occasioni.

C’è da sottolineare che, come songwriting, gli Entrapment o meglio l’eroico Jonker, sono leggermente confusi, nel senso che non c’è molta linearità nella traccia che lega ‘Omission’ a ‘Self Inflicted Malnutrition’. A volte si salta di palo in frasca, concetto prefetto per identificare una composizione forse… umorale, più che prettamente tecnica. Se da un lato questo può disorientare, dall’altro si riesce a percepire con maggiore intensità l’amore che lo stesso Jonker, quasi che fosse una professione di fede, prova per lo swedish old death metal.

Dedizione assoluta.

Daniele “dani66” D’Adamo

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