Recensione: Time To Survive

Di Stefano Burini - 9 Settembre 2015 - 8:00
Time To Survive
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2015
Nazione:
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65

Ci eravamo già imbattuti nei torinesi The Catechists: era il 2012 e il terzetto composto da The Cardinal alla voce e alla chitarra, Gonzo al basso e Peps alla batteria dava alle stampe il debut album autoprodotto dal titolo “Darkness Under Sunshine”.

Rispetto ad allora, il combo torinese ha mantenuto sostanzialmente inalterati gli ingredienti della ricetta andando tuttavia ad accentuarne – in alcuni frangenti – le derive più tipicamente southern (come suggerito da una copertina giocata sui toni del seppia e incorniciata come il fotogramma di una vecchia pellicola).

La tracklist di “Time To Survive” propone brani perlopiù brevi e diretti, giocati sul groove, sull’impatto e sulla capacità – da parte dei Catechisti  di miscelare in un tutt’uno organico il retaggio heavy ‘n’ roll Motorhead-iano, le distorsioni al limite dello stoner/sludge e il citato flavour sudista.

Della categoria fanno certamente parte la rockeggiante “Devil’s House” e le successive “Burning Time (…Or Becoming Dust)” e “Time To Survive”, una tripletta d’apertura a tutta birra o, per meglio dire, a tutto whiskey.

Rallenta, al contrario, il ritmo la sapiente semiballata “Brocken Pieces”, sulle tracce dei Black Label Society più malinconici mentre si torna a correre con la meno ispirata “The Failure OF The World”, seguita dalla maggiormente articolata “Under The Weight Of Your Soul”, nella quale ad una prima parte caratterizzata da riff pachidermici e vocals allucinate succede una seconda metà dall’andamento più dinamico.

Segue “Lost In This Haze”, la quale fa addirittura il verso all’Hendrix-iana “Foxy Lady” nel riffing e nel pescare a piene mani dal blues; nulla di trascendentale ma un brano piacevole nel quale i Catechisti dimostrano di sapere all’occorrenza ampliare ulteriormente il proprio spettro sonoro.

Marciando a passi cadenzati verso il finale incrociamo poi la più melodica “What You Were”, sostenuta da un buonissimo lavoro di basso e chitarra – una costante all’interno di tutte le tracce – la fin troppo dilatata “Flying Over” e l’anonima “Stay With Me”, senza dubbio la traccia più anonima dell’intero album.

Time To Survive”, come avrete intuito, è un album certamente grezzo, sporco e maleducato eppur potenzialmente accattivante per tutti gli amanti di questo genere di sonorità. Potenzialmente.

Il suo limite? L’eccessiva uniformità dal punto di vista stilistico – sia a livello vocale sia a livello di ritmiche e di struttura del riffing – che alla lunga impedisce a canzoni di per loro piacevoli e divertenti di spiccare per davvero il volo all’interno di una tracklist nella quale gli episodi più ispirati appaiono quasi soffocati in mezzo ad altri brani molto simili eppur meno riusciti.

Stefano Burini

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