Recensione: Transitional Objects

Walter Cianciusi è un chitarrista di lungo corso. Molta esperienza spesa al fianco di grandi esponenti dell’universo rock e metal, spingendo sempre su di un indubitabile talento personale che lo ha portato ad essere un apprezzatissimo session.
Ma è soprattutto con il suo gruppo esclusivo che Cianciusi ha saputo spesso ritagliarsi uno spazio di riguardo all’interno della scena. Gli Headless, multiforme gruppo prog messo insieme sul finire degli anni novanta con il cugino Enrico, sono lo spazio privato all’interno del quale dar libero impulso ad una creatività notevole. Foriero di risultati in molti casi pregevoli, in taluni frangenti, il lavoro del chitarrista di Avezzano ha pure goduto del supporto di nomi di rilievo planeatario. Tra i quali l’amico di vecchia data Göran Edman e l’ormai disperso Scott Rockenfield. Celebre drummer dei “vecchi” Queensrÿche .
Personalmente conserviamo ancor oggi ottime memorie di “Melt The Ice Away”, disco edito nel 2016, che ricordiamo come molto ben assortito e carico di buone idee. Gli Headless, pur con una discografia tutto sommato esigua in relazione all’anno di nascita (1996), non possono ovviamente essere rinchiusi in un’unica uscita discografica, anche se di qualità.
Purtroppo non conosciamo nel dettaglio i primissimi dischi pubblicati in carriera. Ma possiamo senza problemi affermare che anche “Transitional Objects” è assolutamente un ottimo album. Cangiante, tecnico, ricco di sfumature, Strumentalmente evolutissimo. Nervoso, multiforme. Parimenti, molto ascoltabile.
Con riferimenti infiniti a Queensrÿche , Fates Warning, Elegy e – nel chitarrismo – ai Megadeth, il nuovo album degli Headless è un piccolo bignami di buon gusto. Ed una lezione di tecnica sopraffina.
Del resto l’assortimento è di livello assoluto. Assieme ai due cugini Canciusi, ad orchestrare chitarre e batteria, il solito, inappuntabile Göran Edman al microfono e l’eccellente Martin Helmantel (Elegy) al basso, completano un piccolo dream team del prog metal che trasuda note di bravura.
Ma soprattutto, dispensa freschezza e idee, sciorinando composizioni appuntite, e taglienti. Eppure melodiche e persino di facile ascolto.
Quello di Cianciusi è, in effetti, un cammino in costante evoluzione che si rende sempre più prossimo allo stile delle autorità del prog metal. Illuminato tuttavia, da una fantasia che mette al riparo da eventuali riflessi troppo stereotipati.
Proprio come per Fates Warning e Queensrÿche , attacchi estemamente coriacei, riff quadrati e ritmi serrati, lasciano poi spazio a trovate melodiche che illuminano – come uno squarcio tra le nuvole – canzoni dai suoni inafferrabili, cristallini, talora quasi algidi di perfezione.
Solidissimo, suonato divinamente ed interpretato altrettanto, “Tansitional Objects” vive, a nostro parere su due episodi che meglio di altri esemplificano il livello qualitativo che gli Headless sono in grado di esprimere. L’iniziale “Weightless” e “Still My Thrill”. Tracce per certi versi accostabili, in cui l’esuberanza strumentale cede spesso il passo proprio a quella smodata sensibilità per l’armonia di cui si diceva poc’anzi.
Il resto lo fanno la folle bravura dei musicisti e la splendida ugola di un interprete come Edman. Singer che insieme ai vari Hughes, Turner, Soto e Coverdale, appartiene ad un olimpo quasi inarrivabile di grandi voci del rock.
In chiusura la cover di “I Thought I Knew it All”, brano dei Megadeth eseguito in compagnia dell’amico Andy Martongelli, chiude un disco che in otto pezzi riesce a dire tutto senza perdersi in inutili pesantezze ed orpelli. Alla faccia del prog.
Asciutto, diretto, molto ben suonato, interpretato ed assortito.
Ce ne vorrebbero di più di gruppi buoni per ossigenare il cervello come gli Headless.
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