Recensione: Transmission from Mothership Earth

Di Matteo Pedretti - 2 Agosto 2022 - 12:30
Transmission from Mothership Earth
Band: Nebula
Etichetta: Heavy Psych Sounds
Genere: Stoner 
Anno: 2022
Nazione:
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79

All’inizio degli anni Novanta, mentre il Grunge partiva dalla piovosa Seattle alla conquista del mondo, lo Stoner Rock incendiava il deserto della California con una miscela esplosiva a base di Acid Rock, Psichedelia, Punk e reminiscenze sabbathiane. Sebbene condividesse questi elementi con il suo ben più illustre cugino del Pacific Nothwest, il sound Stoner si distingueva per i suoi ritmi lenti, l’utilizzo di accordature molto basse e produzioni vintage.

Tra i principali esponenti di questa scena sono da ricordare i Fu Manchu, in cui militavano Eddie Glass e Ruben Romano. Dopo essersi separati dal gruppo, nel 1997 i due diedero vita ai Nebula, nome destinato divenire un punto di riferimento per l’intero movimento Stoner grazie al talento dei suoi fondatori e all’ottimo esordio “To the Center”, uscito nel 1999 per la Sub Pop di Seattle. Nel 2010 i Nebula entrarono in una fase di hiatus durata fino al 2017. Quando tornano in attività Eddie Glass era l’unico superstite del nucleo originale, Michael Amster sostituiva Ruben Romano dietro alle pelli e Tom Davies, in formazione già dal 2004, riprendeva il suo posto al basso.

Con “Holy Shit” del 2019 i Nebula inaugurano il sodalizio con l’etichetta romana Heavy Psych Sounds, che in questi anni ha sfornato ottime pubblicazioni Stoner, Doom, Sludge e Psychedelic Rock. La label di Gabriele Fiori (chitarrista e cantante dei Black Rainbows) ha appena rilasciato “Transmission from Mothership Earth”, il sesto full lenght nei californiani. L’album, stilisticamente del tutto in linea con la proposta pregressa del trio, evidenzia la capacità di questi musicisti di spaziare tra le diverse anime dello Stoner assicurando dinamismo e varietà lungo tutti i suoi quasi 40 minuti di durata.

La matrice ‘90 Stoner è ben riconoscibile nella title-track, con le sue chitarre ultra-acide e l’appesantimento della sezione centrale che – in modo abbastanza sorprendente – si spinge ai limiti dello Sludge, e in “I Got So High” che, per titolo e sonorità, si presenta come un classico passaggio Desert Rock che potrebbe appartenere alla discografia dei Kyuss o dei Queen Of The Stone Age del – compianto – primo periodo.

Altri episodi, con il loro abbondante ricorso a fuzz ed effetti, sono ascrivibili alla sfera della Psichedelia pesante, come la opener “Highwired” e “Melt Your Head”, trip cosmici dal suono caldo e impastato, e “Warzone Speedwulf”, in cui la vena psichedelica dei Nostri è incanalata in un Retro Rock dall’incalzante sezione ritmica. Momenti in qualche modo a sé stanti sono “Wilted Flowers”, che trasuda influenze Grunge, “Existential Blues”, un Heavy Blues ipnotico dall’incidere oscuro e ripetitivo che strizza l’occhio allo Stoner/Doom, e “The Four Horseman”, un brano che – nonostante qualche riffone downtuned qua e là – è fondamentalmente un Country capace di evocare immagini da film Western.

Anche se è innegabile che l’epoca d’oro dello Stoner Rock sia da rintracciare nell’ultimo decennio dello scorso Secolo, oggi – a più di trent’anni dalla sua nascita – questo genere, che nella sua forma più pura non ha mai raggiunto le vette del mainstream preservando in tal modo la propria integrità, si dimostra ancora pieno di vitalità e capace di regalare chicche ai suoi seguaci, come questo “Transmission from Mothership Earth”.

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