Recensione: Twelve

Di Roberto Gelmi - 24 Marzo 2019 - 0:17
Twelve
Band: Last Union
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2018
Nazione:
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75

They got lost along the way
But here you are
Utterly numb before the Heaven’s grace

Throw your Rock into this journey
May this beauty be your guide

Cosa accade se due giovani musicisti, un chitarrista e una cantante decidono di creare una band chiedendo aiuto a due colleghi navigati, famosi per aver composto dei capolavori con le rispettive band? E se ci aggiungiamo come special guest il cantante dei Dream Theater? Troppo bello per essere vero, direte… e invece Cristiano Tiberi ed Elisa Scarpeccio si sono ritrovati a fondare i Last Union con una base ritmica da urlo, composta niente meno che da Mike Lepond (bassista dei Symphony X dal 1998) e dal batterista Uli Kusch (anima dei migliori Helloween anni Novanta e padre dei primi Masterplan), cui si aggiunge James LaBrie come special guest.

Il gruppo italiano originario di Tolentino – città del santo agostiniano e del trattato napoleonico del 1797 – nasce nel 2007 originariamente con il moniker Blazing Ice; in line-up oltre a Elisa alla voce e Cristiano Tiberi alla chitarra figura anche il tastierista Claudio Feliziani. Il trio, con l’aggiunta di un paio di session man, intraprendono una serie di show che alla fine porta all’aspirazione di registrare un album di debutto. E siamo arrivati in tempi recenti. Twelve è il risultato di questa legittima ambizione e si rivela un bel dischetto, curato nei dettagli e pensato per ritagliarsi un minimo di visibilità all’interno del panorama prog-power metal attuale.

Il platter si compone di 11 brevi tracce per un totale di quaranta minuti abbondanti di musica. Vi è anche un concept che lega le composizioni: come si intuisce dall’artwork per ogni song c’è un parola chiave (Beauty and Love, Love, Righteousness…) che la identifica, andando a comporre un ciclo di dodici “ore” che forse richiamano il numero delle note del pentagramma.
L’opener “Most Beautiful Day” è un condensato di energia, melodia e orecchiabilità. Un bel biglietto da visita, che presenta una band con le idee chiare e un sound che vuole suonare potente e diretto. Brano roccioso che valorizza la voce di LaBrie, “President Evil” ricorda da vicino le sonorità heavy dei Redemption (band che, guarda caso, vanta un cameo del cantante canadese in “Another Day Dies” nel 2009). Più catchy e melodica “Hardest Way”, un buon singolo orecchiabile che se la gioca alla pari con band più famose come gli Amaranthe e i nostrani Temperance; tra i pezzi più memorabili del platter. Non è da meno “Purple Angels”, song quadrata e con un altro refrain azzeccato: «Twisters in the dark / Teach you how to be a superstar». Qualche rimando ai Nightwish in “The Best Of Magic” (vedasi linee di basso all’avvio) e si avverte un minimo calo qualitativo, il pezzo infatti è troppo prevedibile, ma contiene comunque un buon assolo di chitarra. Ci pensa l’ugola canadese dei DT in “Taken” a non far scemare l’interesse nel prosieguo del disco; ospite anche il tastierista dei Masterplan Axel Mackenrott. Ma anche la voce di Elisa Scarpeccio ha un quid di originalità che ne rende facilmente riconoscibile il timbro, aspetto che emerge in “18 Euphoria”, assieme al bagaglio tecnico messo in campo da Cristiano Tiberi. Gli ultimi quattro pezzi non aggiungono altro alla proposta dei Last Union. “A Place In Heaven” è la canzone meno convincente con LaBrie al microfono, “Ghostwriter” regala un assolo vicino al miglior Grapow, pezzi discreti si rivelano “Limousine” e “Back In The Shadow”.

Possiamo dirci soddisfatti dell’ascolto. Twelve è un album quadrato e ben arrangiato. La produzione punta tutto sulla preminenza della 6-corde e dei suoi accordi abrasivi. Inutile ribadire la preziosità degli ospiti chiamati in causa. Segnaliamo l’assenza semmai di una vera ballad che avrebbe dato respiro durante l’ascolto dell’album. D’altra parte va aggiunto che nella versione non editata di “Taken” (lunga ben otto minuti e posta a coronamento del full-length) c’è spazio per una sezione acustica da brividi e che la versione unplugged di “18 Euphoria” come bonus track è una vera chicca. In definitiva i Last Union sono promossi, ci auguriamo che la crescita della band sia esponenziale e regali altri album con pezzi di livello… magari coinvolgendo altri special guest.

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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