Recensione: Twilight Of The Gods [EP]

Di Roberto Gelmi - 7 Dicembre 2014 - 13:30
Twilight Of The Gods [EP]
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
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70

L’anno imminente si prospetta dei più invitanti in ambito metal. A gennaio, infatti, sono attesi, su tutti, i nuovi studio album di Angra e Blind Guardian. I bardi di Krefeldt, altresì, tagliano il traguardo del decimo full-length in trent’anni di carriera e sembrano resistere a una senescenza musicale fisiologica, dopo lustri di attività memorabile.
Per il nuovo singolo, registrato, guarda caso, ai Twilight Hall Studios, i tedeschi puntano sul sicuro: artwork del sodale Felipe Machado Franco e titolo più che stereotipato (iniziando dalla morte di Pan descritta da Plutarco, passando per la strana coppia Nietzsche-Wagner,  per arrivare, ovviamente, alla canzone capolavoro degli Helloween guidati da Kai Hansen).
I cinque minuti di Twilight of the gods sono momenti di pura musica targata Blind Guardian, gustosi ma prevedibili. L’attacco è quadrato e con ritmiche chirurgiche, oltre a presentare buone trovate da parte dell’encomiabile Ehmke. Dopo trenta secondi irrompe la voce di Hansi, non proprio graffiante sui registri alti (questo il suo maggior difetto a oggi, se la cava ancora alla grande, invece, sulle note basse e baritonali). Va meglio con le caratteristiche secondi voci, però la prima strofa stenta a decollare (complice un riffing d’accompagnamento troppo nervoso), nonostante una doppia cassa gagliarda. Il refrain è leggermente farraginoso e poco ficcante: può ricordare la pompa di A Night At The Opera, ma nulla più. Salvano il singolo il distorsore di Olbrich e un drumwork spietato e millimetrico. A metà del terzo minuto, inoltre, l’assolo di chitarra è sapiente e variato, qui la classe dei Blind Guardian è commovente, ma tutto dura pochi istanti. Il pezzo s’incammina, da ultimo, verso un finale scontato e circolare.
Dal punto di vista dei testi, lontani i tempi dei preziosismi metrico-accentuativi di un brano come “Bright Eyes”, niente da segnalare, se non una certa banalità: si salva per originalità il verso «Red door to discordia», ma altri, come «A sign of evil», «A new dawn will save us from the dark», «The king is gone» e «The old gods / Black or white / for me is gray», sanno di trito lessico rhapsodiano.
Circa la produzione, pare cauto aspettare il rilascio del full length, prima di criticare certe soluzioni a livello di mixaggio e suono.
Le altre tracce presenti nel singolo sono versioni live, tratte dal Wacken 2011, di due classici del gruppo teutonico. Tutti conoscono l’appeal che una canzone come “The Bard’s Song” continua a suscitare dal vivo (alla pari di “Valhalla”), però una cover intelligente sarebbe stata una scelta più felice (chi ricorda quella di “Beyond the realms of death”?).
In definitiva Twilight of the gods è un singolo senza infamia e senza lode, che non raggiunge il livello di “A voice in the dark” e nemmeno quello del discusso singolo “Fly” del 2006.
Qualche ombra s’addensa di fronte al primo riflesso del rosso specchio?

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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