Recensione: Upholders of Evil

Di Andrea Bacigalupo - 18 Maggio 2021 - 8:30
Upholders of Evil
Band: Spellforger
Etichetta: Personal Records
Genere: Thrash 
Anno: 2021
Nazione:
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70

Sparati violentemente fuori dall’inferno, attraverso la bocca del vulcano Krakatoa, gli indonesiani Spellforger ci piombano addosso con un atavico Thrash Metal, tremendamente intriso di zolfo proprio come, nel ‘Giurassico’, lo era quello di Celtic Frost, Bathory, Possessed, Slayer e Dark Angel.

Il loro esordio si chiama ‘Upholders of Evil’ ed è un mini album di cinque pezzi, più intro, autoprodotto e poi distribuito da Personal Records, la nuova etichetta di Jacobo Córdova, dei veterani Majestic Downfall.

All’interno di una scena territoriale prevalentemente legata al Death Metal più estremo e brutale, gli Spellforger si ritagliano un proprio spazio uscendo dagli schemi, non con qualcosa di nuovo, ma rimestando nel calderone delle origini, che, indubbiamente, sta ancora ribollendo, per estrarne non solo il sound ma anche le tematiche luciferine.

Il risultato è più che discreto, espresso in circa ventidue minuti di insana malvagità perpetrata per mezzo di una sezione ritmica precisa e letale, una voce demoniaca e degli assoli che intersecano riff d’assalto con linee melodiche parecchio espressive.

Se non si cerca la novità, il mini album si ascolta volentieri ed anche i naturali paragoni con le band sopra citate tengono, se non si pretende troppo (ricordiamoci che gli Spellforger sono agli esordi).

La velocità smodata di ‘Lord of Possesion’ ed il suo vivace assolo, i cori epici del refrain di ‘Metal Crusaders’, la tagliente linea di chitarra di ‘Curse of the Lycan’ e l’insana corsa di ‘Pestilentia’, che è anche il loro primo singolo, dimostrano che gli Spellforger hanno buone potenzialità sia sotto il profilo esecutivo che quello del songwriting.

Non guasterebbero un po’ più di personalità e di varietà negli spartiti, ma si può presumere che queste arriveranno con l’esperienza. Attendiamo l’album. Per ora più che bene.

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