Recensione: Valley Of Smoke

Di Daniele D'Adamo - 22 Novembre 2010 - 0:00
Valley Of Smoke
Band: Intronaut
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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77

Lisergico.
Causato da stupefacente; in preda alle allucinazioni della droga (Sabatini F., Coletti V., 2007, Dizionario della Lingua Italiana, Rizzoli Larousse).
Senza ovviamente riferirsi alle sostanze psicotrope vietate dalla Legge ma soltanto alle emozioni naturali che originano dal cervello, l’aggettivo che calza a pennello per la musica degli americani Intronaut è proprio quello: lisergica.

Un inciso per sgomberare il campo da qualsiasi supposizione: gli Intronaut sono un gruppo metal. Pieno zeppo di contaminazioni e sperimentazioni, questo sì. Tuttavia prog, prog rock, death/prog e slugde sono solo delle ramificazioni che dipartono da uno scheletro fisso e immutabile: il metal. Ramificazioni robuste, che derivano dal background artistico del quartetto di Los Angeles; ciascuna dovuta, magari, al modo di creare di ogni singolo membro.

La pur breve storia del combo californiano (2004 ÷ ?) comprende due EP e tre full-length (“Valley Of Smoke” compreso). Una prolificità che ha la sua spiegazione nel fatto che nel 2004 Sacha Dunable (Anubis Rising) e Danny Walker (Jesu, Phobia, Uphill Battle) hanno speso molto tempo per mettere a fuoco il loro progetto, concettualizzando la direzione della band per mesi e mesi prima di iniziare a suonare dal vivo e, quindi, a incidere del materiale.  

Si parlava di metal, e metal è. Lo dimostra immediatamente “Elegy”, con i suoi marcissimi riff dissonanti, seguiti da un’armonizzazione vocale che ricorda lo stile di Burton C. Bell (Fear Factory). Ovviamente il ritmo non è elementare, anzi, pare che i numeri preferiti da Walker siano solo quelli dispari. Nell’ipnotico break centrale, i più attenti e … attempati potranno trovare qualcosa che li rimandi al groove dei primi The Police, quando Sting era ben lontano dall’essere la star che è adesso. Lo stato di catalessi non muta, quando a fine brano riemerge con prepotenza la strumentazione elettrica. I rumori ambientali tipici di una strada trafficata fanno da incipit ad “Above”, trasognante ed eterea, che si trascina sinuosamente con il suo ritmo affascinante. Melodicamente gradevoli le linee vocali, spesso sottolineate dal basso, sempre in movimento, di Joe Lester. In questa canzone appare chiaro quanto la forte natura psichedelica sia insita in ciascun componente della band. Ciascuno che, con il proprio contributo, forma il carattere della band stessa; carattere cerebrale ma anche concreto.
Le song del platter, infatti, non si perdono nel deserto ma, pur rimanendo saldamente ancorate al cippo che rappresenta il sound dell’ensemble, presentano ciascuna una propria personalità. Ci vuole molto tempo per comprendere queste otto (paradossalmente, il promo in mio possesso non contiene la bonus-track a uso e consumo di noi europei, sic!) personalità che, come un puzzle, definiscono lo stile di “Valley Of Smoke”.

Non è musica facile, quella suonata dagli Intronaut, e tantomeno accattivante. È una forma d’arte assai astratta e adulta, per nulla concepita per essere assimilata dopo pochi ascolti. La raffinatezza ritmica di “Miasma”, quasi unica nel proporre un brano che stia su da solo grazie alla batteria e alle percussioni, è facilitata dal fatto che, oltre a essere un eccellente chitarrista, Dave Timnick sia anche un ottimo percussionista (circostanza che si ritrova, intatta, nella title-track). A ricordare l’assunto iniziale, e cioè che gli Intronaut fanno metal, ci pensa la breve (se rapportata al resto dei pezzi) “Sunderance” (supportata da una buona base in doppia cassa), in cui non manca – ma non manca mai in tutto il disco – la voglia di viaggiare con la mente. Voglia di viaggiare che assume contorni di delirio con “Core Relations”, dove il caldo sludge fa da trampolino di lancio per una canzone da ascoltare a occhi chiusi. Stupefacente lo stranissimo ritornello, talmente atipico e dissonante da essere una pacchia per il cervello, da cui non ne uscirà più. Altri suoni ambient fanno da apripista per “Below”, dal ritmo sincopato che aumenta il senso di distacco dalla realtà; pur essendo fresco e vivo, quindi con i piedi per terra, il rock sciorinato dai Nostri. La strumentale “Valley Of Smoke” si rivela un ostacolo arduo da superare, in virtù della forte impronta jazzistica data al sound. Alcuni stop’n’go ove tuttavia fa capolino il metal rende più semplice l’assimilazione della song, altrimenti davvero troppo difficile per tanti se non tutti. Un po’ di sano e cattivo growling aggredisce le strofe della conclusiva “Past Tense”, messo lì apposta per far da contrasto al mood dolce e delicato del motivo stesso. 

“Valley Of Smoke” nel complesso è un’opera dall’eccelso livello tecnico/compositivo, creata per i palati più fini e raffinati che girino nell’ambiente metal. A mio parere, però, un po’ d’immediatezza in più non avrebbe fatto male, magari materializzata in quei ritornelli così strani ma così affabili che, forse, solo gli Intronaut riescono a tirar fuori.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Elegy 6:36
2. Above 6:10
3. Miasma 7:51
4. Sunderance 3:29
5. Core Relations 6:39
6. Below 4:22
7. Valley Of Smoke 8:34
8. Past Tense 5:56

All tracks 50 min. ca.

Line-up:
Sacha Dunable – Guitar, vocals
Dave Timnick – Guitar, vocals
Danny Walker – Drums
Joe Lester – Bass guitar
 

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