Recensione: Volume 1

Di Francesco Sgrò - 24 Febbraio 2019 - 0:01
Volume 1
Band: West Bound
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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80

“Volume I” rappresenta il primo vagito degli statunitensi West Bound, formati principalmente dal vocalist Chas West (Resurrection Kings e Lynch Mob fra gli altri) e dal chitarrista e produttore Roy Z (noto per aver collaborato con icone di importanza planetaria come Bruce Dickinson e Judas Priest).

Supportati da altri musicisti di ottimo livello, i West Bound sono artefici di un Hard Rock potente e granitico, come dimostra l’iniziale “Never Surrender”, opener adrenalinica e ben studiata, non a caso, influenzata dal classico sound dei Judas Priest anni ’80, mescolato allo stile peculiare dei Whitesnake del celebre “1987“.
La canzone è perfettamente strutturata ed è controllata totalmente dalla voce di un West particolarmente in forma: un inizio al fulmicotone.
Squisitamente hard rock risulta poi essere anche la seguente “Dance Of Life”, intrisa di un’ottima alchimia fra voce e chitarra, per un episodio che fa il paio con la movimentata e divertente “Ain’t Gonna Drown”.
Atmosfere soffuse e suggestive dominano poi l’atmosfera della più rilassata “Beautiful Dream”, la quale può contare su di un ritornello semplice ed intenso.
In perfetto equilibrio fra melodia e potenza si muove anche la successiva “Nothing”, mentre l’anima più hard rock dei West Bound torna a palesarsi senza timori nella sostenuta “Roll The Bones”, per certi versi ancora accostabile al sound dei Priest dei primi anni ’80.
Più orecchiabile, ma ugualmente gradevole, risulta poi essere “On My Own”, utile nel mantenere alta la dinamica di un album che, fino a questo punto, non sembra avere cali di tensione.

A dimostrare quanto appena affermato arriva la rocciosa “Keeper Of The Flame”, alla quale segue la più morbida ed ispirata “Turn To You”, ballad dal sapore elettro acustico, dominata da uno schema melodico e, soprattutto, da un refrain di grande impatto, interpretato magistralmente dal bravo singer.
La seguente e devastante “No Room For Sympathy” mostra nuovamente come l’animo più Rock dei West Bound si sposi perfettamente con la componente melodica, insita in un brano orecchiabile e vincente.
Ormai alla fine, i nostri si congedano dal pubblico sulle note della cadenzata e potente “The Traveller”, questa volta maggiormente incentrata sul poderoso lavoro tastieristico svolto da Stephen LeBlanc, bravissimo nel recuperare le atmosfere dei migliori Rainbow.
Un finale assolutamente perfetto.

Ottimo lavoro dunque quello confezionato dai West Bound. Ora non resta che sperare che questo album possa essere il primo tassello di una prosperosa carriera, in grado di poter offrire altra grande musica nel prossimo futuro.

 

 

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