Recensione: Watch Your 6

Di Alessandro Marrone - 19 Marzo 2020 - 0:00

I Dusk Of Delusion confezionano un ambizioso quanto rischioso lavoro. Infatti il secondo disco della band francese è tutto articolato attorno un unico argomento, quello della prima guerra mondiale. A cominciare dal titolo – Watch Your 6 – che nel gergo militaresco si utilizza per indicare di guardarsi alle spalle (alle ore 6 appunto), quello del primo grande conflitto è un tema utilizzato, ma che spesso viene gestito mediante un lavoro concettuale che sviluppa una storia ben precisa, a prescindere che sia di fantasia, oppure basata su fatti realmente accaduti, attraverso l’interezza dell’album. In questo caso abbiamo a che fare con una sorta di ibrido, poiché le canzoni sono scollegate tra loro, unicamente fedeli allo stesso filone e raccontando una serie di aneddoti della grande guerra.

L’album si apre con Serbian’s Gate e quindi cominciamo a delineare meglio il sound della band, il quale spicca per buone ritmiche – lo si evince anche dal riffing trascinante della successiva The Messenger – e dalla voce di Benoit Guillot che alterna parti più tradizionalmente rock e maggiormente dedite a un canto pulito ad alcune più sporche e che nonostante diano un tono diverso rispetto al solito, finiscono per convincere meno e lasciare intravedere una qualche influenza hardcore nel passato della band. Si dice che l’essere umano abbia la capacità di prestare massima attenzione per non oltre 15 minuti filati, ma nel momento in cui la più malinconica Letter to C ricorda la struggente sofferenza che teneva i soldati lontano dalle proprie amate famiglie, notiamo un tratto che rende i Dusk Of Delusion più concreti nel comunicare con l’ascoltatore. Che piaccia oppure no la voce è ciò che spicca maggiormente e nonostante ritmiche interessanti e groove che ci portano alla mente alcune collaborazioni tra il mondo metal e quello più commerciale di fine anni 90, Ladies’ Path si rivela quale uno tra i migliori brani dell’intero disco.

Si continua ad accentuare il forte fattore emotivo grazie anche all’impegno profuso nelle lyrics con l’ottima Возле окна e si viene sballottati tra ripartenze più heavy che offrono il perfetto contraltare per le digressioni ritmiche che premiano la buona produzione. Buona appunto, che però sembra patire almeno in parte un sound troppo pastoso e che tende a ficcare tutte le frequenze a ridosso di una linea che penalizza i momenti più pieni di note. Alla fatidica metà del disco sono intrigato e non vedo l’ora di scoprire cos’hanno in mente i nostri per tenerci ancora sull’attenti. In realtà Sadness Is My Only Retaliation e The Guardians si percepisce un pizzico di stanchezza compositiva – eccetto la piacevole parte solista e l’orecchiabile ritornello di quest’ultima. Smiling From Across non fa gridare al miracolo, ma a questo punto il diverso approccio di Guillot dietro al microfono ci fa dimenticare un paio di scelte opinabili sfruttate nei brani di apertura. Ci avviciniamo all’epilogo con la prolissa Verdun, esempio di quanto al quintetto non manchi ambizione, aspetto che senza dubbio approfondiranno e affineranno nel prossimo e più maturo disco. Per chiudere la nostra immersione nella grande guerra c’è ancora tempo per l’esplosione della conclusiva While He Sleeps, un buon brano che si sviluppa attorno ad un cupo giro di basso che consente di far calare inesorabilmente il sipario.

Watch Your 6 è un disco piacevole. Alla fine scoprirete che con qualche ascolto in più riuscirete a entrare nel meccanismo della band, apprezzando anche quello stile canoro che inizialmente spiazzerà i più tradizionalisti. Addentrandomi nel tema trattato dalla band non posso far a meno che paragonarlo a quell’Enlighten the Darkness che ha catapultato gli Angel Dust nella parte alta della mia collezione, seppure con le dovute differenze in termini stilistici e di genere. È un metal moderno, melodico, con un bel groove e che regala momenti di piacevole svago e coinvolgimento. In realtà ciò che lo caratterizza maggiormente è che nonostante la tematica sia una soltanto e venga trattata con un ampio spettro che testualmente si concentra su aneddoti provenienti dall’intero continente, sembra quasi di identificare due metà ben distinte tra loro, con la seconda parte che seppure resti maggiormente ancorata a canoni più tradizionali convince di più, soprattutto a livello musicale. Non commettete l’errore di sottovalutarlo, dategli una possibilità e se il primo ascolto riuscirà a trasmettervi più di qualche accenno di emozione, permetterà ai Dusk Of Delusion di rappresentare una piacevole aggiunta alla vostra discografia.

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