Recensione: Wild Dogs Unchained

Ci troviamo al cospetto di una band che è stata tra i prime movers della evoluzione dall’hard rock all’heavy metal sul finire degli anni ’70; infatti, correva l’anno 1979 allorquando in Cortland (N.Y.) si formava questo power-trio iper-adrenalinico dedito ad una operazione di progressivo, ulteriore “indurimento” del sound tipico del rock duro.
Riffs quintessenziali ma di rapida presa (catchy) che si insinuavano nei padiglioni auricolari prima, nella materia grigia subito dopo. Nel mondo della moda si suol dire che l’eleganza è semplicità (lo so, paragone irriverente…) : ebbene, allo stesso modo, nell’universo hard ‘n’ heavy è la semplicità del riff che “fa il pezzo” (Ac/Dc docet…).
Su queste solide basi, The Rods hanno dato vita ad una discografia sconfinata e ricca di veri e propri anthems ( tra i tantissimi “Wild Dogs”, “Crank it Up”) per poi ingripparsi nel 1987, dopo aver pubblicato l’album “Heavier than Thou” .
Varie esperienze poco fortunate (vedi quella da solista di David e Carl che lo ha seguito per poi peregrinare tra varie bands, tra le quali persino i Manowar) per poi tornare prepotentemente nel 2011 con il full-lenght “Vengeance” (titolo alquanto emblematico). Da allora, non si sono più fermati, inanellando un filotto di releases che hanno viepiù consolidato il suono che è diventato un po’ il marchio di fabbrica della band, per quanto è rimasta fedele a quelle solide basi a cui facevo riferimento prima.
Questo “Wild Dogs Unchained” non fa altro che continuare la saga discografica del gruppo statunitense: riffs semplici, efficaci e poderosi, ritornelli potenti ma cantabilissimi, ideali per un coro selvaggio al concerto, qualche spruzzatina di tastiere qua e là e tantissima esperienza.
Sugli scudi “Make me a believer” dinamicissima ed old school, “Mirror mirror” con la sua intro misterica e “Run run run” mid-tempo dirompente al punto giusto. Il tutto, ad ulteriore testimonianza del fatto che The Rods è una band davvero inossidabile!