Recensione: Woke

Di Daniele D'Adamo - 2 Settembre 2013 - 16:36
Woke
Band: Legion
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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70

 

«Legióne».

Demone d’inizio Era cristiana rappresentante una moltitudine di diavoli il cui nome ha definito, successivamente, la leggendaria, grande unità tattica dell’esercito romano.
 
Mutuandone il nome (abusato all’inverosimile nel campo metal e specificamente in quello estremo), i Legion di Columbus (Ohio, USA) si pongono come obiettivo primigenio quello di travolgere la Terra con il loro diluvio musicale. Utilizzando una delle più moderne armi da combattimento: il deathcore.

Un deathcore che, per toni, atmosfere e testi, può essere ben accompagnato dall’aggettivo ‘blackened’. Sì, ‘blackened deathcore’ può dare con sufficiente approssimazione, al volo, ciò che i Legion registrano su disco. L’esasperata corsa alla massima pressione sonora ottenibile dalla strumentazione elettrica, caratteristica del mix death/hardcore, difatti, è continuamente attraversata da marcati inserimenti campionati e/o da brevi avvolgimenti di tastiera tesi a rendere lugubre e oscuro il disegno complessivo.

Anzi, per alzare il più possibile la sensazione d’opprimente soffocamento fonico Michael Guilford, il vocalist, si rende partecipe di un’interpretazione ai limiti dell’umano, gracchiando oltre la follia in occasione degli scream e sfiorando le suinate dell’inhale quando precipita nel growling. Le chitarre di Chris Dragics e Alex Heiberger, taglienti come rasoi e quasi più adatte per il technical che per il deathcore, lasciano decisamente il campo – in quanto a scoppio di potenza pura – alla spaventosa, terrificante sezione ritmica composta da Mason Prince al basso e Jake Rodriguez alla batteria. Una sezione ritmica assolutamente devastante, straziata dalle miriadi di blast-beats da cui, improvvisamente, si decelera vertiginosamente per dar luogo ai famigerati stop’n’go che costituiscono in sequenza i cadenzati, marmorei, sovraccarichi breakdown tanto amati da chi scolpisce le fogge *-core. I rimbombi prodotti dall’ascia a quattro corde sono tremendi, inoltre, e sconquassano le parti molli e in particolare le budella di chi prova ad ascoltare “Woke” – debut-album dei Nostri oggi in uscita – pompando più che si può sul volume.

Il taglio cupo e maligno del sound è sicuramente la caratteristica principe del full-length, poiché rende lo stesso interessante dal punto di vista stilistico: di band, anche brave come i Legion, che sfornano dischi di deathcore a tonnellate ce ne sono, e anche tante; ma fra esse non sono poi molte quello che riescono a dire qualcosa in più rispetto al solito cliché. Il quintetto statunitense, invece, ci riesce proprio per aver saputo avvolgere con un nero sudario le proprie song. Ancora acerbo, al contrario, il songwriting, intrappolato in schemi un po’ scolastici che, al momento, non lasciano comprendere se la relativa poca profondità compositiva di “Woke” sia da addebitare a una certa mancanza di talento o alla necessità che i Legion debbano percorrere ancora della strada ingobbiti sui righi musicali. Dopo tutto, la loro carriera è iniziata solo quattro anni fa e, prima di “Woke”, ci sono stati solo due EP (“This Is The End”, 2009; “Bottom Feeder”, 2010) per rodare l’armamento.

Con che, dato atto delle buone idee messe giù in ordine a quale stile proporre, l’aspettativa può essere quella di un miglioramento nella scrittura delle canzoni; canzoni al momento poco differenziabili fra loro, anche passando molte ore a vagliare il lavoro. Qualche passaggio melodico qua e là, e un po’ di dissonanze in meno – che, a lungo andare, stancano inducendo pericolosamente alla noia – può essere la giusta via da intraprendere per apportare le dovute migliorie a un’opera, comunque, dal valore complessivo più che sufficiente.

Anzi discreto.

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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