Recensione: Wrath Of The Gods

Di Enzo - 1 Dicembre 2004 - 0:00
Wrath Of The Gods
Band: Gods Of Fire
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

I Gods Of Fire vengono dalle terre statunitensi e sono portatori di un Heavy Metal semplice diretto e senza troppi fronzoli. La cosa strana è che a contattarmi fu un membro della band che stranamente parlava un perfetto italiano, si trattava infatti di Jan D’Amore, l’italianissimo ex batterista dei mitici Astaroth attualmente residente in quel di New York e batteriste di questo gruppo. L’album è caratterizzato in linea di massima da un sound prettamente “europeo” (di matrice assolutamente “maideniana) e, anche se accompagnato da una produzione non certo eccelsa, riesce nell’intento di catturare l’ascoltatore.
Ad aprire il disco vi è Welcome To Hell, brano potente e d’impatto caratterizzato da un orecchiabile refrain. La cult-song addirittura assume toni epicheggianti verso la sua sontuosa conclusione, grazie ad un rallentamento di ritmi ed a un’ottima prova del cantante Prometeus che ben si accompagna alla solennità del songwriting di questa indiscussa hit song. Non delude certo le aspettative il duo di seguenti canzoni, parliamo della “maideniana” City of Gold (funambolico il suo assolo!) e della rocciosa Hyperion (davvero potente il suo incalzante incedere).
Ma la qualità del disco passa anche attravero canzoni come The Long Walk, lunga suite di oltre 9 minuti che racchiude molti elementi musicali della band, dall’andamento epicheggiante alle sfuriate prettamente metalliche e che denota sicuramente una grande maturzione tecnica e compositiva. Di sicura presa sull’ascoltatore la seguente e catchy Digital Neon (dall’eroico refrain), la song si snoda su di una cadenzata costruzione strumentale scandita dall’ottimo drumming di Jan “Fra Diavolo” D’amore. Ancora permea di un british sound di matrice principalmente targata Iron Maiden (del periodo Seventh Son) la seguente Eternally Strong ed ancora una volta colpisce in modo positivo l’ottima proposta musicale della band, che, seppur devota forse un pò troppo ad un certo “Iron Maiden sound”, riesce ad essere tuttavia coinvolgente e molto longeva. La seguente Nectar of The Gods è una fast song caratterizzata da un muro sonoro massiccio e potente e che trova la sua forza nei possenti chorus che ne scandiscono gli ossianici e teutonici ritmi. Chiude il disco l’epica e gloriosa Prometheus Unbound che, caratterizzata da un pomposo quanto solenne inizio, si snoda poi attraverso riff graffianti e pienamente “raw and wild” che vanno così a porre fine ad un disco di notevolissima caratura.
I Gods Of Fire hanno tutte le carte in regola per emergere dalla scena underground più oscura, unici difetti di questo album sono sicuramente la scarsa produzione che ha penalizzato in più punti alcune canzoni e la costruzione strumentale in generale, ma per un debut album possiamo soprassedere in parte. La certezza è che i Gods Of Fire hanno dalla loro ottime qualità tecniche, idee chiare e tanta voglia di suonare puro e semplice Heavy Metal. Se la band tornerà sulle scene con un disco che seguirà le stesse coordinate stilistiche (magari con un pò di personalità maggiore), se riuscirà a perfezionare in alcuni frangenti la voce del cantante e se riuscirà ad ottenere una produzione all’altezza della situazione, non dubito che potrà ottenere un successo davvero non indifferente. Resta comunque questo un disco consigliatissimo a tutti gli amanti di puro e semplice Heavy Metal.
Vincenzo Ferrara

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