Recensione: Blackoustic

Di Luca Montini - 5 Novembre 2012 - 0:00

Alla fine del 2009, dopo l’esperienza con i Cain’s Offering, Timo Kotipelto (cantante degli Stratovarius) e Jani Liimatainen (ex chitarrista dei Sonata Arctica) decidono di dare il via ad un lungo tour acustico in giro per la natia Finlandia; caratterizzato da numerosi concerti “in the small”, lungi dai bagni di pubblico ai quali i nostri ci hanno abituato, in favore di ambienti più intimi e raccolti. Tantissimi filmati su youtube documentano il percorso del duo Kotipelto & Liimatainen tra piccoli palchi, hotel, pub, bar e locali di vario genere. La risposta del pubblico è notevole. I suddetti video su youtube raccontano di scalette decisamente variegate per un tour acustico: dalla trascinante ‘Livin on a Prayer’ alla potente ed inaspettata ‘The Trooper’ maideniana, da ‘I Want It All’ degli intramontabili Queen fino alla più prevedibile Eagleheart made in Stratovarius, ovviamente interpretate con tutta la maestria, il carisma e la simpatia di musicisti ormai più che affermati.
Proprio considerata la copiosità con la quale questi video sgorgavano su youtube, e data la crescente domanda dei fan di avere dei pezzi acustici di buona qualità audio, provenienti da un vero studio di registrazione (e non dal chip di un cellulare, registrati in una stanza affollata), il duo si è infine deciso, nel 2012, a pubblicare uno studio album. Scartata una prima ipotesi di realizzare un lavoro autoprodotto, si è optato alla fine per produrre un album vero e proprio con la earMUSIC/Edel.
Questa, in breve, è la genesi di Blackoustic.

Basta dare una rapida occhiata alla tracklist per notare che dodici tredicesimi dell’album sono cover, di provenienza piuttosto eterogenea, con la traccia inedita numero sette in mezzo, a fare da spartiacque.
Apre l’ascolto la melodica Sleep Well, tratta dall’ultimo album solista di Kotipelto, dove possiamo già apprezzare l’obiettivo raggiunto di un’ottima qualità del suono, coadiuvata da un’interpretazione sopra le righe del cantante finlandese, nonché autore del pezzo. Notevole anche il riarrangiamento acustico, se comparato all’originale rigorosamente power metal, che lascia immaginare che la canzone sia nata come ballad – cosa che capiterà con diversi brani nativi power, durante l’ascolto di Blackoustic. Dopo un’opener tanto tranquilla, segue la più dinamica Out in the Fields di Gary Moore, già interpretata dai Sonata Arctica come bonus track dell’album “Unia”, che ci trasporta, col suo chorus trascinante, a riflettere con le vittime del fanatismo religioso tra i campi e le strade irlandesi.
Viene poi il momento di due pezzi dalle storiche band di appartenenza: Stratovarius e Sonata Arctica. Black Diamond, dall’album “Visions”, sostituisce l’intro di tastiera con un sorprendente arpeggio ad hoc che, pur non riuscendo a colpire con l’impatto neoclassico ed epico dell’harpsicord originale seguito dai cori, non mancherà di strappare un sorriso a chi ha buona memoria del pezzo. Segue la sontuosa My Selene, scritta da Jani per l’album “Reckoning Night”, con il suo testo malinconico che rimanda al mito di Selene ed Endimione, coinvolgente come l’originale nel suo riadattamento acustico.
Segue un pezzo storico dei The Who: Behind Blue Eyes; un po’ scontata in ambiente cover-acustica (già ri-gettata alle masse dai Limp Bizkit nel 2003 con un grande successo), sempre piacevole all’ascolto ma forse poco coraggiosa.
Coraggio ritrovato immediatamente nel proporre una versione acustica dell’intramontabile Hunting High and Low, dall’album “Infinite” degli Stratovarius. Qualche purista potrebbe storcere un po’ il naso, ma, celebri video su youtube alla mano (o al mouse), il brano è sicuramente il più coinvolgente del tour del duo Kotipelto & Limaatainen sul palco, il più cantato, che quasi dispiace l’assenza del pubblico in questa versione in studio. Il brano si fa comunque apprezzare per i suoi repentini cambi di tempo e per la sua carica di positività, fornendo un’altra, validissima alternativa all’originale.
Where My Rainbow Ends è l’inedito di quest’album, compost Jani Limaatainen. Un brano certamente pieno di pathos e di sentimento, una ballad che tuttavia non riesce a risplendere in un album che di ballad (e di non-ballad che diventano ballad) è già pieno. Un bel pezzo forse ‘sprecato’, che nel mezzo di un album power metal tout court avrebbe forse avuto modo di brillare di più.
Speed of Light è un’altra piccola provocazione dell’album: nomen omen, la canzone originale si avvaleva di una doppia cassa potente, di un riff velocissimo e di un ritmo incessante; la linea vocale resta quella, e solo quella. Manca l’assolo e tutta la parte strumentale, ma nonostante ciò il pezzo dura un minuto in più, dato il suo ritmo pacato: tranquilli, la tranquillità è voluta.
Tributo ai Deep Purple, la storica Perfect Strangers evidenzia le potenzialità vocali di Timo Kotipelto. Difficile fare paragoni con il brano originale e con la voce di Ian Gillan, anche perché, forse proprio per evitare confronti impossibili, il cantante degli Stratovarius decide di interpretarla a modo suo, in un genere che non è affatto il suo. Esperimento riuscito.
Torniamo a casa, in casa Stratovarius, dal già citato Visions, con Coming Home. Era già una power ballad, e poco è cambiato dall’originale; coinvolgente e nostalgica. Sempre serenamente in casa Kotipelto, viene il momento di Serenity dall’omonimo album solista. Rainbow Eyes è forse una tra le più belle ballad della storia del rock, qui il paragone con la voce di Dio e l’assenza di altri strumenti oltre le due chitarre si fa sentire, ma la cover resta una dignitosa immagine, forse meno profonda e più fredda, più nordica; ma probabilmente non si poteva fare davvero molto di meglio. Infatti l’ascolto, rapito, si perde comunque tra gli arpeggi e la magica linea vocale di una leggenda dagli occhi iridescenti.
Chiude l’ascolto Karjalan Kunnailla, una canzone classica finlandese, a dimostrazione di come quest’album sia dedicato davvero al pubblico fedele del tour acustico di Kotipelto e Limaatainen, di lingua finnica.   

Blackoustic è un album sincero. Non concede nulla di più di quello che andava promettendosi: non prova a strafare, non vuole sorprendere a tutti i costi, si prefigge un obiettivo semplice e diretto e lo raggiunge. Un album voluto dai fan e registrato per i fan, con tanti ottimi arrangiamenti e tanta voglia di sperimentare nuove soluzioni; difficilmente Blackoustic saprà entrare nei cuori di chi non ha mai sentito nessuno dei pezzi in tracklist prima d’ora, di chi non ha la benché minima idea di chi siano questi due strani personaggi dal cognome impronunciabile, oppure di chi, da purista incorreggibile, pensa che il power metal abbia dei limiti minimi di bpm. Se fate parte di queste categorie, quest’album non fa per voi. In caso contrario, concedetegli un ascolto.
Se siete fan di vecchia data del duo ed avete già avuto modo di introiettare i pezzi in scaletta nelle loro rispettive versioni originali, ovvero se siete i destinatari ideali di quest’album, alzate pure la mia valutazione numerica finale di dieci punti e passate senza indugi all’ascolto: Blackoustic, forte di un ottimo arrangiamento, di una notevole interpretazione e di tanta passione del duo di Kotipelto & Liimatainen, non mancherà di strapparvi qualche sincera emozione.

Luca “Montsteen” Montini

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Tracklist:

01. Sleep Well
02. Out In The Fields
03. Black Diamond
04. My Selene
05. Behind Blue Eyes
06. Hunting High And Low
07. Where My Rainbow Ends
08. Speed of Light
09. Perfect Strangers
10. Coming Home
11. Serenity
12. Rainbow Eyes
13. Karjalan Kunnailla
 

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