Recensione: Kool Atomic KIX

Di Stefano Ricetti - 8 Agosto 2025 - 8:58

La storia dell’hard rock ha celebrato band immense, capaci di riempire stadi ed arene che poi sono andate a collocarsi direttamente lassù, nell’Olimpo della musica dura, senza discendere. Gruppi che ancora adesso ottengono consensi planetari poggiando su quello che è stato e non tornerà mai più. Ma evidentemente va bene così, dal momento che il pubblico ha sempre ragione. O quasi. È però altrettanto vero che se uno su mille ce la fa, fra gli altri 999 qualcuno se la svanga, altri ad andare bene annaspano e il resto è costretto ad appendere gli strumenti al chiodo per sempre.

Fra quelli che in carriera si sono barcamenati, a metà fra le prime due opzioni sopraccitate, ricadono gli americani KIX, moniker assolutamente da riportare in caratteri maiuscoli, come da loro specifica indicazione.

Cherry Red Records, per il tramite della propria sussidiaria Hear No Evil Recordings Ltd, ha da poco licenziato sul mercato Kool Atomic KIX, un boxset che riassume in otto Cd la loro storia, che prende piede in quel del Maryland nel 1976.

Curiosamente dentro il cofanetto Cherry Red Records, che spazia dal 1981 al 2014, non è ricompreso l’album Show Business del 1995, ma trattasi di peccato veniale, dal momento che lo stesso, uscito in piena ubriacatura grunge/post grunge, a seconda dei punti di vista, si rivelò un netto passo falso per la compagine Usa. Ciò che conta è che vi sia tutto il resto che, riassumendo brutalmente, si focalizza su Midnite Dynamite del 1985 e soprattutto Blow my Fuse del 1988, l’highlight della carriera dei KIX. All’interno di questi due lavori il complesso riversa il meglio del proprio songwriting scodellando pezzi di alto lignaggio quali “Midnite Dynamite”, “Layin’ Rubber”, “Cold Blood”, “She Dropped the Bomb”, ma soprattutto il lento di razza “Don’t Close your Eyes”, canzone in grado di giocarsela ad armi pari con gli altri colossi di hard rock melodico dell’epoca, Cinderella, Ratt, Whitesnake.

A corollario quanto rimane della loro produzione, ossia i primi due dischi, piuttosto leggerini e privi di personalità, poi i successori di Blow my Fuse, nei quali i KIX scimmiottano con risultati rivedibili il filone inaugurato illo tempore dagli Ac/Dc. A seguire il Live del 1993 registrato in casa, nel Maryland, durante il tour promozionale di Hot Wire e Demos, un cd contenente le versioni primigenie di alcuni dei loro brani simbolo. In aggiunta ai vari dischetti ottici alcune bonus track, fra pezzi live ed edit version.

Come da prassi Cherry Red Records ad accompagnare il cofanetto è presente un succoso libretto di 24 pagine con qualche foto – nulla di eclatante – e la storia dei KIX redatta da Xavier Russell, innervata da interventi del chitarrista Brian Forsythe, del bassista Mark Schenker e dei produttori Beau Hill e Tom Allom, che collaborarono a più riprese con la band.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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