Live Report: W.A.S.P. @ Live Club (MI) 30/10/2025

Dalle mie parti si dice:
“Al pàr gnà lü quel dàl fàtu!”
che in italiano si traduce
“Non sembra nemmeno lui quello del fatto!”
Il riferimento è al Signor Nerino Senzalegge – un bad ass alto 1 metro e 93 centimetri che all’anagrafe fa Steven Edward Duren – sessantanovenne fondatore, da sempre leader degli W.A.S.P. nonché unico membro della formazione originale rimasto.
Già, perché a giudicare da come si è agilmente mosso sulle assi del palco del Live Club di Trezzo sull’Adda c’è da chiedersi come abbia fatto a risolvere così brillantemente i suoi problemi personali legati alla schiena, che lo avevano costretto ad annullare le date italiane del tour nel 2023 a Padova e Trezzo, mentre quella più recente, di quest’anno, venne posticipata per un inghippo logistico.
Rispetto, poi, ad alcune foto e video non particolarmente datati, Blackie Lawless (qui sua intervista del 1984) si è assolutamente rimesso in forma anche dal punto di vista della silhouette, avendo diminuito molto sensibilmente la curva del benessere che lo contraddistingueva.
Tanto di cappello, quindi, dal momento che la notte del 30 ottobre 2025 è stato protagonista, insieme con gli altri tre W.A.S.P., di un concerto assolutamente dignitoso ed all’altezza del proprio nome. Ad accompagnarlo i fidi e incredibilmente molto simili, fisicamente e di primo acchito, Mike Duda (basso) e Doug Blair (chitarra). Alla batteria Aquiles Priester.
Un Live Club pieno in ogni ordine di posto ha accolto colui il quale negli anni d’oro era uso sollazzarsi e sollazzare il pubblico con lame di seghe circolari a profusione, carne cruda lanciata alle prime file, teschi ricolmi di sangue finto, schiave incatenate e razzi indossati proprio lì dove si può facilmente immaginare da azionare sul più bello.
Gli W.A.S.P. di oggi, in termini coreografici, non c’entrano proprio niente con quelli del passato, la sobrietà regna sovrana anche a livello di allestimenti, al netto di un paio di microlame e quell’intricata, minacciosa e dondolante opera metallica designata a reggere il microfono e lo stesso Lawless in persona, denominata Elvis, come ha dimostrato saper ancora fare alla fine dello show, durante l’esecuzione di “Blind in Texas”. Della vecchia ciurma coloratissima e irriverente, che ha visto passare, fra le proprie file, solo per ricordarne tre, quell’animale da palcoscenico di Johnny Rod, il carismatico Steve Riley ma soprattutto l’antico sodale di Lawless, il gigantesco Chris Holmes, 1 metro e 96 centimetri di dissolutezza e heavy metal, non resta più nulla, se non il solo Blackie. Triste ma tutto nella norma: i tempi cambiano, qualcuno lascia questa valle di lacrime, gli scazzi fra ex compagni di gang proliferano e questo passa il convento, nel 2025.
Venendo allo show, poco dopo le ore 21.30 come da tradizione si parte con l’immarcescibile “I Wanna be Somebody”, utilizzata anche per bilanciare i suoni, ed è subito delirio collettivo. Lawless, complice qualche aiutino tecnico, tiene botta alla grande e il resto della band dimostra di essere totalmente rodato essendo giunto, in quel di Trezzo, alla fine di un lungo tour mondiale.
Scaletta killer, quella proposta: dopo aver suonato per intero il primo album, in ossequio al nome del tour Album One Alive, nell’esatta sequenza di brani così come uscirono nell’agosto 1984 in vinile e musicassetta, gli W.A.S.P. hanno poi spaziato all’interno del loro sterminato repertorio privilegiando i classiconi che la gente, giustamente, si attendeva. Quindi spazio alle varie “Inside the Electric Circus”, “I Don’t Need No Doctor”, “Scream Until You Like It”, “The Real Me” e la fantastica “Forever Free”, il probabile clou emozionale del concerto, seguita da “The Headless Children”, “Wild Child” e l’inossidabile “Blind in Texas”, posta in chiusura dell’ora e mezza di show. Suoni perennemente tenuti sotto controllo, niente spaccatimpani per l’occasione e i vari brani accompagnati da videoclip dell’epoca sul mega schermo posto dietro la batteria di Priester.
Conclusioni. Siamo onesti, le aspettative, per svariati motivi, erano piuttosto bassine, prima del concerto, ma la grande risposta in termini numerici da parte del pubblico italiano ha certificato sin da subito una cosa: a prescindere da tutto uno come Blackie Lawless andava tributato, nella buona o nella cattiva sorte, in virtù di quanto hanno fornito alla causa dell’heavy metal – nel caso specifico leggermente punteggiato di hard rock – la sua persona e la sua band.
Poi le cose sono andate per il meglio, per certi versi inaspettatamente, dimostrando che c’è ancora spazio per W.A.S.P. di questo tenore nel 2025 e negli anni a seguire. Permane una punta di amarezza nel constatare quanti ottimi brani siamo rimasti fuori dalla scaletta, per motivi di spazio temporale. D’altronde pretendere che Lawless & Co. tirino in là lo show per due ore è forse oggettivamente troppo…
Sul fatto che si siano esibiti da soli e senza supporter siamo alle solite, al di là del discorso legato al prezzo del biglietto. Vi sono i pro e i contro. Piuttosto che doversi sorbire band imposte dal management o dalla casa discografica, spesso fuori contesto che altro non fanno che annoiare e allungare i tempi inutilmente, meglio uno show unico vecchia maniera. Diversa la situazione di tour effettivamente ben strutturati, ove anche chi suona prima possiede appeal. Ma, non essendo questo il caso, non nascondo, a livello personale, una sottile e perversa goduria nel poter macinare i molti chilometri verso casa ad orari umani, dal momento che la sveglia per la giornata successiva, lavorativa, non fa mai sconti a nessuno. Particolarità comune a buona parte dei presenti, probabilmente.
We were blinded in… Trezzo!
Alla prossima, Blackie.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Galleria fotografica a cura di Luca “Ash Settantuno” Iacono




















