I migliori 10 album Death Metal del 2020
Il death metal ribolle come magma incandescente, sale su innevate, altissime vette, sprofonda nei più profondi abissi oceanici. Rinnovandosi di anno in anno, compresso fra la vecchia scuola e le evoluzioni più spinte. Un genere che sembra affievolirsi ma che, all’improvviso, regala perle musicali di valore assoluto; per una ricchezza di proposte che ogni volta stupisce per quantità e qualità.
TrueMetal.it ne ha selezionate dieci tra quelle ritenute più rappresentative, elencate in rigoroso ordine casuale, che riassumono il lavoro fatto quest’anno sia da vecchi leoni che non ci pensano assolutamente ad abdicare ma anche da nuove leve che si stanno imponendo con prepotenza sul mercato.
Auguriamo una buona lettura e, soprattutto, un buon ascolto.
God Dethroned – “Illuminati”
“Illuminati” è difatti un contenitore di brani ideati per agganciarsi alla memoria, ciascuno di essi dotato di un’autonoma personale, sebbene obbediente allo stile dei God Dethroned. A volte la classe consente di fabbricare un prodotto quasi perfetto in tutti i suoi aspetti senza tuttavia inventare niente di nuovo. Il che, per l’appunto, è quello che riesce al terzetto orange. Con estrema scioltezza e naturalezza, senza forzature, senza cali di concentrazione, combinando in maniera esemplare i dettami stilistici a disposizione senza incartarsi nell’inventarne di nuovi.
Ancora una volta, bravissimi! (Leggi tutto)
Vader – “Solitude in Madness”
“Solitude in Madness” è un lavoro pazzesco, quasi da non credersi possa esistere, che non stanca mai neppure ascoltandolo decine di volte. Gli speaker urlano e strappano l’etere, il subwoofer fa tremare il cemento armato, l’insieme è qualcosa di assolutamente indimenticabile. I Vader stupiscono, quindi, per essersi saputi migliorare da una situazione che li poneva già fra i migliori. Operazione che solo i più Grandi riescono a compiere e difatti con “Solitude in Madness” si è raggiunto il top assoluto in materia di death metal.
Nient’altro da dire. Il resto, al confronto, è roba da signorine. (Leggi tutto)
Heaven Shall Burn – “Of Truth & Sacrifice”
Gli Heaven Shall Burn, con “Of Thruth & Sacrifice” vanno oltre a tutto quanto conosciuto nell’ambito del metal estremo, riscrivendone la Storia. Una Storia talmente ampia e ricca di accadimenti che non può essere mai tediosa, una Storia che resterà punto fermo anche negli anni a venire come esempio di una band che non si è limitata a svolgere il suo compitino contrattuale ma che si è stremata per andare lassù, ove nessuno pensava si potesse arrivare, ove volano le aquile.
Delittuosamente imperdibile. (Leggi tutto)
Kataklysm – “Unconquered”
La disgregazione molecolare è assoluta, e questo poiché anche se lanciato alla velocità massima possibile, il combo canadese riesce, quasi incredibilmente, a non perdere nemmeno per un picosecondo l’incastro pazzesco che vige fra chitarra, basso e batteria. Circostanza dimostrativa, peraltro, del livello tecnico raggiunto dall’act nordamericano, assestato sui gradini più alti della piramide planetaria. Davvero difficile pensare che sia possibile fare di meglio. Impressionanti, spaventosi, pazzeschi. In una frase, da non perdere nel modo più assoluto dai loro fan e, più in generale, di quelli del metallo al calor bianco. (Leggi tutto)
Soilwork – “A Whisp of the Atlantic”
Un EP? Della durata di trentasette minuti? Stranezze delle case discografiche che catalogano il loro materiale in maniera (apparentemente) illogica. Il che, appunto, sembra proprio essere il caso dei Soilwork con il loro “A Wisp of the Atlantic”. Tuttavia, scorrendo gli appunti sottostanti, il tutto rientra nel naturale ordine delle cose. Considerazioni discografiche a parte, il dischetto conclude infatti la trilogia di singoli chiamata «The Feverish Trinity», comprendente le canzoni ‘Feverish’, ‘Desperado’ e ‘Death Diviner’, ovviamente tutte presenti. Assieme a due inediti: la lunghissima ‘A Wisp of the Atlantic’ e ‘The Nothingness and the Devil’.
Chi pensava che i Soilwork avessero già detto tutto, insomma, è servito. (Leggi tutto)
Genus Ordinis Dei – “Glare of Deliverance”
“Glare of Deliverance”, terzo full-length dei Genus Ordinis Dei. Un album ambizioso già nella sua struttura: trattasi, infatti, di una serie di dieci singole canzoni, ciascuna con il proprio video / episodio musicale. Episodi che si combinano in sequenza a mò di cortometraggio o serie televisiva, che raccontano la storia di Eleanor, una giovane donna perseguitata dalla Santa Inquisizione […] Disco di purissimo symphonic death metal, uno stile i cui padroni fondatori bisogna cercarli nelle desolate terre del Nord Europa. Disco italiano. Al 100%. Il che non può che far piacere, poiché i Genus Ordinis Dei, con esso, innalzano in modo clamoroso l’asticella della qualità musicale tutta. (Leggi tutto)
Fit For A King – “The Path”
Sesto disco in carriera per i Fit For A King, autori di una carriera, appunto, le cui uscite paiono essere state scandite da un metronomo. Una regolarità produttiva che non trova poi così tanti riscontri, in giro, e che, in un certo senso, nobilita la formazione americana in ordine a una sana professionalità, sicuramente al top per quanto riguarda il metalcore. Metalcore americano, quindi, a permeare le dieci canzoni dieci che compongono “The Path”, mediamente lunghe sui tre minuti e mezzo / quattro. Anche in questo caso sintomo di idee solidamente basate su parametri ideati apposta per dare un senso di rigore formale e di regolarità al tutto, ingabbiato entro limiti di sicurezza che, di conseguenza, tagliano alla base la voglia di compiere voli pindarici. (Leggi tutto)
Neaera – “Neaera”
Nel percorso dall’incipit ‘(Un)drowned’ sino alla closing-track ‘Deathless’, l’intensità non cala mai, nemmeno per un secondo. Non un buco, non un passaggio a vuoto, non un filler. Niente. Sintomo di un gruppo in grande forma, compatto, dotato di un’eccellente tecnica che si erge con forza e decisione, come qualità complessiva, dalla marea di proposte similari. In alcuni momenti, poi, si raggiunge lo stato di trance da iper-speed, come nell’apocalittica ‘Sunset of Mankind’ o nella terrificante ‘Eruption in Reverse’. Momenti di offuscamento del pensiero, piacevole escursione mentale sulle montagne della follia.
Sette anni. Valeva la pena di aspettarli. Loro, i Neaera. (Leggi tutto)
Loudblast – “Manifesto”
Loudblast, la Storia.
Un moniker che evoca la magia della metà degli anni ottanta, quando le band dedite al metal estremo nascevano come funghi. Molte di esse sono nel frattempo sparite, sepolte dalle sabbie del tempo, ma alcune no. Sono quelle che hanno saputo via via rinnovarsi, spinte da un’enorme passione e da una magica alchimia fra i principali membri fondatori che, nonostante le storie di vita vissuta dei singoli musicisti abbia provveduto a falcidiarne le line-up, sono rimaste intatte per giungere al presente. Un presente che comprende trentacinque anni di esperienza, il che va considerato come un valore aggiunto, non sempre rinvenibile, non sempre scontato. Anzi. (Leggi tutto)
The Unguided – “Father Shadow”
The Unguided. Dieci anni di carriera, cinque full-length. Non male, per la compagine svedese formatasi nel 2010 e che, oggi, dà alle stampe “Father Shadow”. Il genere? In linea… generale non è un’informazione così importante poiché è chi ascolta, sulla base del proprio retroterra culturale, a tratteggiare la sagoma che rappresenta ciò che fa suo. Come sempre, però, c’è l’eccezione che conferma la regola. Guarda caso, quello dei Nostri. Sì, perché identificano una foggia moderna, finemente evoluta nonché altrettanto abilmente cesellata, del classico death metal melodico. “Father Shadow” è un lavoro che sprizza colori da tutti i solchi, e per questo va apprezzato: guardare in un caleidoscopio è sempre qualcosa che ha un po’ di magia. Del resto i The Unguided, c’è poco da discutere, sono davvero bravi e consistenti, ideali complemento per un veemente ascolto di un LP ricco di esplosive armonie. (Leggi tutto)