Heavy

Recensione libro: Bible of the Devil – The Essential Obscure Hard Rock Encyclopedia 1967 – 1980

Di Stefano Ricetti - 25 Agosto 2016 - 12:30
Recensione libro: Bible of the Devil – The Essential Obscure Hard Rock Encyclopedia 1967 – 1980

BIBLE OF THE DEVIL

The Essential Obscure Hard Rock Encyclopedia 1967 – 1980

di Alberto Bia

Selfproduced, 2015

Distribuzione: Black Widow Records

40 Euro

 

Talvolta capita di imbattersi in recensioni che utilizzano aggettivi mirabolanti quali “monumentale” con un po’ troppa generosità, tanto per usare un eufemismo. Nel caso di Bible of the Devil, The Essential Obscure Hard Rock Encyclopedia 1967 – 1980 la definizione è realmente meritata, vista la mole di lavoro che questo libro per l’appunto monumentale racchiude all’interno delle proprie oltre trecento pagine. Imponente pure il formato, 30 x 21 cm, più di un classico foglio A4, per rappresentare al meglio la storia dell’Hard Rock, così come dell’heavy metal, anche se non specificato nel titolo.

Nel radiografare in maniera certosina e con conoscenza diretta un’epopea musicale, al di là dei nomi storici e a quelli obbligatori, è incredibile come l’autore, Alberto Bia (Qui la sua intervista), abbia dato luce a formazioni sconosciute ai più, attraverso un’opera documentativa enorme, che ha abbracciato l’intero globo terracqueo, sondando nazioni e continenti che in prima istanza, superficialmente, pare non abbiano dato nulla alla causa ma che, in realtà sono stati fondamentali per poter costruire un perimetro artistico anche a quelle latitudini. Basti pensare ai sudafricani Freedom’s Children, ai Suck, ai boliviani Climax e ai giapponesi Nokemono.

Ovvio che poi, all’interno delle numerosissime schede esposte compaiano i giganti del genere: Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple, Motorhead, Uriah Heep, Judas Priest, tanto per citarne alcuni legati all’ala hard più intransigente, così come Saxon, Iron Maiden, Angel Witch, Heavy Load, Ted Nugent e una miriade di altri, fra quelli che furono allora definiti come i “nuovi” protagonisti della guerra dei watt. Il tricolore sventola alto per act di culto del calibro di Balletto di Bronzo, Biglietto per l’Inferno, Garybaldi, Rovescio della Medaglia, Spettri.  

Bible of the Devil è libro peculiare che va gustato pian piano, non necessariamente nell’ordine alfabetico con il quale vengono esaminate le varie band. E’ da intendersi come un viaggio per certi versi archeologico all’interno delle putride viscere rock – la critica benpensante era già in allerta allora, contro qualsiasi cosa facesse distorcere il suono di una chitarra – che diedero vita al firmamento musicale più fiero dal dopoguerra a oggi. Il volume griffato Alberto Bia si merita un continuo “batti e ribatti” fra lettura e ascolto: nel limite del possibile assaporando il profumo e il suono – insieme con i crepitii e i fruscii – dei vinili originali, così da poter dare forma estetica alle parole elargite dalle pagine del libro, distribuito e ordinabile sul sito della Black Widow Records di Genova, in edizione limitata a sole 222 copie. In alternativa ai vecchi 33 giri le possibilità ovviamente non mancano, spulciando un po’ sui canali tematici del web, per poter godere di taluni pezzi, anche se in modalità più prosaica e meno nobile, ma altrettanto efficace.

Scoprire che nella grigia Inghilterra degli anni Sessanta esistevano ben due gruppi con il moniker Iron Maiden prima che Steve Harris decidesse di “sacrificare” la propria creatura alla Vergine di Ferro nel 1975 dà la misura del grado di approfondimento raggiunto da Bible of the Devil. Altrettanto sfizioso è poi sfruculiare fra le varie pagine per scoprire quante band, divenute poi famose in ambito HM, abbiano “preso in prestito” nomi già esistenti e con una storia musicale alle spalle, qualche lustro prima di loro. Alcuni esempi: Warlord, Cinderella, Dragonfly, Drama, Epitaph, Excalibur, Fist, Jackal, Leviathan, Rhapsody, Possessed, Savage Grace, Sharks, Skid Row, Striker, Valhalla, Widowmaker e Zephyr.

Pur di concepire un’opera siffatta Alberto Bia s’è adoperato per sei lunghi anni e per leggerla bisogna sapersi ritagliare il tempo necessario, ma è fondamentale che alla fine di ogni scheda trattata resti un qualcosa atto a stimolare la voglia di ricercare, anche solo di capire e nella migliore delle ipotesi approfondire. Le prime facciate del volume sono dedicate a un excursus attraverso la storia del Rock, che non fa mai male rileggere, anche per coloro i quali pensano di “saperne sempre una in più del libro”, come si dice dalle mie parti. Appena dopo vi sono i consigli dell’autore a mo’ di guida per la fruizione. Oltre alle pagine scritte di tanto in tanto ve ne sono alcune dedicate a belle foto in linea con le band trattate, a colori quando disponibili nella loro veste primigenia, altrimenti in bianco e nero, ma sempre di qualità. Fra le tantissime, colpisce quella degli americani James Gang, immortalati su due chopper in una strada ricoperta di neve.

Il lavoro, la cui copertina è stata disegnata appositamente dal chitarrista/cantante Francesco dei Premarone, band doom kraut psichedelica del pavese, è altresì dispensatore di chicche – fra qualche evitabile refuso –  che spesso sono quelle che permettono a un volume di dare il colpo di reni definitivo per entrare nel profondo del cuore del lettore, cosa che Bible of the Devil riesce a fare con estrema naturalezza. In chiusura, apprezzabili le interviste a Dave Brock (Hawkwind), Dick Wagner (Alice Cooper, Lou Reed, Ursa Major, Frost), Edi Hirt (Electric Funeral), Mick Box (Uriah Heep), Peter French (Leaf Hound), Twink (Pink Fairies), Vic Vergeat (Toad) e Walter Rossi.

Chapeau, null’altro da aggiungere…           

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti              

 

 

Bible of the Devil   Alberto Bia   fronte cover