Doom

Agalloch (John Haughm)

Di Tiziano Marasco - 7 Maggio 2014 - 18:40
Agalloch (John Haughm)

Ciao e grazie per il tempo dedicato a TrueMetal. Quali sono le vostre impressioni ed aspettative riguardo a The Serpentine & The Sphere? A me, dopo i primi ascolti, è parso anche più arido ed aggressivo rispetto a Marrow of The Spirit. Come mai avete deciso di spogliare ulteriormente il vostro sound?

La pensi così? Credo che il nuovo album sia molto più scorrevole e fluido del precedente, ma non più aggressivo. Mi pare ci sia un unico blast beat in tutto il disco e la prima canzone è lentissima… sono album diversi, non si possono fare confronti.

Per The Serpent and the Sphere avete usato lo stesso metodo di registrazione analogico utilizzato su  Marrow of the Spirit?

Abbiamo registrato le tracce base (batteria, chitarra ritmica e basso) in analogico. Per il resto ci siamo affidati a Pro tools. Il nostro sound è troppo stratificato e complesso per lavorare solo in analogico. Una lezione che abbiamo imparato con Marrow of the Spirit.

Ancora, si nota la totale assenza del clean, anche in questo nuovo album. A cosa è dovuta la scelta?

Ci sono tante clean vocals quante ce n’erano sul primo disco. Nulla è cambiato, e l’ultima cosa di cui quest’album ha bisogno sono proprio delle voci pulite del cazzo.

Una parte dei vostri fan sostiene che con questo vostro corso avete perso gran parte delle vostre atmospere sognanti. Pure è vero che comunicate emozioni completamente diverse ora. Che tipo di sentimenti volete evocare in questo momento? Sono realmente diversi da quelli che volevate trasmettere nei lavori vecchi?

Marrow Of The Spirit era freddo, oscuro, effettivamente anche rabbioso. Questo il percorso che volevamo intraprendere quattro anni fa. The Serpent & The Sphere è molto più spaziale e arioso con grandi intrecci ed atmosfere profonde. Ciascuno dei nostri album è differente. Nulla si perde. Ma a volte scegliamo di lasciar da parte alcuni elementi estetici se non rientrano nella vision globale del nostro lavoro o dei nostri scopi. Anche per questo credo che il nuovo album sia molto più carico d’atmosfera di quanto The Mantle sia mai stato.

Leggendo i titoli e non cogliendo il growl, mi pare ci sia stato anche un cambio di tematiche. Mi sembra sia un disco cosmico, astrale. Mi sbaglio?

Non è così prosaica la questione. Volevo esplorare alcune tematiche metafisiche che mi hanno interessato per un po’ di tempo. Ho toccato questi argomenti in modo leggero già in “Marrow Of The Spirit” ma nel nuovo album li ho indagati davvero a fondo. In sostanza l’album parla di micro e macrocosmi, due specchi che si riflettono a vicenda. Da un lato penso a quanto le nostre vite siano così astronomicamente minute e patetiche innanzi alla vastità dello spazio e del tempo. Ma allo stesso modo dentro di noi esiste un vero e proprio microuniverso egualmente vasto e complesso. Queste sono le teorie e le idee che fan da base alle nuove canzoni. Direi che questo disco è un po’ come quando qualcuno, in piedi ai margini di una foresta, guarda le stelle e pondera su di esse.

The serpent & the sphere è un concept album?

Non in modo tradizionale, no. Ha un leitmotiv? Certo, ma tutti i nostri album lo hanno.

Menzionate tra le vostre influenze diversi gruppi neo folk come Current 93 e Death in June. Come avete scoperto questa musica?

Grazie ad alcune cassette a metà degli anni 90. Scoprii i Coil nel 1991 e così cominciai il mio viaggio tra le spire del Serpente del Mondo. C’erano tanti artisti black che adoravano il neo folk, in particolare adoravano i Death in June, quindi andai a vedere chi fossero.

Dall’altro lato, quale la vostra relazione con le leggende del metallo comeMaiden, Motorhead, Manowar etc.?

Sono un uomo di quasi quarant’anni, con quella musica son cresciuto. La prima musica che ho scoperto quando ho iniziato a esplorare il rock più duro, in particolare Iron Maiden, Judas Priest, e Motorhead. Invece i Manowar li ho sempre visti come una sorta di barzelletta (ti adoro! ndr).

Oggi si discorre molto sul futuro del metal. Le leggende di cui sopra son mature per la pensione – hanno quasi 70 anni. si dice che nessuno possa prenderne il posto. Voi che dite?

Per quanto mi riguarda, la loro musica migliore vivrà in eterno. Poco importa chi prenderà il loro posto. In giro c’è un mucchio di gruppi del cazzo, molto popolari, che potrebbero durare a lungo. Dubito però che possano divenire influenti. Alla fine, non mi importa. Ascolterò sempre “Somewhere In Time” e “Defenders Of The Faith”. E mi piaceranno sempre, proprio allo stesso modo in cui mi piacevano quando avevo 13 anni.

Data la vostra intensissima attività live, è inutile chiedervi se passerete dall’Italia, so che lo farete. Piuttosto vorrei sapere quali sono le differenze tra i tour in nordd america e quelli in Europa. E in particolare in Europa, se notate profonde differenze tra le nazioni.

Le differenze principali riguardano l’ospitalità. Di solito ci danno quello che chiediamo senza differenze tra i vari posti in cui suoniamo. In Nord America, la situazione cambia di regione in regione. Possiamo fare una data a Montreal davanti a gente che non si scompone e avere degli assatanati a Toronto due giorni dopo. Idem per gli Stati Uniti. Alle date europee si presenta gente che solitamente non verrebbe negli USA. Le differenze le noti nazione in nazione. Italiani, Romeni, Lituani, ed anche i Britannici seguono gli show con più trasporto rispetto a chiunque altro. I tedeschi sono più freddi, ma hanno una grandissima dedizione. Anche se suoniamo in città che distano un’ora di macchina l’una dall’altra, già prima di vedere il luogo sappiamo che a sera sarà straripante di gente. Dunque non posso lamentarmi, è sempre un piacere avere gente agli show, che sian scalmanati o raccolti.