I Mercoledì del Rock di Feltrinelli: King Crimson

Di - 12 Giugno 2003 - 16:34
I Mercoledì del Rock di Feltrinelli: King Crimson

Ieri, 11 giugno, da Feltrinelli a Napoli c’è stata la terza puntata de “I Mercoledì del Rock” (http://www.lafeltrinelli.it/Feltrinelli/FL_Article/0,1291,1739,00.html) con protagonisti i King Crimson e in generale tutto il Progressive, manifestazione quindicinale a cura di Alfredo D’Agnese. La serata si chiamava “L’Europa ‘progressiva’ e delle barricate”. Ci si chiedeva cosa c’entrassero le barricate! I King Crimson non sono mai stati un gruppo punk, nè facevano una musica politicamente impegnata. La cosa è stata chiarita: il buon Alfredo D’Agnese intendeva dire che gli anni del progressive furono quelli in cui c’erano artisti e gruppi che con la propria musica si opponevano a certe idee, ovvero proponevano una visione diversa della vita e della società. C’erano gli artisti impegnati politicamente (ed ecco le “barricate” del titolo), e poi c’erano quelli che combattevano una battaglia a livello artistico proponendo una musica che non fosse semplicemente un giocattolino per far ballare gli adolescenti (“che non fosse blues, rock’n’roll o addirittura hard rock”), ma un qualcosa “da professionisti”, orientato alla ricerca, alla tecnica, alla sperimentazione, piuttosto che all’intrattenimento. Questa era la barricata eretta dai King Crimson, e questo fu il modo, secondo le parole di Alessandro Staiti, con cui i Crimson cambiarono il mondo: “non attraverso la politica, nè attraverso pompose affermazioni pretenziose. […] Raffinando la sensibilità artistica ed estetica nei propri ascoltatori, proponendo valori positivi piuttosto che sterile protesta”. Si sviluppò infatti, a partire dall’opera dei KC, un intero movimento, che fu quello dominante nei primi anni ’70, inteso a fare del rock una musica “colta”. Nacque col progressive la contrapposizione fra un rock “da intrattenimento”, esclusivamente divertente, e un rock che era “bello” in un senso più completo del termine.
Sarebbe sterile raccontare tutto quanto si è detto (storia dei kc, del progressive in generale, e fatti personali del curatore riguardanti il progressive!!) e si è visto (filmati dei nostri, di Yes e ELP) durante la serata, per cui divaghiamo: è stato distribuito un fascicoletto firmato da Alessandro Staiti (che doveva essere presente, ma è stato trattenuto da chissà che), autore di due libri riguardanti i King Crimson (il primo dei quali “King Crimson e Robert Fripp” del 1982, Staiti vanta essere stato il primo al mondo sui KC). Mi piacerebbe perciò trarre alcuni spunti da ciò che Staiti scrive, per aprire una serie di discussioni sull’argomento.

Iniziamo con le polemiche! Staiti scrive:
“I KC sono stati forse l’unica band della generazione dell’art-rock ad essere continuamente influente ed innovativa lungo tutto l’arco della sua carriera. Aggiungerei, fino al Doppio Trio. […] Non vedo, ad oggi, nessuna innovazione nella musica di ‘The Power to Believe”, se non una pedissequa autoreferenzialità che si esalta nella complicazione del linguaggio e del vocabolario musicale.”
e poi ancora:
“Ascoltando ‘The Construkction of Light’, il mediocre ‘Happy With What You Have to Be Happy With’ e infine il recentissimo ‘The Power to Believe’ la differenza con il passato prossimo è evidente: il tocco di colore di Bruford era essenziale per smorzare l’accento fortemente industriale delle percussioni elettroniche di Mastelotto e poi Levin… come non sentire la mancanza di un maestro delle sonorità più profonde, incisive e sinuose che la storia delbasso possa ricordare? Spiace constatarlo, ma – almeno per chi scrive – la magia dei Crimso è ormai definitivamente un ricordo del passato. E non è un caso che il contemporaneo ascolto del primo cd della 21st Century Schizoid Band faccia improvvisamente tornare alla memoria l’originale forza propulsivadella band, intrisa di sonorità jazz e di grande poesia.”

Tornando alla 21st Century Schizoid Band
“Questa reunion ripropone un’antica discussione intorno all’essenza e alla forza dei King Crimson e sicuramente illumina di una luce differente il successivo operato di Robert Fripp. Che direzione avrebbe preso la band se McDonald e Giles non avessero defezionato? Il loro peso artistico appare finalmente oggi molto più importante di quanto si potesse supporre.

E infine un aneddoto meraviglioso! A parlare è Al Stewart, che ha studiato chitarra da Fripp, senza mai imparare nulla:
“Fripp era solito dirmi cose del tipo: ‘Oggi suoneremo un accordo di tredicesima con il barrè, con una nona diminuita e una quarta leggermente aumentata’. Il che significava pretendere che tu avessi il polso fratturato per poter suonare una cosa del genere. E poi aggiungeva: ‘Credo che ti accorgerai che tu puoi allungare le dita fino all’ottavo spazio, se ci provi, mentre io, naturalmente, posso arrivare al dodicesimo’. E pensare che quando Robert mi diceva queste cose senza senso era soltanto quindicenne! Non ho mai adoperato in vita mia un solo accordo che Fripp mi ha insegnato”.

Pietro