Heavy

Intervista Cirith Ungol (Robert Garven)

Di Orso Comellini - 15 Maggio 2020 - 11:40
Intervista Cirith Ungol (Robert Garven)

Ben 29 anni di attesa, ma i Cirith Ungol l’hanno ampiamente ripagata con un ispirato album di granito Heavy Metal come “Forever Black”. L’occasione era troppo ghiotta per non approfittare di un disponibilissimo Robert Garven, con il quale abbiamo fatto un lungo excursus tra presente e passato della band e, tra le altre cose, abbiamo scoperto infine anche una sua grande passione legata proprio al Bel Paese. Per cui mettetevi comodi e buona lettura!

Follow this link for the English versionhttps://www.truemetal.it/heavy-metal-news/cirith-ungol-interview-robert-garven-1017675

Intervista a cura di Orso Comellini, traduzione a cura di Orso Comellini e Davide Sciaky

 

 

Benvenuto su TrueMetal.it e grazie per averci concesso un po’ del vostro tempo

Prego, figurati. Grazie per il vostro interesse nei confronti dei Cirith Ungol e per tutte le menzioni nel corso degli anni!

 

Sembrava proprio che i Cirith Ungol dovessero rimanere inattivi dopo il 1992, ma a volte i sogni diventano realtà e nel giro di pochi mesi avete pubblicato il colossale “I’m Alive” e il lungo atteso full-length “Forever Black”. Come hanno reagito i vostri fan sparsi per il mondo al vostro ritorno?

La band era come assopita, ma adesso si è risvegliata (cita il testo di “Legions Arise”, ndr)! Le reazioni della comunità Heavy Metal mondiale sono state straordinariamente positive, sia ai nostri rari show, che ad ogni nuova uscita!

 

Parliamo ora di “Forever Black”, un album davvero solido e ispirato. A mio parere più di quanto potessimo sognare. “Legions Arise” mi ha fatto balzare dalla sedia. Stormbringer, Nightmare, Before Tomorrow, non c’è una singola nota meno ispirata. Qual è il vostro segreto?

Il segreto è di non arrendersi mai e di perseguire sempre quello in cui credi. “Witch’s Game” e “Forever Black” sono le nostre offerte all’altare di pietra del Vero Metallo, affinché tutti possano abbeverarsene!

 

Chi è o chi sono i principali compositori e come avviene il processo compositivo? Vi siete ritrovati tutti insieme nella vostra sala prove oppure vi siete mandati i file digitali tra membri della band come molti gruppi fanno oggigiorno?

Le canzoni sono state composto nella stessa maniera cui eravamo abituati prima di scioglierci. Il nostro modo di forgiare una canzone è identica al modo in cui un mastro fabbro crea un’eroica spada da battaglia, mischiando le corrette leghe per renderla più forte e vera. Poi si passa a martellare questi elementi di metallo fuso, per aggiungere forza e carattere, infine si stempera nel sangue degli impuniti! A lavoro completato ci ritroviamo tutti con le mani insanguinate, i cuori anneriti e le anime bruciate!

 

Qual è il significato del titolo dell’album?

“Forever Black” definisce l’atmosfera dell’album e descrive la discesa nell’oscurità che ci avvolge e ci viene incontro. La nostra musica evoca il lato più oscuro dell’eterna lotta dell’uomo. “A Churning Maelstrom of Metal Chaos Descending!”

 

Come al solito avete usato un dipinto di Michael Whelan per la copertina. Com’è iniziata la collaborazione? Anche lui è un fan dei Cirith Ungol?

Questo fantastico dipinto che abbiamo scelto per la copertina, “Elric in Exile”, riflette perfettamente l’atmosfera oscura e meditabonda dell’album. Sì, è opera di Michael Whelan, la cui arte adorna anche gli altri 4 album, il singolo di “Witch’s Game” e il Live Album “I’m Alive”. Lui è un rinomato artista di fama mondiale, i cui capolavori hanno impreziosito le copertine di band come Sepultura e Smoulder, oltre che autori come Ray Bradbury, Michael Moorcock, Isaac Asimov, Stephen King, and Arthur C Clarke.

Fin da quando abbiamo instaurato un rapporto con lui per il nostro primo album, “Frost & Fire”, il nostro sogno è sempre stato quello di continuare a usare la sua serie di Elric di Melnibonè dipinta per l’edizione DAW Book dei libri usciti negli Ottanta, per tutti gli album a venire. Ovviamente all’epoca eravamo una giovane band e non avevamo idea di cosa ci riservasse il futuro o quanti album avremmo prodotto. Ancora una volta, siamo onorati ed è un privilegio poter vantare la collaborazione con questo artista di gran fama per il nostro nuovo album e speriamo di poter continuare a così per ogni progetto futuro! Nel corso degli anni lui è sempre stato uno dei migliori e più stabili amici del gruppo. Ci è perfino venuto a vedere suonare a Brooklyn, New York, per il “Defenders of the Old” festival!

 

 

Mentre pensavo a cosa scrivere sulla recensione, mi sono appuntato il fatto di aver apprezzato molto la breve lunghezza del disco. Nove canzoni sono sufficienti a mio parere. Siamo vicini alla perfezione. Sfortunatamente oggigiorno troppe band (oppure dovrei dire le loro label) compongono dischi fin troppo lunghi e il risultato è che alla fine ci ritrovi dentro svariati filler…

In realtà siamo stati costretti a limitarne la durata, perché il formato dominante è di nuovo l’LP da 12 pollici e ci si può mettere solo una certa quantità di musica senza che si deteriori la qualità del suono. Inoltre volevamo pubblicare un album che fosse il successore di “Paradise Lost” a tutti gli effetti, in linea con la nostra storia. Avevamo lasciato degli affari in sospeso!

 

Per quanto riguarda Jarvis Leatherby, quanto è stato importante per il vostro ritorno?

Jarvis Leatherby, che è attualmente il nostro bassista e manager, ha giocato un ruolo centrale affinché il gruppo si riformasse. Abbiamo un comune amico, Carl Valdez, batterista di una famosa band punk locale, gli Ill Repute, il quale mi disse che Jarvis voleva incontrarmi per parlare dei Cirith Ungol. Ci siamo incontrati e rimasi affascinato dai suoi racconti dei tour con i Night Demon. Avevano incontrato un sacco di persone che mostravano interesse per i Cirith Ungol, specie nel vecchio continente [in Europa], e mi suggerì di far resuscitare la band. Jarvis stava mettendo su un festival metal proprio nella nostra città natale, Ventura in California, il “Frost & Fire Festival I” al quale avrebbero partecipato diverse band da tutto il mondo. Ci propose di fare una sessione di autografi, alla quale parteciparono tutti i membri originali (eccetto Jerry Fogle, tragicamente scomparso nel 1998). Il festival fu un successone e nel corso delle signing session in molti si presentarono con album e memorabilia da far autografare. Era come se una nuova generazione di aficionados del metal avesse scoperto la musica su cui avevamo lavorato così duramente, per tanti anni.

Jarvis aveva invitato anche Oliver Weinsheimer del “Keep It True Festival” e dopo la sessione ci disse che voleva parlare alla band in separata sede.  Così, insieme a Jarvis, ci siamo ritirati dall’altra parte della strada in un bar del luogo. Con Oliver ero già in contatto dal 2004 quando mi propose di rimettere insieme la band. Gli dissi che apprezzavo l’offerta, ma che non sarebbe mai successo. Comunque, eccoci qua tutti assieme, Jarvis, Oliver, Greg, Tim, Flint, Jimmy ed io, tutti attorno allo stesso tavolo a domandarci quale potesse accadere nel prossimo futuro. Jarvis, che aveva appena organizzato un meraviglioso festival, disse che ne stava progettando un altro per il prossimo anno, il “Frost & Fire II”. Ci chiese , nel caso ci fossimo riformati e fossimo interessati, di fare da headliner. Pure Oliver ci raccontò quanto successo avesse il suo festival in Germania e che se ci fossimo riformati, avremmo potuto suonare da headliner nell’edizione del ventennale nel 2017!

Era una cosa su cui dovevamo riflettere un po’, perché tutti noi avevamo trascorso gli ultimi anni a portare avanti le nostre vite e rimettere in piedi la band ci appariva come un azzardo. Eravamo un po’ titubanti all’inizio, ma nel profondo della nostra anima il Vero Metallo bruciava ancora e alla fine decidemmo tutti insieme di sguinzagliare la creatura una volta chiamata Ungol verso il mondo ignaro!

 

Perché Michael “Flint” Vujea non si è riunito alla band?

Il piano originale comprendeva anche Flint e ovviamente era presente anche lui al concerto del “Frost & Fire II” e all’incontro con i fan. Purtroppo, però, divenne subito chiaro che vivendo così lontano, per lui, la logistica degli spostamenti era un problema insormontabile. È stata una grande delusione per tutti noi, ma avevamo la necessità di comunicare e suonare in tempo reale. Siamo ancora buoni amici e ci sentiamo molto spesso.

 

Perché avete scelto di suonare con due chitarre?

Poco prima di pubblicare “Frost & Fire” nel 1981, Flint si unì alla band. Anche se appare sulla foto dell’album, il basso lo suonò Greg sull’album. Poi quando entrò Flint per un periodo abbiamo suonato con i due chitarristi solisti: Greg e Jerry. Questo ci permise di suonare composizioni più intricate dal vivo, come armonizzazioni ecc. Dopo “One Foot In Hell” imbarcammo Jim Barraza per affiancarlo al nostro fedele chitarrista Jerry Fogle, con lo stesso principio. Per sfortuna Jerry lasciò la band poco dopo, per cui tornammo alla formazione con un chitarrista. Per cui, anche se la band è esistita per tanti anni con una sola chitarra, non è la prima volta nella storia del gruppo che suoniamo con due solisti.

 

Sono passati più di venti anni dalla scomparsa di Jerry Fogle, quali sono i tuoi ricordi di quando suonavate assieme?

Era un chitarrista straordinario, con un talento unico: quello di riuscire a far cantare la sua chitarra. Era un uomo quieto e un animo gentile, con enormi doti naturali e la passione per la musica Heavy.

Anche Jimmy è un musicista molto abile ed ha gran rispetto per il talento di Jerry e il suo lavoro passato. Un nostro fan aveva acquistato la collana di ossa di Jerry, che avevamo realizzato in passato per la band, e l’ha donata a lui. Adesso lui la indossa sempre sul palco ed è come se incanalasse in lui lo spirito di Jerry. È quasi surreale.

 

 

Per quanto riguarda “Witch’s Game”? E come mai l’avete lasciata fuori dall’album?

L’idea di “Witch’s Game” è venuta fuori quando Tim ha trovato menzionato su internet il film “The Planet of Doom”. Jarvis decise di contattare i produttori, dato che avevamo una canzone, “Doomed Planet”, sull’album “One Foot In Hell”. Il film è una storia unica divisa in 15 capitoli, ciascuno interpretato da un differente artista e un gruppo musicale. Gli artisti sul nostro capitolo sono Andrei Bouzikov e Joel Abad. È un lungometraggio animato in cui l’eroe, Halvar il coraggioso, cerca vendetta a bordo di un chopper creato da una strega, viaggiando attraverso un paesaggio psichedelico nel tentativo di sconfiggere la bestia mortale Mördvél , rea dell’uccisione della sua amata sposa. Il direttore artistico e produttore David Paul Seymour e l’animatore e regista Tim Granda erano fan di lunga data della band e avevano intenzione di usare “Doomed Planet” nei titoli di coda del film. Fortunatamente per noi, una delle band coinvolte ha dovuto chiamarsi fuori, per cui ci venne offerta la possibilità di comporre un pezzo inedito da inserire all’interno del film. Per cui, “Witch’s Game” è stata scritta per un capitolo preciso del film nel quale Halvar entra in una caverna e incontra una strega che gli legge i suoi tarocchi. Nel corso della lettura l’eroe compie un viaggio attraverso di esse, con alcune esperienze piuttosto psichedeliche! Siamo tutti molto eccitati di prendere parte a questo progetto, anche perché non avevamo mai partecipato alla colonna sonora di alcun film prima d’ora. Per cui stiamo aspettando impazientemente l’uscita, che avverrà nel corso del 2021. Online potete seguirne i progressi.

Invece, “Forever Black” è un album interamente di materiale inedito e quello che volevamo era che fosse il degno successore dei nostri album da studio. Ecco perché non l’abbiamo inserita sul disco, così come “Brutish Manchild”. Volevamo che l’album fosse un monumento in grado da solo di stare in piedi con fierezza!

 

Adesso mi piacerebbe molto spendere alcune domande sulla prima parte della vostra carriera. Siete partiti chiamandovi Titanic, prima di cambiare in Cirith Ungol. Ilcambiamento ha segnato anche l’ingresso di Tim Baker, che prima era uno dei vostri roadie, giusto?

Beh, all’epoca eravamo tutti roadie! Tim era più un tecnico del suono, che si occupava del missaggio durante i concerti. Diciamo che appena lo abbiamo sentito cantare era ovvio che la nostra sorte si dovesse legare a doppio filo con i suoi gemiti demoniaci!

 

Dopodiché avete dato vita alla Liquid Flame Records e avete pubblicato il vostro debutto “Frost And Fire”. Qualcuno ha detto che si tratta di una sorta di risposta alla NWOBHM. A mio parere è stato più una risposta a gruppi come Grand Funk Railroad, Mountain or Sir Lord Baltimore… Solo più Heavy.

Penso che tu abbia ragione. Sono in molti a considerarci parte della NWOBHM, esplosa sul finire degli anni Settanta. Anche se a noi piacevano molte di quelle band e il nostro disco è uscito nel 1981, noi eravamo e siamo sempre stati influenzati da quella cui riteniamo di far parte: l’ondata originale del Metal.

Dopo anni passati a provare ad attirare le attenzioni dell’industria musicale di Los Angeles, abbiamo deciso di smettere di aspettare e di creare la madre di tutti i nostri demo, che poi si è trasformata nel nostro “Frost & Fire”. Doveva essere un’offerta raffinata come qualsiasi altra pubblicata dalle principali etichette. Il nostro obiettivo era quello di ottenere passaggi radiofonici, cosa al tempo essenziale, e in quest’ottica decidemmo di metterci dentro quelle che consideravamo le nostre canzoni più accessibili da un punto di vista commerciale. Lo registrammo presso i Goldmine Studios di Ventura, California, e subito dopo facemmo armi e bagagli e ci trasferimmo in una sala musicale che era una sorta di tana lì vicino, dove avremmo continuato a risiedere fino al 1991.

 

Assieme ai Manilla Road siete indicati come gli inventori dell’Epic Metal, tuttavia il vostro stile è piuttosto differente da quello di Heavy Load, Warlord, Manowar, Virgin Steel. Il vostro stile è più oscuro e ruvido, sei d’accordo?

È difficile da credere, ma al tempo non avevamo mai sentito o eravamo a conoscenza di quelle band a eccezione dei Manowar. Le abbiamo scoperte solo alcuni anni più tardi. Anche se siamo giustamente raggruppati con molte di quelle band, il nostro stile unico di heavy metal è decisamente tutta farina del nostro sacco e si basa sulla nostra visione del metal più pesante che l’uomo conosca!

 

Nel corso degli anni, poi i Manilla Road hanno esplorato territori più vicini al Thrash (“The Deluge”, “Mystification” e ovviamente “Out Of The Abyss”), mentre voi avete scelto un percorso più sabbattiano/doom.

Penso che ai tempi in cui abbiamo pubblicato “Frost & Fire” e sicuramente dopo “King of the Dead”, abbiamo inquadrato il nostro percorso in una direzione più oscura e decidemmo di suonare il metallo più pesante che potessimo produrre. Quello era il nostro obiettivo, la nostra visione. Il sentiero tracciato davanti a noi! Molti recensori hanno paragonato la nostra musica a quella dei Black Sabbath. Io non ci vedo tutta questa somiglianza, ma è certamente un onore essere paragonati a una delle mie band preferite di tutti i tempi! Li vidi suonare all’Hollywood Bowl in compagnia di Captain Beyond e Gentle Giant. Venni smosso fisicamente dalla loro abilità di usare la loro pesantezza per trasformare il pubblico a colpi di frusta in una frenesia pulsante. È sempre stato anche il nostro obiettivo, ma in quello loro erano i maestri!

 

 

Tre anni dopo avete firmato per Enigma ma qualcuno ha scritto che avete dovuto auto finanziarvi per “King of the Dead”. Ad ogni modo per me quello è il vostro miglior disco di sempre. “Master of the Pit”, “King of the Dead”, “Finger of Scorn” e “Cirith Ungol”… Quella è perfezione!

Furono i miei genitori a prestarmi i soldi per le registrazioni, che poi ho restituito. La band aveva il completo controllo su ogni singolo aspetto dell’album. Sicuramente un risultato straordinario, di cui siamo orgogliosi! Penso che rispetto a molti degli album di maggior successo dell’epoca, “King of the Dead” sia molto più Heavy!

 

Non è un mistero il perché Metal Blade Records abbia deciso di mettervi sotto contratto… Poi fu il turno di “One Foot In Hell”, probabilmente il vostro album più maturo e oscuro.

Quello era un album potentissimo e contiene alcuni dei miei brani preferiti, come “Blood & Iron” e “Chaos Descends”! Era oscuro e aveva diverso materiale doomeggiante, tipo “Doomed Planet”! Non so bene come mai non siamo rimasti con Metal Blade Records, ma probabilmente quello è stato uno dei più grandi errori della band, al tempo. Adesso siamo fieri di essere tornati nel posto in cui ci sentiamo di appartenere.

 

Come mai c’è voluto così tanto per il quarto album? Cinque anni, giusto? Cosa è successo nel frattempo e come mai la band poi si è sciolta?

La ragione per cui è sempre intercorso un periodo più esteso tra i nostri album, sono sempre state semplici situazioni che andavano oltre il nostro controllo, che non avevano nulla a che vedere con le uscite musicali del gruppo. Subito dopo la pubblicazione di ogni album, avevamo già composto il lavoro successivo e i demo pronti. Ciò che ci ha ostacolato in molti casi sono stati altri fattori, come il dover raccogliere fondi per il progetto successivo (“King of the Dead”), cercare di ottenere la firma con una nuova casa discografica (“One Foot in Hell”) e di nuovo la ricerca di una casa discografica e poi l’attesa che vengano approvati i tempi per le registrazioni (“Paradise Lost”).

 

Parlando dei testi (così come delle copertine), cosa vi ha spinto ad usare Elric come tema dominante? Così come Milton, Tolkien, Howard (e la letteratura Sword & Sorcery in generale)…

Greg ed io ci incontrammo durante una lezione di letteratura, nella quale ci fu assegnato di leggere Il Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. Avevamo circa 13 anni e la cosa ha avuto un’influenza importante su di noi al tempo e ci ha anche spinto a intraprendere un viaggio alla scoperta della letteratura “Sword and Sorcery”. Mentre lavoravamo a “Frost And Fire” e cercavamo una copertina per l’album, Greg mi prestò la sua copia di “Stormbringer” per leggerla e quella del libro ci sembrò la miglior copertina per un album di tutti i tempi! Contattai l’editore del libro, il quale mi mise in contatto con Michael Whelan e il resto è storia!

 

Qual è la tua opinione sul Covid-19? E com’è la situazione negli States?

È un incubo orribile, non sono sicuro dove ci stia portando tutto ciò, ma è ironico che buona parte dei nostri testi siano focalizzati su tematiche come la caduta dell’umanità. Abbiamo dei buoni amici nel nord dell’Italia e so che molti hanno sofferto anche lì. Speriamo solo di uscirne tutti vivi. Di venirne fuori più forti dall’altro lato…

 

Quando pensi che le band potranno ricominciare a suonare concerti? Avete pianificato qualcosa in Europa, magari in Italia?

Lascio questa decisione agli scienziati e ai medici professionisti. Avevamo diversi concerti in programma in giro per il mondo, diversi in Europa e sono stati tutti cancellati o riprogrammati.

Sarebbe il mio sogno personale visitare e suonare in Italia. Sono nato lo stesso giorno in cui è morto Dino Ferrari nel 1956 e per tutta la mia vita ho sempre coltivato la passione per tutto ciò che riguarda la Ferrari. Grosso modo nello stesso periodo in cui la band stava nascendo, scrissi una lettera a Enzo Ferrari e lui mi rispose mandandomi anche una foto autografata. Il mio sogno se la band fosse diventata grande, era quello di avere una collezione di Ferrari classiche. Sono stato abbastanza fortunato da prendermi due classiche Dino Ferrari, sulle quali ho lavorato personalmente, per cui la mia missione non è stata un completo fallimento, anche se ancora sono in attesa di avere una GTO! Quindi, per me, visitare l’Italia sarebbe come una sorta di ritorno spirituale.

 

Grazie, davvero.

Grazie a te per le tue domande ragionate. Spero che presto, un giorno, sarò lì in piedi a stringerti la mano prima di prepararmi a salire sul palco per condividere il nostro marchio unico di metallo con i fratelli e le sorelle italiane. Fino ad allora mantenete viva la fede e mantenetela Heavy!!!

 

In questo articolo