AOR Hard Rock

Intervista Radioactive (Tommy Denander)

Di Fabio Vellata - 22 Marzo 2022 - 8:00
Intervista Radioactive (Tommy Denander)

Tentacolare, onnipresente, iperattivo. Tommy Denander è uno di quei musicisti che potrebbero raccontare la storia del rock degli ultimi quarant’anni avendola vissuta in prima persona.
In occasione dell’uscita del nuovo capitolo dei suoi Radioactive, abbiamo avuto l’occasione di incontrarlo e di scoprire quanto alla base della sua infinita creatività, esista una solida ed incrollabile passione per la musica.

 

 

 

Intervista a cura di Fabio Vellata con la collaborazione di Francesco Maraglino

 

Ciao Tommy, sono passati quasi sette anni dall’ultimo full-length targato Radioactive. Vuoi raccontare ai lettori di TrueMetal cosa hai fatto negli ultimi tempi e come sei giunto al nuovissimo “X.X.X.”?

Ciao!
Sette anni passano in fretta per i Radioactive!!!
Sono stato estremamente impegnato con gli album di grandi artisti come Alice Cooper, Hollywood Vampires, Deep Purple, Anastacia, Steve Walsh, Robert Hart, Clif Magness, Robbie LaBlanc, Jerome Mazza…
Scrivo, produco e registro continuamente anche per tanti altri stili musicali. Il pubblico pop spesso non conosce la roba rock e viceversa. Così può sembrare che sia rimasto fermo, ma in realtà non è così!

Cosa mi dici al riguardo dell’accordo con Frontiers Music?

Il motivo per cui ho inciso un nuovo album dei Radioactive chiamato “X.X.X.” è proprio dovuto a Frontiers.
Nel lontano 2001, dopo aver pubblicato il primo cd, ho ricevuto un’offerta per firmare con Frontiers, ma MTM aveva l’opzione per un altro disco quindi non è mai accaduto nulla.
Poi l’anno scorso ho ricevuto una nuova proposta, molto seria, per fare quattro nuovi album nei prossimi otto anni, più ripubblicare i miei primi quattro in digitale con Frontiers. Mi è sembrato il momento perfetto per sfoderare nuovamente il nome Radioactive.

“X.X.X.” è, ancora una volta, un ottimo lavoro. I tuoi precedenti album erano particolarmente incentrati sull’AOR / rock melodico arricchito da sonorità in “stile Toto”. Toto. “X.X.X.” sembra, invece, spingere in alcuni brani l’acceleratore su suoni più hard (talora persino con un flavour hard blues), e su un sound moderno ed aggressivo. A che cosa è dovuto questo parziale cambiamento?

Di solito non voglio mai che un nuovo album suoni come nessuno di quelli che ho fatto prima.
Ho esordito con i Radioactive nel 1991 e quando ho registrato il primo pezzo avevo i TOTO come band di supporto.
All’epoca avevo solo 23 anni e ora ne ho 54, quindi ho 31 anni in più di conoscenza, esperienza, vita… e anche uno studio molto migliore.
Ho fatto centinaia dei più tradizionali album in stile AOR e Westcoast nel corso degli anni: amo quella musica nonostante alcune persone pensino che abbia smesso di farla perché non mi piace più!
La verità è che ovviamente la adoro, ma è una piccola scena e i miei obiettivi nella vita vanno verso stili e livelli molto più grandi, motivo per cui ho deciso che non suonerò mai più AOR come mia principale fonte di reddito. Ed ha funzionato alla grande…
Aggiungi poi che negli ultimi dieci / unidici anni il leggendario Mutt Lange è diventato un caro amico e per molti versi anche una specie di mentore.
Attraverso il lavoro che abbiamo fatto su vari album, scrivendo canzoni, producendo, arrangiando, sono cambiato molto nelle mie conoscenze e gusti.
Ci sono un milione di cd tipicamente AOR in costante uscita: molti sono davvero buoni, ma personalmente penso che il mercato sia troppo piccolo per così tanti prodotti che suonano allo stesso modo. Insomma volevo fare un disco che non suonasse come tutti gli altri, magari più simile ai primi Def Leppard, AC/DC, con un po’ di Van Halen e alcuni dei miei gusti.
Significa meno tastiere che rendono il suono un po’ più pesante ma anche con una produzione maggiore e più dinamica.

Proprio parlando di Mutt Lange, nonostante sia in pensione da un po’ ti ha comunque scritto anche due canzoni: Move It e I Have A Dream…. Ci racconti di più sul vostro sodalizio di cui mi accennavi poco fa?

L’ho incontrato qui a Stoccolma una decina di anni fa e ho finito per suonare tutte le chitarre in un album che stava realizzando insieme a un mio amico.
Ci siamo subito intesi e siamo diventati ottimi amici. Nel corso degli anni abbiamo lavorato a molti cd tra cui cose che usciranno presto ma di cui non posso ancora parlare…
Negli ultimi quattro anni abbiamo iniziato a scrivere molto insieme per un progetto speciale: quando ho iniziato a lavorare al mio nuovo disco gli ho suonato un paio di canzoni che gli sono piaciute molto, così mi ha aiutato a finirle meglio ed ha aggiunto anche alcuni cori.
È di gran lunga il più grande produttore, arrangiatore e cantautore dei tempi moderni: il suo lavoro sarà riconosciuto come tale anche tra 100 anni.
Non potrò mai ringraziarlo abbastanza per tutto quello che so ora grazie a lui. Ma più di ogni altra cosa apprezzo davvero la nostra amicizia perché non ha praticamente nulla a che fare con la musica.

Anche questa volta ti sei circondato di svariati eccellenti vocalist (Robin McAuley, Robbie LaBlanc, Jerome Mazza, Clif Magness, Christian Ingebrigtsen, Daniel Byrne). Come hai scelto ciascuno di loro e qual è stato l’approccio? Hai scelto il cantante scegliendo quello che più ritenevi potesse valorizzare la canzone da te scritta o, viceversa, hai scritto qualche composizione dell’album pensando a chi l’avrebbe cantata?

Sono stato estremamente fortunato ad avere così tanti dei più grandi cantanti nei miei album: Bobby Kimball, Fergie Frederiksen, Joseph Williams, Jimi Jamison, Steve Augeri, Fee Waybill, Robin Beck, Steve Walsh e innumerevoli altri .
Per ogni album si tratta prima di tutto di inquadrarne lo stile, dal momento che gli interpreti devono adattarsi alle canzoni. Dopodiché di solito faccio un elenco di chi è possibile contattare: spesso è un mix di persone per cui ho lavorato e in cambio ha accettato di cantare nel mio album, scambiando il favore. Infine cerco di sceglierli in modo che si adattino tra di loro per non far sembrare la tracklist come una strana compilation, ahaha!
In questo disco si adattavano tutti perfettamente e secondo me il risultato è un lavoro fantastico. Nei prossimi ho intenzione di usare due o forse tre cantanti al massimo, proprio per farli apparire ancor di più come il prodotto di una vera band.

Quali canzoni del nuovo album ti danno più soddisfazioni al momento? A noi piacciono molto, per esempio, Move It (con Robin McAuley dietro il microfono) col suo stile molto teso e dalle sfumature hard blues, e, di contro, Written In The Scars, ballata carica di classe e feeling. E ancora Youman Unkind (con Robbie LaBlanc) col suo class metal veloce e trascinante e la tua chitarra davvero esplosiva…

Sono convinto che questo album sia il pacchetto di brani più forte della mia carriera.
La più solida raccolta di canzoni, la migliore produzione, le performance più convincenti. Non c’è un pezzo che non amo, altrimenti non sarebbe stato nell’album. Nonostante questo, “X.X.X.” contiene la canzone più significativa che ho scritto in vita mia, con un messaggio molto importante: “Written In The Scars”.
Un anno fa, la mamma della mia ragazza è morta e nelle due settimane successive abbiamo perso altri tre amici molto stretti.
Durante tutto quel dolore ho scritto questa canzone che parla di come dovremmo incidere un nuovo capitolo della nostra vita dopo aver appena perso la persona che era magari la più importante… proprio nel momento in cui la tua anima è piena di profonde cicatrici.
Penso a questo nuovo lavoro – così come la maggior parte degli album che realizzo – come un film che deve raccontare una storia completa e portarti attraverso tutte le emozioni importanti, in modo da non fermarsi e diventare noioso.
Ogni canzone è un capitolo importante dell’intera narrazione.

Sono passati trent’anni dall’esordio del progetto Radioactive, grazie al quale hai incontrato tanti cantanti celebri in ambito AOR e dintorni. Nella tua carriera hai anche avuto modo di suonare con gente del calibro di Paul Stanley ed Alice Cooper. Come ti senti a ripensarci?

Sinceramente guardo indietro agli ultimi quarant’anni di lavoro a tempo pieno nella musica e sorrido, scuotendo la testa quasi ogni giorno…
Qui nel mio studio ci sono circa sessanta o settanta album d’oro. Di platino alle pareti e ne ho anche altri quaranta / cinquanta.
Sono di Deep Purple, Alice Cooper, Paul Stanley, Ricky Martin, Anastacia e così via… solo leggende immense.
I miei più grandi idoli da bambino durante gli anni settanta erano KISS, Alice Cooper, Deep Purple, Van Halen e Toto: ho lavorato con tutti loro e sono persino riuscito suonare con il più grande di tutti, Eddie Van Halen…
Chi immaginava che la vita arebbe stata così sorprendente!
La mia intera vita da chitarrista è iniziata nel 1975 quando avevo sette anni ed ho visto un grande poster dei KISS nella vetrina di un negozio di dischi. E pensa che proprio in questo momento sono coinvolto nella realizzazione del nuovo album di Ace Frehley: il cerchio che si chiude! Ovviamente l’ho raccontato anche a lui!
Ho coprodotto e scritto due album per Alice Cooper che sono diventati ​​numero uno delle classifiche di Billboard, ho suonato con Billy Gibbons nella mia canzone su “Paranormal” e con Jeff Beck, Joe Perry e Johnny Depp nel pezzo che ho scritto per il disco degli Hollywood Vampires .
La vita è un viaggio davvero incredibile anche se non c’è mai nulla di scontato!

Hai qualche racconto per i lettori di TrueMetal sul lavoro svolto con loro?

Ho fatto circa sei album con Alice Cooper sino ad ora, a cominciare dalla traccia di apertura di “Welcome 2 My Nightmare”, grazie al mio caro amico Desmond Child che ha convinto il leggendario Bob Ezrin a farmi collaborare.
Sono stato un grande fan di Alice e Bob dal 1975 e la cosa più bella è che già metà degli anni ottanta c’era un solo artista per il quale continuavo a dire che un giorno avrei scritto ed era Alice!
Alice è un essere umano davvero speciale, così gentile e con i piedi per terra nonostante sia una delle più grandi leggende di sempre: sarò per sempre grato di tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme.
Potrei scrivere cinque libri sul lavoro svolto con tutte queste persone… e forse lo farò quando sarò vecchio ahahah

Cinque dischi in trent’anni non sono tantissimi (sebbene ciascuno sia un gioiellino). Mi pare di capire però che in futuro le uscite a nome Radioactive s’intensificheranno…

Farò quattro nuovi album nei prossimi otto anni per Frontiers, quindi la risposta è assolutamente affermativa!
Ho sempre puntato sulla qualità piuttosto che sulla quantità per i miei prodotti e questo non cambierà: fortunatamente conosco meglio il mio lavoro a questo punto della vita e sono davvero fiducioso sul futuro dei Radioactive!

 

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