Hard Rock

Intervista Steve Lukather (Toto)

Di Davide Sciaky - 24 Febbraio 2021 - 9:00
Intervista Steve Lukather (Toto)

Intervista a cura di Davide Sciaky 

Ciao Steve, come stai?

Sto bene amico, voglio dire, sto cercando di superare… sai, è stato un mese drammatico [l’intervista è stata fatta a novembre 2020], buono per certi versi e orribile per altri.
Perdere il mio fratello Ed[ddie Van Halen] è stato devastante per me. Non ho parole, mi manca terribilmente.
Io e lui siamo stati amici per più di quarant’anni, e quello che è successo è stato come sbattere in faccia alla realtà, realizzare come passa il tempo: l’ho incontrato che avevo 20 anni e… [quando è morto] ne aveva 65.
Ci ho pensato e… aspetta un momento, ho 63 anni.
Ho avuto questa carriera incredibile, è stato tutto così veloce che non ho avuto tempo di fermarmi e pensare, “Ehi, che succede?”.
Ho sbattuto le palpebre e sono passata 45 anni [ride] ora sono passato da essere il ragazzino più giovane nella stanza ad essere il vecchio personaggio eminente a cui la gente dice, “Salve, è un onore conoscerla, che onore”… che cazzo, sono lo stesso idiota di sempre, solo più vecchio.
Ma dato che ho questo lavoro meraviglioso non mi sembra neanche di star lavorando… sono un artista.
Sì, ci sono delle parti, i retroscena di business non sono divertenti, possono essere anche brutali, ma il fare la musica, lo scrivere musica, registrare, suonare dal vivo davanti ad un pubblico, andare in tour, vedere il mondo e venir pagato per questo… non c’è lavoro migliore al mondo.
Pure gli attori vogliono il mio lavoro, c’è chi mi ha detto “Wow, voi potete suonare musica, è fantastico”, fare film è una delle cose più noiose al mondo. Sono cresciuto con mio padre e mio nonno che lavoravano dietro ad una cinepresa, assistente alla regia e production manager, quindi sono cresciuto su un set, ma è qualcosa che ti fa venire il latte alle ginocchia.
Nel Rock and Roll c’è immediatezza, sei su un palco, la folla impazzisce, dai il massimo per due ore o più. Noi facciamo stare bene le persone e loro fanno stare bene noi… e mi pagano per questo?! È quasi ingiusto [ride].
Ma lo faccio da sempre, avevo nove anni quando ho cominciato a suonare nella mia prima band e non mi sono mai guardato indietro, non ho mai avuto un piano B, non ho mai detto, “Se una carriera nella musica non funzionasse cosa potrei fare?” … mi ammazzerei, ecco cosa potrei fare.
Io e i ragazzi con cui sono cresciuto, Mike Landau, John Pierce, e una manciata di altri ragazzi, non abbiamo mai avuto dubbi, non abbiamo mai detto, “Speriamo di farcela”, “Cosa faremo se non funzionasse?”, abbiamo sempre lavorato duro.
Questo tipo di dedizione al giorno d’oggi non… la si vede ancora nel Metal, ma nel Pop la gente non vuole più neanche imparare a suonare uno strumento, c’è magari un’idea per una melodia, o per un testo, e poi ci sono una serie di macchine e se continui a premere tasti prima o poi uno funzionerà [ride].
E magari sarà qualcun altro a premere i bottoni perché non è neanche in grado di scrivere un testo.
Non so, tutto è cambiato, è diverso da com’era una volta ma così è la vita, si va avanti.

 

La prima domanda che ti volevo fare, immagino che ti sia già stata chiesto altre volte quindi scusami se sono ripetitivo, ma l’anno scorso con i Toto avete annunciato che sareste andati in pausa a tempo indeterminato, e ora un mese fa avete annunciato che siete tornati con una nuova lineup e che, pandemia permettendo, nel 2021 andrete in tour nel mondo.
Cosa è successo?

In poche parole, quello che è successo è che c’è stato un anno di pausa a causa di questo virus assurdo.
Alla fine dello scorso ottobre [2019], quando abbiamo detto che era la fine, quella era davvero la fine. Ci sono tanti retroscena, c’era una causa, c’è stata una causa brutale che abbiamo perso, io e David [Paich], e si sono create delle divisioni tra Steve Porcaro e la sua famiglia e noi sulla base di menzogne.
Devo stare attento a cosa dico perché potrebbero tentare di farmi causa un’altra volta, la stessa persona ha già provato a farci causa una seconda volta, e quella persona è andata a parlare con Rolling Stone raccontando cose non vere per far sembrare che io… sì guarda, mi sono fatto causa da solo, ho fatto tutto sto casino da solo al picco della nostra rinascita, non ha neanche senso se lo dici ad alta voce!
La gente cerca di salvare la faccia e ormai alla mia età non mi interessa più, puoi credermi o meno, non posso aggiungere altro, ho dimostrato le mie prove in tribunale, l’ho dimostrato o a quest’ora sarei in prigione o mi avrebbero multato o quello che è.
Ho dovuto comprare di nuovo il nostro nome perché il nostro manager fece dei casini nel 1977, non è colpa mia ma è quello che è successo.
Comunque sia tutto questo ha colpito lo spirito della band, c’erano membri che non andavano più d’accordo, malumori, si è arrivati al punto da avere confronti fisici.
Insomma, c’era tanto stress, forse ci siamo sovraccaricati di lavoro e qualcuno non voleva più andare in tour in generale; David si è ammalato e ci ha fatto spaventare non poco.
C’è qualcosa che spinge questa band e non sono solo io, io ho fatto parte di tutte le 15 incarnazioni della band, e quindi ci credo davvero molto, anche quando la band non andava bene, quando siamo finiti tutti in direzioni diverse.
Una volta tornati in pista… perché dovrei fermare la band? Non ha senso, lavorare sodo per rimettere in piedi i Toto e poi far fuori la band buttando così via i nostri soldi?
[Il tour dell’anno prossimo] non è stata una mia idea, David mi ha detto, “Usa il nome Toto!”, io e Joseph [Williams] abbiamo fatto due album solisti e saremmo andati in tour insieme lo stesso, quindi tutti gli agenti, i promoter ci hanno detto, “Chiamatevi Toto! Tu e Joseph ci siete, siete il chitarrista ed il cantante, sono 43 anni che ci sono membri della band che cambiano”.
Non è che ci sono i Toto ’78, i Toto 2000 e i Toto 2019, è semplicemente una nuova versione della band e io non ho mai detto che non avrei mai più suonato questa musica, ho detto che quella versione della band era al capolinea.
E lo era! E non è finita bene e questo mi rattrista molto, alcune cose mi rattristano terribilmente, c’è una persona che non voglio vedere mai più, ci sono tanti retroscena e ovviamente la causa ci ha fatto il culo.
Ci siamo presi un anno di pausa, Joseph vive qua in fondo alla strada, vive da solo, è molto cauto perché gli è appena nato un nipote, io sono molto cauto perché ho un figlio autistico e se si ammalasse me lo porterebbero via, sarebbe un disastro.
E parlando del nome ci siamo detti, perché non usarlo? Dobbiamo ancora pagare un’enormità di spese legali e non sono felice di farlo, voglio guadagnare qualcosa; dovremo dare una percentuale delle nostre entrate alle vedove di Jeff Porcaro e di Mike Porcaro, e ci sono anche tante altre cose che la gente non sa.
Io ti dico quello che posso dire, ma se ci pensi non ha senso, perché dovremmo bloccare una band che sta andando alla grande?
Ovviamente c’erano altri motivi sotto…

 

Parlando del tuo nuovo album, “I Found the Sun Again”, mi chiedevo se è qualcosa a cui stavi lavorando già prima del lockdown, o se è stato una sorta di “progetto da lockdown”.

No, no, l’ho registrato a febbraio in otto giorni.
Ho avuto molta fortuna e siamo riusciti a trovarci tutti nello stesso posto a lavorarci prima del lockdown di marzo.
Praticamente non mi muovo da casa mia dal 3 marzo, ho fatto il mixing al telefono, via internet.
Per l’ultima fase mi sono messo tutto il completo protettivo e sono andato in studio a sentire che tutto fosse okay, ma il 99% del tutto è stato fatto in una settimana, una settimana e mezzo a febbraio, quindi sono stato molto fortunato.
Joseph ha fatto il suo disco tutto da solo, anche lui ha registrato i musicisti che voleva coinvolgere prima del lockdown, poi abbiamo firmato un contratto entrambi con la stessa etichetta, i dischi usciranno insieme e quello che succederà col tour te l’ho già raccontato.

 

Ecco, questa è proprio una cosa che ti volevo chiedere perché avevo letto nel comunicato stampa che hai registrato l’album in otto giorni, un approccio molto old school, l’opposto di quello che fa praticamente chiunque al giorno d’oggi.

Questo è il punto.

Quindi insomma, era proprio il tuo obiettivo fare tutto in questo modo?

Prima di tutto è proprio come hai detto, oggi tutti fanno album così, un musicista alla volta in studio, tutto fottutamente perfetto, è ridicolo.
Una volta dicevano che noi eravamo dei perfettini, i Toto della prima ora, ma in realtà noi ci mettevamo tutti insieme a suonare in studio finché non registravamo un take che ci piaceva, quindi volevo tornare a quel modo di lavorare e ho fatto un passo in più e ho voluto che anche gli assoli fossero registrati live.
Rende in un modo diverso, ti fa suonare in modo diverso, tutti quanti sono più attenti, ascoltano con maggiore attenzione; registrando così suoni facendo più economia ma suoni anche in modo più dritto al punto, non c’è il fare lo sborone perché tanto se sbagli puoi registrare da capo.
Suoni musica che devi davvero sentire tua, che hai una possibilità sola di esprimere e che viene dal cuore.
Non abbiamo fatto prove, non c’era il click, suonavamo una volta per vedere che tutto funzionasse nel modo giusto e la seconda registrazione è quella che senti sul disco.
Poi facevamo qualche sovraincisione dove serviva, questo immediatamente, poi cantavo ed il giorno dopo tornavamo e lavoravamo alla canzone successiva.
Abbiamo fatto così per otto giorni e poi abbiamo mixato il disco.
C’era giusto qualche parte di voce secondaria di Joseph che abbiamo aggiunto, ma questo è quanto.
Io ho prodotto due canzoni, la title-track e ‘Welcome to the Club’, ma abbiamo mantenuto delle lunghe dissolvenze alla fine delle canzoni così da sentire la gente che jamma insieme, e questo è qualcosa che non puoi pianificare e che non si sente più nei dischi di oggi.
Non volevo esagerare nella produzione con troppe sovraincisioni che avrebbero creato un muro di suono, non volevo un disco troppo compresso, volevo un disco delicato ma potente, quindi questo album ha la qualità sonora di un disco del 2020, ma con alle spalle il modo di fare musica dei primi anni ’70: entri in studio, registri il disco, aggiungi la voce, fine della storia.
Oggi ci sono un milione di tracce, l’editing non distruttivo, puoi modificare, aggiustare, spostare, cambiare la tonalità, puoi anche far cantare ‘Stairway to Heaven’ ai tuoi cani, per Dio!

Negli scorsi giorni ho guardato un sacco di volte il video di ‘Run To Me’, innanzitutto perché è un’ottima canzone, ma anche perché mi piace molto il video, è divertente. È bello vedere uno scorcio della tua vita e vederti scherzare e cazzeggiare, insomma, vederti come una “persona normale” e non come La Rockstar.

Grazie per averlo capito!
Quella è una canzone che ho scritto per l’ottantesimo compleanno di Ringo [Starr], non l’ho fatta per l’album, David, Joseph ed io abbiamo scritto la canzone per Ringo e a lui è piaciuta molto e ha detto che ci voleva suonare sopra!
Alla fine tutti gli All Starr [la band di Ringo Starr] gli hanno mandato una canzone per l’occasione, ma comunque sia, Ringo voleva suonare su di questa e quindi l’abbiamo filmato mentre lo faceva; Joseph invece ha filmato me semplicemente con un iPhone nel cortile di casa mia.
Per tutto il video ci sono io che mi prendo poco sul serio, ballo, sono questo vecchio tizio che fa cose buffe.
Chi è che mi vorrebbe vedere oggi con una giacca di pelle, in posa davanti ad un muro di Marshall? Dai!
Per me è qualcosa di superato e posso riderci sopra perché è qualcosa che ho vissuto nei primi anni di MTV con i primi video dei Toto, anche prima di allora, filmavamo video prima ancora che ci fosse un canale dove trasmetterli, lo facemmo con ‘Hydra’, ci filmammo al Whiskey [a Go Go] durante il nostro primo tour; quando MTV iniziò a trasmettere avevano bisogno di contenuti e noi gli demmo tutto quello che avevamo.
Comunque, io non volevo fare un video [serio], non ho interesse a fingere, a fare la vecchia rockstar consumata, quindi mi sono detto, “Facciamo qualcosa di divertente!”.
E non ci è costato niente! L’abbiamo registrato in un giorno, Joseph all’iPhone, un minimo di montaggio e basta, e sono contento del risultato.
È divertente, una canzone allegra per un periodo triste, quindi ho deciso di pubblicarla quest’estate e alla gente è piaciuta, ha fatto qualcosa come mezzo milione di visualizzazioni su YouTube e un paio di centinaia di migliaia di ascolti su Spotify, e questo non è affatto poco per me, con il tipo di pubblico che ho, è come avere una hit.
Quindi, anche se non ha molto a che vedere con il resto dell’album, ho pensato che comunque è una bella canzone, è una parte di me, quindi perché non mettere anche questa sul disco?

 

Sono otto anni che suoni nella band di Ringo…

Vado per i nove, sì.

… e nella tua carriera hai suonato con tantissimi grandi musicisti, quindi mi chiedevo se ti sei approcciato a questa posizione semplicemente come se fosse un lavoro come tanti o se era più, “Oh mio Dio, suonerò con Ringo fucking Starr!”?

No, volevo davvero entrare nella band di Ringo, davvero, davvero molto.
Greg Bissonette è la persona che ha reso il tutto possibile, ha chiamato Dave Hart che è l’agente della band, e sono venuti ad un nostro concerto a Parigi dove abbiamo suonato bene, è stato un grande show; gli sono piaciuto e Greg continuava a dire, “Deve entrare nella band, è in grado di suonare qualunque cosa, bla bla bla”, e così hanno proposto la cosa a Ringo. A lui piaceva la mia musica e aveva sentito parlare di me da Jim Keltner e altri, così mi diede il posto. Per un po’ dovetti mantenere il silenzio ed ero così eccitato perché pensavo che avrei potuto essere una buona risorsa per la band e volevo davvero suonare con lui.
Avevo già suonato con tutti gli altri Beatle ancora in vita, George [Harrison] era un mio amico ed era stato anche il mio primo idolo musicale; uscivamo insieme, veniva qua a casa mia e abbiamo suonato anche insieme. Ha suonato con noi quando è mancato Jeff [Porcaro] nel 1992 [abbiamo fatto un concerto in suo tributo] e George è venuto sul palco con noi. Ho una bellissima foto qua appesa al muro di me, lui e Eddie Van Halen che suoniamo insieme.
Nella mia vita ho avuto molti momenti da sogno, è incredibile.

 

Parlando dei Beatles penso che la prima volta che hai lavorato con uno di loro sia stata quando avevi 24 o 25 anni e lavorasti su alcune canzoni di “Thriller” di Michael Jackson, e su una c’era anche Paul McCartney. “Thriller” finì per diventare l’album che ha venduto di più della storia: stavi suonando con due dei più grandi artisti di sempre sul disco più venduto di sempre, non male per un ventiquattrenne! Quali sono i tuoi ricordi di quell’esperienza?

Sai, ho cominciato a lavorare come sessionman quando avevo 18, 19 anni e avevo lavorato a “The Dude” con Quincy [Jones] con il quale sviluppammo una grande fiducia e amicizia e lui disse che mi voleva sul prossimo disco di Michael [Jackson]. Avevano già lavorato insieme a “Off the Wall” ed era andato molto bene, pensavamo che quello fosse il disco del grande successo.
Dissi che sarei stato molto felice di lavorare a quel disco e così la prima cosa che facemmo fu proprio la canzone con McCartney. Io e Jeff Porcaro ricevemmo la chiamata e Quincy ci disse, “Okay, ora faremo un duetto con Paul McCartney” e noi pensammo subito, “Oddio, Jackson e McCartney, sarà incredibile!”.
Eravamo entusiasti di essere lì, anche se la canzone è un po’ strana, “The doggone girl is mine”, quel testo ci fece ridere, ma demmo il nostro meglio e eravamo lì con Paul!
Poi lavorai di nuovo con lui in altre occasioni, nel concerto per il 50° anniversario dei Beatles, ci siamo visti altre volte, abbiamo anche suonato insieme nell’ultimo album di Ringo: ho scritto due canzoni per Ringo e Paul suona il basso, io, Paul e Ringo in una stanza… ora posso morire! [Ride]
Io e Joe [Welsh] abbiamo scritto una canzone per il suo nuovo album che Ringo ha appena registrato e la sua amicizia è importantissima per me.

 

So quanto i Beatles siano stati un’influenza su di te fin da quando eri piccolo, e devo dirti che è lo stesso per me, essere nella stessa stanza con loro sarebbe un sogno, scrivere musica e registrarla insieme dev’essere incredibile!

Sai, ho passato parecchio tempo con loro, sono stato insieme a Paul ogni giorno per due settimane, con anche George Martin, Geoff Emerick [lavorando a “Give My Regards to Broad Street” nel 1984].
È sempre stato molto carino con me, ci ha invitato ai suoi concerti, ci faceva venire nel backstage e passava mezz’ora a chiacchierare con noi; è esattamente il personaggio affascinante che ti aspetteresti che sia, anzi, anche di più.
Adoravo anche Linda [McCartney], è sempre stata meravigliosa con me, non ho che buone parole e ricordi su di lei, Linda McCartney era una delle donne più fantastiche di sempre e prenderei a pugni chiunque dicesse il contrario.
Io e George, dal primo momento in cui ci siamo conosciuti lui è stato fantastico con me, ci siamo trovati subito bene insieme e abbiamo avuto delle esperienze bellissime insieme; sono ancora amico di sua moglie e suo figlio Dhani, sono grandi.
RingoRingo è semplicemente un mio amico, è un fratello, salterei davanti ad un camion per lui, è una persona fantastica, un’anima gentile.
E’ un onore poterlo dire, questo è oltre un sogno che si avvera, non è una cosa che do per scontato.
Ma allo stesso tempo lo tratto come un essere umano, lo tratto come una persona normale, ma ogni tanto mi giro a guardarlo e penso, “Cazzo, è RINGO STARR!” [ride] è impossibile fare altrimenti.

 

Hai accennato prima al fatto che hai un figlio autistico e ho letto nel comunicato stampa che parte dei guadagni di questo tuo nuovo album saranno devoluti al The Ed Asner Family Center for Autism…

Sì, in questo momento è il mio ente benefico preferito.

… mi chiedevo se essendo famoso, e quindi ovviamente avendo un grande pubblico che ti ascolta, che sia se scrivi sui social, o quando parli in un’intervista come questa, se senti una sorta di responsabilità di parlare di autismo e di sensibilizzare la gente. Anche perché penso che ci si sia molta ignoranza sull’argomento.

C’è molta ignoranza, perché non ci sono due ragazzi autistici uguali, questa è la cosa.
C’è uno spettro, 1 è basso e 10 è uno che sbatte la testa contro il muro mentre urla, ci sono dei casi che sono davvero estremi ed è tragico, non so davvero come uno possa affrontare qualcosa del genere.
Mio figlio si trova nella parte bassa dello spettro, ha dei tic e cose del genere ma parla, ama, ride e gioca, è il bambino più felice del mondo, non sa di essere diverso.
Purtroppo con questa pandemia gli sono state tolte molte cose che ama – socializzare, andare a cavallo, andare al parco, andare allo zoo – perché tutti i posti sono chiusi!
Quindi mi impegno per fare tante cose insieme, nuotiamo insieme, facciamo cose in casa; lo vedo tutti i giorni anche se sta a casa di sua madre.
E’ molto importante parlarne perché molti pensano che gli autistici siano stupidi, o ritardati, quando in realtà sono iper-intelligenti, possono vedere il mondo in cinque dimensioni, che è il motivo per cui gli piace così tanto nuotare, o essere abbracciato stretto, avere una coperta pesante addosso perché vuole sentirsi al sicuro.
Non riesco ad immaginare… vorrei entrare nella sua testa per sapere cosa vede e sente ogni giorno in modo da poterlo capire meglio, ma comunque che sia lo accetto semplicemente per quello che è.
Ho un figlio autistico, e allora? Lo amo tanto quanto gli altri miei tre figli, forse anche un po’ di più perché devo lavorare più duramente con lui.
Ho avuto la stessa tata per 36 anni e ha praticamente cresciuto tutti e quattro i miei figli [ride] tutti i figli e le ex mogli la adorano, quindi è un punto di riferimento in mezzo a tutta la follia.

Tornando a parlare di musica, ‘Africa’ è probabilmente la canzone più famosa dei Toto…

Il singolo ha venduto sei milioni di copie negli Stati Uniti, è pazzesco, senza precedenti.

… ed è anche una delle canzoni più famose del Rock in generale. La puoi trovare nelle pubblicità, nei film, nei cartoni, pure in South Park, un po’ dovunque!

Qualcuno ha creato una mix con ‘Giant Steps’ [di John Coltrane] che in qualche modo funziona e quella è decisamente la versione più strana che abbia mai sentito, e la più figa.
Ora pure i jazzisti ce l’hanno con noi!
La cosa strana è che non l’abbiamo mai vista come un singolo, era sepolta in fondo al nostro quarto album e pensavamo che fosse una buona canzone finché non sentimmo il testo.
Africa… non eravamo neanche mai stati in Africa! Ma David era convinto, era una canzone di fantasia ispirata al fatto che lui era andato in una scuola cattolica di soli ragazzi in cui i missionari andavano in Africa e tornando raccontavano queste storie su quello che avevano visto.
Non cercavamo certo di essere razzisti o cose del genere; se guardi il video oggi ti viene da alzare gli occhi al cielo, mio Dio… ma era il 1981 ragazzi, dai! Ci diedero un copione e noi seguimmo quello che ci dicevano di fare, non siamo attori, siamo musicisti.

Quello che ti volevo chiedere è: siete quasi costretti a suonare la canzone ad ogni concerto, altrimenti qualcuno nel pubblico sicuramente avrebbe da ridire. Come ti senti a riguardo, sei stufo o sei comunque felice che i vostri fan la amino così tanto?

Abbiamo appena suonato un concerto in live streaming, lo scorso sabato, e non l’abbiamo suonata!
Avremmo dovuto pagare una fortuna per i diritti di trasmissione in quella situazione, ma nei concerti normali la suoniamo ogni sera e continueremo così perché la gente vuole sentirla.
Ma l’altra sera volevamo anche dimostrare che siamo di più di una canzone particolarmente famosa, quindi eravamo con tutti i nuovi membri della formazione e abbiamo suonato alcuni pezzi rari, altre hit, c’era anche [David] Paitch, quindi penso che il pubblico abbia capito.
La suoniamo, ma non su pellicola.
Comunque probabilmente quasi tutti quelli che ci hanno visto l’altro giorno erano fan hardcore, solo una o due persone su centomila si solo lamentate perché non abbiamo suonato ‘Africa’.
Un sacco di gente invece ha detto, “Spero che non la suoniate mai più!” [ride] perché sono stufi di sentirla, capisci?
Ha aiutato molto la nostra carriera, e anche la carriera di altra gente, ma questa è un’altra storia.
Non direi che sono stufo, è quello che è, è una canzone che ci ha dato una grande spinta, che ha portato tanti ragazzi a venire ai nostri concerti e poi a dire, “Ehi, non sapevo che suonaste anche questa, quella e quell’altra canzone! Suonate roba molto più pesante di quello che pensavo!”, perché ovviamente se ascolti le nostre canzoni più famose, soprattutto quelle più soft, puoi pensare che siamo una band da ballad, ma mediamente siamo più una band da ‘Hold the Line’.
Ma ci piace fare ogni genere di roba strana, ‘Africa’, ballad strane, roba di genere World e Fusion, alternare cantanti diversi, quindi questo è sicuramente qualcosa che ha confuso i nostri ascoltatori negli anni; ma anche cambiando cantanti io e David abbiamo sempre cantato qua e là, sulle hit e non.
I Toto sono sempre stati di più di un singolo musicista, altrimenti oggi non potrei andare avanti.

 

L’abbiamo menzionato brevemente prima, ma l’industria musicale è cambiata molto negli anni.
Tu ci sei dentro da 45 anni o giù di lì…

È orribile quando lo dici così, ad alta voce [ride].

Allora diciamo “da un po’ di tempo”.

No, no, diciamo 45, ne sono fiero, non sono in tanti che possono dire qualcosa del genere, ero solo un ragazzino quando ho cominciato…
È vero, è completamente cambiato, e posso anche stare qui a lagnarmi che tutto è diverso dire che, “Una volta era meglio”, ma è qualcosa che viene detto ogni volta che c’è un cambiamento.
Quando è arrivata la radio, le cassette, qualcuno ha detto che nessuno sarebbe più andato a vedere i concerti. Mi ricordo quando arrivarono i CD, noi eravamo su alcuni dei primi CD con “Toto IV”, siamo in giro da abbastanza tempo da aver visto molti cambiamenti.
Quando arrivò Napster ci chiedemmo, “Uhm, che sta succedendo?”, quasi nessuno si fece delle domande ma quello avrebbe potuto essere fermato. I presidenti di tutte le etichette musicali capirono subito cosa stesse succedendo e vendettero le loro azioni e fuggirono.
Noi firmammo un contratto quando avevamo 19 anni e quello ci durerà per tutta la vita, la Sony è proprietaria di tutti i miei dischi e lo sarà per sempre.
Sono andato da un loro manager e sono riuscito a strappargli il miglior accordo per lo streaming possibile, prendiamo il 50% dei guadagni dello streaming, e questo è qualcosa che ora non concedono più a nessuno.
Ora abbiamo qualcosa come 3 miliardi di stream su Spotify, ci è andata bene, e durante il lockdown siamo stati una delle band più ascoltate, chi se lo sarebbe immaginato?
Quindi sono estremamente grato con tutti coloro che ci apprezzano; a me non piace tutto e non mi aspetto di piacere a tutti, spero solo che ci sia chi ci viene a vedere e che non giudichi la nostra intera carriera basandosi solo su ‘Africa’.
Cazzo, io sono pure stufo di quella canzone! Le uniche persone che non si sono stufate sono David Paich che ha scritto la fottuta canzone, e la moglie di Jeff Porcaro che, pur essendosi risposata con un miliardario, fa montagne di soldi con i diritti che ha su quella canzone.
Io non ci faccio molto, quello che mi entra è solo una ridicola frazione di quello che prende lei, ma comunque la canzone è stata una manna per la band.
Avere una hit è allo stesso tempo un benedizione e una maledizione: è un sogno averne una, è una maledizione doverla suonare ogni sera per il resto della tua vita.
E abbiamo più hit di quello che uno può pensare, ci capita di suonare concerti dopo i quali ci dicono, “Ah, non sapevo che anche quell’altra canzone fosse vostra!”.

Infatti, è incredibile, ci sono tante band che uno magari conosce per una canzone sola particolarmente famosa, e poi andando ad esplorare l’intero catalogo, le loro altre canzoni, si scoprono tantissimi altri pezzi fantastici.

Esatto!
Se ci vieni a vedere dal vivo vedrai che ‘Africa’ è il pezzo più anomalo della setlist.

E si arriva al punto che se uno vi vede tante volte finisce per stufarsi, “Okay è la decima volta che la sento dal vivo, vorrei sentire altro”, ma DOVETE suonarla perché tutti gli altri si aspettano di sentirla.

C’è sempre qualcuno che si lamenta della setlist, ma ci sono canzoni che dobbiamo suonare, canzoni che vogliamo suonare, e canzoni che cerchiamo di cambiare ogni volta per suonare cose diverse.
Ci sono centinaia di canzoni che potremmo suonare, ma ogni volta dobbiamo pensare a come combinare una setlist che funzioni e dobbiamo fare delle scelte.
E’ un po’ un nostro obiettivo cercare di cambiare sempre qualche per variare i concerti, ma riceviamo tante richieste, tante canzoni che sono le preferite dei fan, e quindi cerchiamo di fare qualcosa che possa accontentare tutti.

 

Questa era la mia ultima domanda, grazie per la disponibilità!
Sai, quasi 10 anni fa ci siamo brevemente incontrati durante una signing session ed è stata la prima volta che ho incontrato un musicista importante; ero un po’ teso – cosa gli dico? – ma tu sei stato così gentile e disponibile e quell’incontro mi ha un po’ cambiato la vita.

Ehi amico, in fondo ci puliamo il culo tutti allo stesso modo [ride].
Tutti abbiamo persone a cui vogliamo bene, una famiglia che amiamo, il nostro sangue è dello stesso colore, abbiamo tutti quanti giornate buone e meno buone.
Siamo tutti fratelli e sorelle, io non me la tiro, sono solo fortunato ad avere un lavoro fantastico!