Heavy

Iron Maiden (1985)

Di Stefano Ricetti - 12 Dicembre 2006 - 10:43
Iron Maiden (1985)

Intervista a Bruce Dickinson degli Iron Maiden – qui riportata in versione integrale -, uscita all’interno della rivista Rockerilla, precisamente nel numero 63 del novembre 1985, quindi ben ventuno anni fa. L’autore, manco a dirlo, fu il mio mentore, ovvero il decano dei giornalisti HM Beppe Riva.

Un minimo di cenni storici sugli album della Vergine di Ferro in quel periodo:

1983 Piece of Mind (primo album che vide Nicko McBrain al posto di Clive Burr dietro le pelli)
1984 Powerslave
1985 Live After Death
1986 Somewhere in Time

Altre note significative: in quegli anni l’unico supporto video che esisteva era rappresentato dalla cassetta Vhs, così come il Cd era di lì da venire. I dischi uscivano ancora su vinile e per questo nell’intervista si parla solamente di ellepi. I Motley Crue cercavano di farsi conoscere in tutto il mondo e, a mio avviso, proprio a cavallo degli Eighties gli Iron Maiden fecero il vero “salto di categoria”, staccando di netto tutti i loro colleghi, diventando gli “Iron Maiden” che tutti conosciamo oggi.

Buona lettura, foto “vintage” comprese… ah,ah,ah!

Stefano “Steven Rich” Ricetti

Inizio intervista.

Non è occasione facilmente ripetibile quella di incontrare il portavoce dell’HM band più popolare d’Inghilterra – e probabilmente del mondo – finalmente libero da impegni concertistici (dopo un anno di World Slavery Tour) e nella miglior disposizione psicologica per soddisfare ogni curiosità riguardo gli ultimi Iron Maiden. Così Bruce Dickinson, il cantante che esercita la sua aggressività tirando di scherma, dimostra di aver molto da dire anche al di fuori del palco…

Come ci si sente dopo un gravosissimo tour di trecentoventidue date?

So solo che quando finì non ce ne rendemmo conto perché ci eravamo assuefatti a quel ritmo di vita durato tanti mesi; per un po’ abbiamo continuato a sentirci ancora in tour, come se avessimo dovuto suonare ogni sera. Certo, la sensazione di aver terminato ci pareva strana. Solo dopo due mesi siamo tornati sul palco, ma esclusivamente per un set fotografico: non ci siamo accorti della differenza e siamo saliti on stage con la stessa disposizione di chi inizia l’ennesimo concerto. Un tour di un anno non può che lasciarti il segno: finora non avevamo mai superato i sei/sette mesi.

Ne è comunque uscito un live album che ripresenta gli Iron Maiden al top della forma, sulla scia dei grandi album dal vivo del british HM. Credi che questo suono abbi ancora un futuro?

Non lo dico solo perché sono qui a parlarne ma nel rock continuo a provare nuove sensazioni, a scoprire lati inediti. Il mio interesse è sempre vivo e attento, ci sono sempre nuove storie che desidero mettere in musica. Vivendolo in questo modo, il rock si mantiene fresco e vivace, ed è ciò che conta, sopra ogni altra cosa. Molti dei miei idoli del passato ora si sentono vecchi, come i Black Sabbath che non esistono più davvero come tali, o gli ex Led Zeppelin…

A proposito, si parla di un nuovo volo del dirigibile Led Zep…

Già, ma non credo proprio che potranno più ripetersi ai vecchi livelli, senza Bonzo.

A chi è venuta l’idea di citare H.P. Lovecraft sulla copertina di Live After Death?

E’ stata di Derek Riggs, il disegnatore della cover. La citazione era molto appropriata all’immagine, dove la nostra mascotte Eddie risorge dalla tomba.

Conosci l’autore?

Personalmente no! (risate…) Seriamente non ho mai letto una riga della sua produzione, così quando Kerrang! mi ha chiesto se me la sentivo di scrivere un articolo su H.P. Lovecraft, sono stato costretto a rispondere negativamente.

Comunque bisogna riconoscere che non hai mai trascurato le lyrics. Addirittura Revelations denota una notevole conoscenza delle religioni orientali…

Quando scrivo una song, talora mi chiedo se chi acquisterà il disco capirà quanto vi ho scritto e raccontato. Comunque, preciso che innanzitutto una canzone, secondo il mio parere, deve essere eccitante, saperti intrattenere. Se si può è buon uso aggiungere testi piacevoli a leggersi – ciò è altrettanto positivo – e se, in terza analisi, puoi inserire dei contenuti più o meno espliciti, tanto meglio. Gran parte delle nostre lyrics sono buone storie, con un significato da leggere fra le righe. Ad esempio, The Rime of the Ancient Mariner è una bellissima song, il cui significato recondito, che è un po’ il tema primitivo del poema da cui è tratta, riguarda l’eterna lotta fra l’uomo e la natura, il tentativo continuo dell’uomo di piegare ai suoi fini la natura che, violentata, si ribella. L’uomo viene così punito e ne diviene a sua volta vittima, dopo averne alterato l’equilibrio. Per contro, un brano come 22 Acacia Avenue non ha alcun messaggio nascosto, è solo un pezzo divertente.

Quale criterio avete adottato per scegliere la song di Live After Death?

Abbiamo un po’ trascurato il repertorio dei primi due Lp, che ormai è stranoto. Inoltre era già uscito Maiden Japan a suggello di quell’epoca. L’Ep live presentava però versioni inferiori alle originali in studio, perché in quel periodo gli Iron Maiden tendevano a perdere un po’ il controllo della loro musica. Ciò era causato in gran parte dal drumming di Clive Burr che, pur essendo ottimo, cercava di andare troppo oltre la traccia sonora originale. Questo è il motivo per cui Nicko l’ha rilevato: con lui il sound è più compatto, solido e ordinato. Impossibile ottenere gli stessi risultati con Clive. 

Qual è la tua favorita Maiden-song?

Cambia ogni sera… La nostra opener Aces High mi piace davvero quando non sono in tour, ma la odio come primo atto dello show, perché mi strappa letteralmente la voce fuori dalle budella: è veramente un po’ troppo come prima song! Two Minutes to Midnight è la mia favorita on stage, ma anche Trooper mi soddisfa, soprattutto in quelle sere in cui la voce è calda la punto giusto, permettendomi di rendere appieno la musicalità del brano. Comunque l’inclinazione per un pezzo o per l’altro dipende molto dal feeling della serata. Un brano sempre Ok per me è The Rime of the Ancient Mariner: lo eseguiamo sempre a metà dello show, quando la voce è calda e modula tutte le tonalità. La sua durata è tale che mi permette di elaborarlo sempre ottimamente.

Qual è stato lo show più eccitante del World Slavery Tour?

Rock in Rio probabilmente. Sai, suonare di fronte a trecentomila persone dà emozioni incredibili. Poi il set all’Hammersmith, da cui è stata tratta una side dell’Lp.

Un tuo parere sulle tappe italiane…

In Italia è sempre un problema raggiungere il palco, magari passando tra la folla di fan entusiasti. Quando sali on stage è fantastico. L’atmosfera e il pubblico sono davvero ottimi, se non roventi! L’unico appunto che voglio fare riguarda i teatri tenda, troppo piccoli per poter ospitare tutte le nostre luci, gli effetti, oltre al gigante Eddie. Non ci piacciono queste limitazioni, comunque continueremo a tornare da voi, attendeteci per ottobre/novembre dell’anno prossimo.

Esiste una prassi – contestata – di ritoccare i nastri live. Anche voi avete rifatto il make-up a Live After Death?

No, quanto è stato fatto è proprio minimo: piccoli accorgimenti di cornice come dare più volume al pubblico in certi casi. Abbiamo semplicemente tagliato brani non idonei. Ad esempio un pezzo dove sono rimasto senza fiato per le continue corse lungo il palco, oppure un altro dove il tecnico aveva dimenticato di commutare la pedaliera della chitarra, con effetti deleteri. Abbiamo coperto qualche imperfezione dov’era possibile, ma gli album di tante band sono talmente ritoccati da non sembrare assolutamente live. Non è certo il caso di Live After Death.

I lettori di Kerrang! vi hanno fatto trionfare in ogni categoria del rock poll. Come spieghi tanto divario sulla concorrenza?

Il fattore più importante è che non abbiamo mai abbandonato il nostro pubblico. Molti gruppi che diventano importanti si mettono poi a comporre brani irriconoscibili rispetto ai tratti musicali che ne hanno decretato il successo. Spesso si commercializzano per ingigantire ancora il loro pubblico, ma il risultato è l’allontanamento dei loro fan originali. Noi non l’abbiamo mai fatto, pur cambiando sempre qualcosa da un album all’altro. Abbiamo operato delle variazioni secondo quanto ci pareva più riuscito e migliorativo della nostra qualità, ma non ci siamo spersonalizzati o contraddetti. Per questo siamo molto popolari.

Ritenete che le nuove leve siano competitive nei vostri confronti?

Noi diciamo sempre a chi sostiene che una band sia in competizione con noi che noi stessi siamo lieti di offrire a questa band il ruolo di supporter nei nostri tour. A quel punto provino a cacciarci dal palco, se possono… I Ratt sono stati nostri supporter negli States: con loro abbiamo anche fatto due o tre gig alla luce del giorno, senza l’ausilio del nostri impianto spettacolare e in un territorio dove sono ben noti. Ebbene, non ci sono stati problemi. I Twisted Sister ci hanno fatto da supporto, e gli stessi Motley Crue in Europa. Con i Motley abbiamo dovuto davvero impegnarci perché sono una grande band, ma gli altri non hanno mai rappresentato un problema.

A quando il prossimo studio Lp?

Torneremo in studio fra gennaio e febbraio 1986. Seguirà un tour autunnale che, come detto, toccherà l’Italia.

Idee nuove?

Certo, ma non ve la racconto… ci sarebbe già qualcuno pronto a copiarle e ad affermare che ci aveva già pensato molto tempo prima dei Maiden.

Dicci  qualcosa in omaggio alla moda video…

Abbiamo fatto un video tratto dall’album live, in maniera tale che chiunque si può accorgere che non ci sono trucchi. Nessun effetto, nessuna Limousine nera. E’ un “only live video” che noi stessi abbiamo montato e prodotto per garantirci l’integrità della nostra immagine. Si tratta di novanta minuti di filmato di concerto ripreso dalla prima fila sotto il palco, in modo da dar l’impressione al fruitore di vederci dalla posizione ideale di un vero fan. Inoltre, lo stiamo vendendo a un prezzo minimo in Inghilterra, cioè a poche sterline su cassetta Vhs. Resteremo assenti per un anno dalle scene, e questo video rappresenta il nostro tentativo di rimanere vicini al maggior numero possibile dei nostri fan.

Insomma, i Maiden-fanatic dormano sonni tranquilli: se la “voce” della band conserva uno spirito così fiero e orgoglioso dopo un anno di tour, se è animato da una fede così determinata nella propria musica, al punto di assolvere con la massima disponibilità il suo ruolo di public relation man, incurante di altre pesanti trasferte, non alleviate dal calore del pubblico, significa proprio che Iron Maiden è una band in piena salute, lontana dall’usura di un’attività stressante per i comuni mortali. E i cultori dell’immoto british HM possono consolarsi con la passione di questi incorruttibili.

Beppe Riva
       
  

Servizio a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti