Judas Priest: Scott Travis, ‘non ci sono trigger o sofisticazioni di batteria su “Painkiller”, solo su un brano’
Intervistato su Invisible Oranges, Scott Travis ha raccontato del suo ingresso nei Judas Priest e della genesi di una pietra miliare come “Painkiller”. Eravamo all’alba delle produzioni moderne ritoccate in fase di produzione, specie per quanto riguarda la batteria, con trigger e quant’altro. Oltretutto la band di Birmingham arrivava da due album con evidenti campionamenti come “Turbo” e “Ram It Down”. Invece è lo stesso Travis a fare chiarezza.
Penso che l’unica cosa simil campionata e appesantita sull’album sia una sezione di rullante su ‘A Touch of Evil’. Ovviamente era un pezzo più lento e volevamo che suonasse più grosso. Tipo il suono tipico di rullante dei Def Leppard. Ma solo su quella canzone. Ed è piuttosto ironico, perché quando ascolto quel brano, ci sono dei fill di batteria, tipo nel breakdown centrale, quello con la tastiera e così via… E’ una di quelle cose che tu ascolti e pensi: ‘ragazzi, cosa è successo a quel fill?’. E con fill intendo una manciata di note mancanti. Ma quelli erano i primi tempi in cui si campionavano e triggeravano le parti di batteria. Quindi non sempre riuscivi a cogliere tutte le note. Potevano sfuggire alcune sfumature delle ghost notes.