Report: New York Dolls (Bologna, 14/10/2006)

A Bologna qualcosa si muove. Quel qualcosa si chiama Bologna Rock City (una citazione non troppo velata del brano dei Kiss) ed è il minimo che si possa fare per questa città che può vantare un sottobosco di band interessantissime (penste ai Markonee), vecchie glorie (pensate ai Crying Steel), altre formazioni in giro da diversi anni che finalmente riscuotono il successo meritato (pensate ai Rain), un panorama estremo sempre in movimento (pensate a Il Male Production) e un bacino di appassionati davvero notevole. Bologna si merita qualcosa di più di qualche cover band e finalmente lo avrà.
Primo appuntamento di una stagione che si preannuncia ghiotta per gli amanti dell’hard rock d’annata è quello con i redivivi New York Dolls, una band che oggi forse può passare in sordina, inosservata, ma che sicuramente farà drizzare le orecchie a chi ha un minimo di passione per la storia del rock.
Thee STP
Ad aprire per la rediviva band americana ci sono gli Thee STP, formazione precisa e compatta che guadagna con la propria capacità di stare sul palco quanto perde con una proposta musicale un po’ troppo contaminata per risultare genuina e travolgente come quella degli headliner. La loro prova è comunque buona e se il loro punk rock moderno non spicca per arditezza e stile, quantomeno lo show risulta piacevole (anche se alla lunga comincia a dare notevoli segni di ripetitività…).
New York Dolls
Tra i precursori del glam, un po’ punkeggianti e un po’ hard rock, i New York Dolls oggi sono di nuovo sugli scudi capitanati dall’accoppiata Sylvain/Johansen, unici sopravvissuti dei primi anni. Il loro è uno show anacronistico in tutto e per tutto, dalle luci al suono scelto per l’occasione. A David Johansen ovviamente il compito di tenere le redini della situazione, anche se sempre più provato dal passare degli anni. Tra qualche estratto dal nuovo One Day It Will Please Us to Remember Even This come Fishnets and Cigarettes e tanti figli degli anni ’70 non mancano accessori e siparietti glam, con piume viola e boa di struzzo rosa che volano su e giù dal palco. I suoni sono marci al punto giusto tanto che sembra quasi di essere ancora ai tempi di Rock’n’Roll: le chitarre tagliano come coltelli affilati e il gracchiare voluto dell’impianto aiuta Johansen a nascondere qualche problema alla voce.
Sicuramente pessima la mossa di piazzare sul palco, davanti alla postazione di Johansen, un leggio con tanto di librone plastificato con i testi: una cosa che possiamo accettare a un concerto di fine anno scolastico ma non da professionisti della musica. I co-protagonisti invece sono professionali eccome, e forti di esperienze passate tra Hanoi Rocks e The Contes danno il loro concreto contributo tecnico e attitudinale a un’ora di rock’n’roll vecchio stampo che si chiude con una vera e propria bolgia sotto il palco scatenatasi sulle note di Trash. Qualche minuto per rifiatare e poi, come da attese, il pogo riparte sull’epilogo Personality Crisis, classicissimo che arriva a chiudere la festa tra salti, saluti e i ringraziamenti di una band visibilmente soddisfatta dal calore dei fan italiani, per l’occasione oltre le 400 unità.
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini