Live Report: Luppolo In Rock 2025, Cremona – Running Wild Day, 19.07.2025

Photo Report completo: Photo Report: Luppolo In Rock Day 2 @ Cremona – 19 Luglio 2025
Live report della seconda giornata del Luppolo In Rock, Il festival Rock e Heavy Metal fatto dai fan per i fan, tenutosi a Cremona lo scorso sabato 19 luglio 2025 all’interno della struttura del Parco delle Colonie Padane. Il live report della prima e della terza giornata verrà pubblicato su queste stesse pagine truemetallare nei prossimi giorni.
Volutamente, nel titolo della kermesse, si è messo “Running Wild Day” al posto del più canonico “Day 2” perché quella di sabato, rispetto alle altre due, era chiaramente sbilanciata a favore dell’headliner. Non a caso il 90% dei convenuti era lì per loro. Questo senza nulla togliere a chi ha suonato prima che, se intellettualmente onesto, ammetterà di aver potuto beneficiare di un folto pubblico dichiaratamente fedele e schierato a favore dell’heavy metal tout court, ossia fondamentalmente la proposta prevalente della maggior parte dei gruppi in scaletta, con un solo outsider, per così dire, ma sulla carta, come si vedrà poi, ossia i Crashdiet.
Parte fotografica a cura di Paolo Manzi. Gallery relativa in fondo all’articolo.
Killerfreaks
La seconda giornata del Luppolo In Rock 2025 si apre alle ore 16.00 spaccate nel momento in cui attaccano i Killerfreaks da Varese, band con un look visivo che richiama il tipico face painting adottato dal Black Metal frammisto però al glamour dei Kiss. La loro proposta è un hard rock robusto che non disdegna tracimazioni heavy metal, in grado di scaldare per bene i primi aficionados ammassatisi di fronte al palco. Fortunatamente non vi è il sole a picco ad arroventare ulteriormente l’atmosfera e il loro show scorre veloce, innervato da suoni assolutamente all’altezza della situazione, una costante del Festival, sulla quale si discerne qui di seguito. Da sottolineare la particolarmente riuscita e apprezzata “Vampires Sucks”.
Nastyville
Decisamente più orientati al classico hard rock i Nastyville, divertenti e coinvolgenti. Così come per i predecessori ad accompagnare la loro performance una “botta” di alto livello e quindi vale la pena sottolineare ulteriormente la cosa, a favore della mentalità che alberga al Luppolo: come ben si sa in altre situazioni coloro i quali sono deputati a suonare per primi difficilmente godono di impianti regolati come si deve. Tecnica utilizzata ad arte per rimarcare quanto gli headliner valgano di più. A Cremona non funziona così, ovvio che chi è in cima alla lista goda di un trattamento di favore, ma la disparità di potenza e luci erogate rientra nel limite minimo sindacale, così da premiare tutte le band indistintamente. Tornando ai Nastyville, notevole la loro carica à la Motley Crue dei vecchi tempi, così come il pezzo “Sex o’ Clock”.
Love Machine
Primo appuntamento con la storia in quel del Parco Colonie Padane nel momento in cui si palesano sul palco i Love Machine, una delle colonne dell’heavy metal lombardo. Attivi sin dal 1988 vantano quattro album ufficiali e un live, in carriera. Il gruppo facente capo ai veterani Frank Rider (chitarra) e Andrew Dal Zio (batteria) non delude le attese, grazie anche ad una prova all’altezza da parte del frontman Rob Della Frera, a pieno agio sulle assi del Luppolo in Rock. Massicci e diretti, si stagliano sul resto delle altre band per via dell’uso delle tastiere. “Luppolo siete bellissimi”, urlato dentro al microfono dal cantante, dà il via alla presentazione di “In Time”, nuovo brano anticipatore del loro prossimo album, previsto per la fine del 2025.
The Headless Ghost
A seguire i The Headless Ghost: uno dei gruppi italiani più promettenti fra le nuove leve. Con un solo disco all’attivo, King of Pain del 2024, vomitano sul palco di Cremona heavy fucking metal allo stato puro per il tramite di mazzate implacabili quali “King of Pain”, “Let Them Go”, “Whispers in the Dark”, “Inside the Walls” per chiudere con “Evil” dei Mercyful Fate. Solidissimi, i più HM della giornata, per il momento.
Wyv85
Secondo appuntamento con la storia siglato dai Wyv85 del bassista Fausto Tinello, una delle colonne dell’HM italico, anche per i suoi trascorsi nella band progenitrice, i Wyvern. Ad accompagnarlo, altre vecchie triglie (in positivo, of course!) della siderurgia applicata alla musica quali Fabio Bonaccorsi (voce), Giovanni Cripotos (chitarra) e Giorgio Cremonesini (batteria), nientepopodimeno che la line-up originale dei Wyvern dal 1985 al 1987. Una “piena” di classicissimo HM, con fugaci ma ben presenti richiami alla tradizione più antica del Metallo, la loro: “Bounty Killer”, “Out of Time”, “Face the Truth”, “Save Humanity”, il nuovo singolo “Black Cloud” e “Walking in the Night”, in chiusura.
Tarchon Fist
Terzo e ultimo appuntamento con la storia dell’acciaio tricolore nel momento in cui si appropriano del palco i Tarchon Fist di Lvcio Tattini e Wallace Pazzini. Sei i pezzi sciorinati, all’insegna della parabola più recente del gruppo bolognese e con le sole “Bad Man Mania” e “The Game Is Over” a rappresentare il loro passato remoto. Il resto è totalmente Mirco “Ramon” Ramondo-nativo, quindi “I Stole a Kiss to the Devil”, “Ireland’s Rebel”, “No Mercy for the Enemy” e “Soldiers in White”. Inutile sottolineare che sempre di heavy classico si tratta, in piena continuità con quanto riversato di fronte al palco da parte degli altri storici gruppi italiani esibitisi precedentemente.
Crashdiet
Una cacciavitata all’insù ai suoni, peraltro già dignitosissimi, accompagna i Crashdiet, band con 25 anni di storia sul groppone costituita da quattro svedesi belli carichi che sia a livello visivo che di proposta musicale ricordano da vicinissimo un ideale mix fra Skid Row, Motley Crue, Pretty Maids, L.A. Guns, Enforcer. Ovviamente si intendono queste band di riferimento nel loro periodo d’oro. Alle sopraccitate si aggiunga un po’ di sporcizia Hanoi Rocks e il gioco è fatto. La loro è la tipica formazione che in un festival ci sta come il cacio sui maccheroni, per dirla all’antica e all’italianissima maniera, anche se di matrice marcatamente heavy metal come a Cremona. Forza, potenza ed entusiasmo sgorgano che è un piacere e costituiscono sollucchero per tutti gli amanti dell’hard rock ultra metallizzato fatto con i controcolleoni. Certo è che con un pezzone come “Together Whatever” risulta facile far impazzire in pubblico del Luppolo, ma tant’è, è farina del loro sacco e quindi semplicemente chapeau! Setlist killer, quindi, tenendo conto che propongono anche “Riot in Everyone”, “Queen Obscene”, “Cocaine Cowboys”, “Native Nature”, “Chemical”, “Breakin’ the Chainz”, “It’s a Miracle” e “Generation Wild” ma risulta autentico sacrilegio non aver incluso il lento “I Can’t Move On” dal loro ultimo album, Automaton, del 2022.
Senza dubbio i più coinvolgenti e frizzanti della giornata. Ma si badi bene: poggiando unicamente sulla forza delle loro canzoni! Se viceversa si mette sul piatto della bilancia anche la storia e il palmares ovviamente il gradino più alto del podio va ai Running Wild, come da facilissimo pronostico.
Firewind
Penultimi in scaletta, i Firewind martellano di brutto, va sottolineato, ma per un po’ sembrano portare a compimento il compitino. Non perché suonino male, assolutamente, il problema è che non hanno nel carniere quel genere di pezzi in grado di infiammare per davvero il pubblico. Tutto qua. Nonostante il funambolismo chitarristico di Gus G., uno dal curriculum lungo così, la loro proposta fa fatica ad arrivare. Poi la svolta, nel momento in cui sparano una versione al vetriolo del classicissimo “Maniac”, brano immortale vergato Michael Sembello, facente la parte del leone all’interno della colonna sonora del film Flashdance, del 1983. A seguire, prima di chiudere il loro set, “Falling to Pieces”, che finalmente restituisce ai greci il meritato boato da parte dell’audience, a quel punto ben surriscaldata.
Running Wild
Splendidi, scintillanti, possenti, calati al 100% nel ruolo di headliner con autorevolezza. I Running Wild si confermano i padroni assoluti del palco del Luppolo. “Fistful of Dynamite”, “Piece of the Action” e “Bad to the Bone” costituiscono terzetto di purissimo Heavy Metal. Il gioco di luci, prevalentemente a base bianca, esalta particolarmente la figura di Rock‘N’Rolf Kasparek e gli addobbi della divisa piratesca che indossa. Il resto della band, Peter Jordan alla chitarra, Michael Wolpers alla batteria e Ole Hempelmann al basso non è da meno e pesta quanto serve. I tedeschi si dimostrano quadrati, monolitici, 100% HM grazie anche a dei suoni bombastici in grado di dar piena tonalità e forma alle loro mazzate elargite sotto forma di canzone. In buona sostanza quello che dai Running Wild si aspettano tutti.
Poi, piano piano, le cose cambiano, man mano che scorrono i minuti ed è impossibile, anche se si è ciecamente innamorati di loro, come la pressoché totalità dei presenti, non notare che la scaletta sia stata compilata in modalità chirurgica affinché le corde vocali di Kasparek possano rifiatare il più possibile, quindi con canzoni ad hoc e pause studiatissime, compreso un Drum Solo piazzato scientificamente a metà set. Scelte molto probabilmente obbligate per preservare la tenuta di Rolf che però determinano l’assenza di alcuni classici a favore di altri pezzi un po’ meno clamorosi (eufemismo). Tirare in là l’inizio del concerto, poi, quando tempo ce n’era a iosa dal momento che i Firewind avevano finito il loro show da un bel momento, non è stato un bel segnale, anche perché attaccare con una “Rock’N’Roll All Nite” dei Kiss seguita dalla strumentale “Chambers of Lies” (che ci stava tutta, sia chiaro!) si è rivelata una furbata atta solamente a incrementare il contatore dei minuti della performance, senza però profferire parola al microfono. “Branded and Exiled” con i batti e ribatti del pubblico può anche essere stata scenografica ma, di fatto, ha tolto spazio prezioso che poteva essere utilizzato in altro modo. Dopo due classiconi della portata di “Soulless” e “Under Jolly Roger” e ovviamente la scontata pausa d’ordinanza legata alla finta fine del concerto, si chiude sulle note di “Treasure Island” uno show durato poco più di un’ora.
Come si intitola quel famoso dramma di Luigi Pirandello del 1917?
Così è (se vi pare)…
Che fa il paio con il detto lombardo “Piutost che nient l’è mei piutost!“
Ovvero “piuttosto che niente è meglio piuttosto”.
Che suona un po’ come il più utilizzato, a livello nazionale “chi si accontenta gode”, di doppia valenza, positiva o negativa, sulla base dell’interpretazione e della sensibilità di ognuno.
Esattamente quello che è accaduto per i Running Wild a Cremona la notte di sabato 19 luglio 2025.
Stefano “Steven Rich” Ricetti