Live Report: Dream Theater a Padova
DREAM THEATER
23/01/2014 – Gran Teatro Geox, Padova
Live Report a cura di Filippo Blasetti e Nicola Furlan
Photo Report a cura di Daniele ‘Troll’ Peluso
Se qualcuno, nel periodo intercorso dal 2003 (anno di uscita di “Train of Thought”) al 2009 (anno di uscita di “Black Clouds & Silver Linings”) avesse voluto scommettere con il sottoscritto sulla fine artistica dei Dream Theater, avrebbe sicuramente vinto! A parte l’esclusivo e controverso capitolo “Octavarium”, per quanto mi riguarda, la band era ormai sulla via del tramonto. Petrucci poco ispirato, LaBrie in costante calo vocale, Portnoy eccessivo fino allo sfinimento… Insomma, non riuscivo davvero più ad apprezzarli.
Capitoli (capolavori) del loro primo decennio produttivo a parte, è solo con le ultime due release che la band ha ritrovato melodia, definendo ambiti compositivi a lei più congeniali, quelli che di fatto avevano reso i Dream Theater leggendari, nonché precursori di uno stile unico, ricercato e fruibile.
Ma il banco di prova più importante è il palco, si sa. E qui la band non sbaglia mai; ‘pesante’ o no che sia, apprezzato o disprezzato nel proprio continuo cambiamento stilistico, il quintetto suona in maniera straordinaria.
Michael Mangini è una macchina di perfezione e non fa rimpiangere il vecchio drummer Portnoy, sebbene il buon Mike è stato, per certo, un personaggio senza tempo ha caratterizzato stile ed immagine del gruppo. LaBrie canta benissimo a differenza del passato dove, non di rado, peccava molto sugli alti. A voler spendere una parola su tutti: né Myung, né Rudess hanno mai dato prova di bassa qualità… dubbi su questi due ultimi personaggi citati, quindi, nessuno!
Eccellente la setlist per una durata complessiva di tre ore. La prima parte omaggia le ultime release. Sono i brani più riusciti ad essere portati sul palco, anche se è difficile trovare pezzi deboli realizzati di recente. Un secondo e un terzo set sono dedicati al ventennale e quindicinale dalla release, rispettivamente di “Awake” (1994) e di “Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory” (1999). Dal capolavoro del 1994 salta fuori l’intera seconda parte del disco (…ahimé, The Silent Man esclusa), dal super concept pubblicato un lustro dopo quattro brani pescati qua e là (…ahimé, The Spirit Carries On esclusa).
Ottima la resa acustica del Gran Teatro, ma già lo sapevamo, proponendo questa location una cura notevole del rendimento acustico, nonché un servizio cibo e bevande di tutto rispetto. Certamente uno dei posti al chiuso migliori che il panorama nostrano possa proporre al momento.
Nicola Furlan
L’ultima volta che vidi i Dream Theater dal vivo, era il 2003 ed il Tour era quello di “Six Degrees of Inner Turbulence”; io li avevo scoperti da un paio d’anni e tra “Images and Words” e “Metropolis Pt.2 – Scenes from a Memory”, sapevo a memoria qualsiasi sfumatura della loro musica, e ne ero follemente perso.
Quando mi si e’ presentata l’occasione di poterli vedere dal vivo a distanza di 14 anni, un quantitativo di lavori impressionante, e soprattutto un cambio di line-up particolarmente critico, ho colto la palla al balzo proprio per vedere cosa fosse cambiato da quel concerto che tengo ancora nel cuore per quanto mi era piaciuto allora (da tenere conto che avevo 16 anni).
Il Teatro Geox e’ stato molto facile da raggiungere, ed a parte una brevissima coda sullo svincolo della tangenziale, dal momento in cui siamo scesi dalla macchina sarebbero bastati 3 minuti per essere all’interno senza alcun tipo di affollamento.
L’interno, molto spazioso e ben organizzato faceva si che le molte persone accorse avessero spazio sufficiente per non sentirsi costretti, ad una distanza massima assolutamente ragionevole. Il pavimento in leggera pendenza poi ha reso tutto ancora piu’ facile.
Insomma, un bel 10+ alla venue, che mi ha lasciato veramente contento.
Il palco, organizzato alla perfezione, prevedeva un grande schermo alle spalle che proiettava dalle riprese dei musicisti stessi ad un insieme di concept art studiate appositamente per la performance live, il che permetteva a tutti gli astanti di avere sempre una visione completa dei propri beniamini, veramente ben curato.
Giusto il tempo di fare queste due rapide considerazioni che i DT si sonopresentati sul palco, salutati fragorosamente da un pubblico evidentementeaffezionato.
Personalmente gli ultimi dischi dei Dream Theater non sono riuscito ad ascoltarli attentamente, di conseguenza, la gran parte della setlist era nuova per me, e non ho potuto fare a meno di notare una certa carenza creativa nel corso dei singoli brani, come se fossero inutilmente stiracchiati pur di farli durare, senza per forza inserire spunti interessanti nelle varie sezioni dei brani.
Chiaramente la performance Live e’ stata di livello inarrivabile, suoni precisissimi, esecuzioni cristalline da parte di tutti i componenti, con una particolare menzione a James LaBrie, sempre un’incognita dal vivo, ma che questa volta (come nel 2003) ha dato sfoggio di una gran capacita’ vocale e di un gran controllo, inaspettatamente bravo!
L’unica nota leggermente stonata e’ stato il constatare l’eccessiva freddezza della formazione senza l’estro di un Mike Portnoy di cui personalmente ho sentito parecchio la mancanza (per quanto come personaggio non e’ che mi stia granche’ simpatico). Mike Mangini e’ sopraffino, per usare un eufemismo, chirurgico, i suoi tocchi sono perfetti, ma come un chirurgo appuunto, mi e’ risultato completamente asettico.
Era come se un computer perfetto stesse suonando cose complicatissime, Mike Portnoy dava l’idea che fosse un pazzo furioso a suonare cose complicatissime, non so se mi spiego.
Certo, i Dream Theater non hanno mai nascosto la loro tendenza alla perfezione che io chiamo “diamantiforme” e cioe’ talmente perfetta da risultare come un diamante, che scatena emozioni per la luce che emana, ma che molecolarmente e’ un insieme ordinato alla perfezione senza nessuna variabile impazzita che possa sorprendere e caratterizzare.
Ma questa sensazione su Mangini, unita alla mia impressione di inizio concerto riguardo la carenza creativa, si sono rinforzate a vicenda. Quando poi, al momento degli encore, sento attaccare “Ouverture 1928” tutto il mio ragionamento arzigogolato mi si sbroglia di fronte come le luci dell’albero di natale quando trovi quel nodo che ti faceva diventar scemo da ore.
La sequenza di encore “Ouverture 1928 – Strange Deja Vu – The Dance of Eternity – Finally Free” mi danno l’impressione lampante di avere davanti totalmente un altro gruppo.
Sono loro stessi sul palco ad essere piu’ aggressivi, piu’ partecipi addirittura, si VEDE che sono canzoni che smuovono dentro di loro qualcosa di arcaico, e Mangini suona in un altro modo. Suona le parti di Portnoy alla perfezione, ma quelle parti sono state scritte in modo che possano essere suonate SOLO come in quel disco (caratteristica che lo rende unico nel suo genere) e tutto prende una forma definita.
Per fare il punto definitivo della performance, i Dream Theater restano a mio parere nell’olimpo degli esecutori tecnici dal vivo, ci si sente al cospetto di marziani quando sono sul palco, suonano per quasi tre ore, con una breve pausa in mezzo, senza perdere il minimo smalto.
Ma non a caso ho usato il termine “esecutori”, perche’ il giudizio finale mi costringe a recluderli in questa categoria. Le loro canzoni piu’ recenti sono asettiche, quando invece si trovano a suonare “le cover dei Dream Theater di una volta” sono perfetti e salgono ad un livello superiore.
Paragonandolo al concerto del 2003, la performance dei Dream Theater al Teatro Geox di Padova puo’ essere definita…
…Strange Deja Vu.
Filippo Blasetti
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Setlist
1° PARTE
The Enemy Inside
The Shattered Fortress
On the Backs of Angels
The Looking Glass
Trial of Tears
Enigma Machine + Solo di Mike Mangini
Along for the Ride
Breaking All Illusions
2° PARTE
The Mirror
Lie
Lifting Shadows Off a Dream
Scarred
Space-Dye Vest
Illumination Theory
3° PARTE
Overture 1928
Strange Déjà Vu
The Dance of Eternity
Finally Free
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