Folk - Viking

Live Report: Feffarkhorn 2019 – 13/14 settembre, Cimadolmo (Tv)

Di Marco Donè - 25 Settembre 2019 - 11:00
Live Report: Feffarkhorn 2019 – 13/14 settembre, Cimadolmo (Tv)

FEFFARKHORN 2019 – 13/14 SETTEMBRE, GRAVE DEL PIAVE DI CIMADOLMO (Tv)

 

 

Nei giorni 13-14-15 settembre, nelle grave del Piave a Cimadolmo, in provincia di Treviso, si è tenuta la seconda edizione del Feffarkhorn, festival a ingresso gratuito dedicato alla cultura folk, in tutti i suoi aspetti. Non poteva mancare la componente musicale e, così, Truemetal.it è stato invitato a presenziare nelle giornate di venerdì 13 e sabato 14 settembre, quelle caratterizzate da delle sonorità legate al metallo pesante. Eccovi quindi il resoconto di questa bellissima esperienza.

 

Live report a cura di Marco Donè

 

GIORNO I – VENERDÌ 13 SETTEMBRE

A causa di un po’ di traffico incontrato durante il tragitto per il Feffarkhorn, arriviamo a Cimadolmo, nell’area del festival, poco prima delle 20:30. Il primo gruppo sta già suonando e, dopo aver parcheggiato l’auto, ci affrettiamo a raggiungere il palco. L’idea è quella di concentrarsi subito sui gruppi, ma l’ambientazione che ci accoglie, una volta entrati nell’area concerti, ci lascia esterrefatti. Davanti a noi è come si ci trovassimo in una sorta di rievocazione medioevale, con una distesa infinita di stand, in cui compaiono cartomanti, botteghe di abbigliamento di epoche passate, di lavorazione della pelle, di coltelli, amuleti e tanto altro ancora. Ci sono dei veri e propri accampamenti di guerrieri, ognuno con il proprio clan, pronti a darsi battaglia l’indomani. Un curatissimo angolo dedicato al drink & food, con varie pietanze a base di carne alla griglia, e tanta birra. Una sorta di paradiso, verrebbe da dire. Dopo l’estasi iniziale, torniamo però in noi, e ci proiettiamo sotto il palco, a seguire i concerti.

 

KORMAK

Aprono le danze i pugliesi Kormak, che si presentano sul palco in cinque, guidati dalla grintosa cantante-flautista Zaira de Candia. I suoni sono ben bilanciati e mettono in evidenza l’operato delle chitarre del duo Dionisio-Intini. I Nostri pescano a piene mani dal loro debut album “Faerenus”, pubblicato nel 2018 via Rockshots Records e tengono bene il palco, sfoggiando un look ricercato. A fare la differenza è la cantante Zaira, che sfoggia un growl potentissimo, per poi cantare in clean voice, spingendosi fino a delle partiture liriche. La sua presenza scenica è la perfetta rappresentazione delle linee vocali: aggressiva, con un furioso headbanging, nelle parti in growl, sentita e delicata nelle parti in clean voice e liriche. Tra le canzoni proposte dal quintetto di Bari spiccano ‘July 5th’, canzone struggente e carica di pathos, presentata con tanta emozione da Zaira, e la conclusiva ‘Faerenus’, che viene anticipata dai ringraziamenti allo staff, ai gruppi che condividono con loro il palco in questa serata e a tutti coloro che supportano la scena. La canzone è introdotta dall’ammonimento: «Se mai la doveste incontrare, non aprite la porta di Faerenos». I Kormak salutano il pubblico e ricevono il meritato plauso. Una band compatta e molto interessante, ottimo inizio di serata.

 

VALLORCH

Tocca poi ai veneti Vallorch, che potremo definire la band di casa, o quasi. Li abbiamo visti di recente in azione sul palco del Summer Metal 2019 (qui il nostro report), dove furono vittima della sfortuna, con uno show interrotto a causa di un autentico nubifragio. Con molta curiosità, quindi, assistiamo al loro live. Alle spalle della batteria fa bella mostra di sé un backdrop con la copertina del loro ultimo disco, “Until Our Tale Is Told”, pubblicato nel 2015. I Nostri hanno esperienza da vendere, tengono il palco con energia e sanno coinvolgere un pubblico che, piano piano, sta diventando sempre più numeroso. Sul palco spicca la carica della cantante Sara Tacchetto, che non si risparmierà un attimo, vivendo in maniera sentita le atmosfere delle varie tracce, lanciandosi in headbanging e “mulinelli”, sfruttando la sua lunga chioma bionda. Sara, inoltre, si occuperà anche delle parti con le cornamuse e il flauto, ma è tutta la band a essere in palla, liberando nell’aria tonnellate di adrenalina che vanno a conquistare tutti i presenti. Una band rodata, che regala uno show intenso e di livello, con dei suoni che continuano a essere ottimi. Per il momento, una serata di assoluto valore, e il più bello deve ancora arrivare.

 

DALRIADA

Verso le 23:00 entrano in scena gli headliner della serata, gli ungheresi Dalriada. I Nostri si presentano sul palco in sei, con un look curato ed elegante e si rivelano la band con la matrice folk più accentuata, tra quelle che hanno calcato il palco in questa prima serata del Feffarkhorn. I Nostri, infatti, ci deliziano con partiture metal e altre più sognanti, quasi magiche, che potrebbero essere definite come una sorta di colonna sonora per una favola, che ci narra una storia i cui protagonisti sono le piccole creature protettrici dei boschi. Non mancano, inoltre, i frangenti in cui la band dà ampio spazio alla tradizione della propria terra, proponendo elementi che sanno di musica popolare ungherese. Il pubblico risponde alla grande, d’altronde, con una proposta così variegata e personale, non poteva essere altrimenti. Sotto il palco, infatti, i presenti manifestano un entusiasmo straripante, lanciandosi andare in danze varie, rendendo la serata unica. Sulle assi i Nostri mettono in mostra tutta la loro esperienza, riversando sul pubblico tonnellate di energia e positività. I suoni sono sempre ben curati e valorizzano le singole parti di ogni strumento, mettendo in evidenza il gran lavoro svolto dal sestetto. Il punto di forza dei Dalriada sono però i cori, che dal vivo si rivelano travolgenti. Ci stiamo avvicinando alla fine, il gruppo ungherese saluta il pubblico e rientra nel backstage ma, come da tradizione, viene chiamato a gran voce dai presenti, che non ne hanno abbastanza. Il primo a entrare in scena è il tastierista, che ci regala un intermezzo di musica classica. Verrà poi seguito dal resto della band, con il chitarrista-cantante András Ficzek che farà il suo ingresso con una serie di capriole sul palco. I Nostri regalano ancora un pezzo e poi salutano un pubblico entusiasta. Degna chiusura di una serata da incorniciare.

 

GIORNO II – SABATO 14 SETTEMBRE

Il sabato arriviamo al Feffarkhorn nel tardo pomeriggio, con largo anticipo rispetto all’orario di inizio concerti. La voglia di godersi l’ambientazione e vivere i vari spettacoli itineranti che si sono susseguiti fin dalle prime ore della mattina, è tanta. Entrati così nell’area concerti notiamo con piacere la grande affluenza di appassionati e curiosi, e veniamo accolti da dei musici erranti, che si sposteranno in varie zone del Feffarrkhorn per intrattenere i presenti. Notiamo il folletto Feffarkhorn, la mascotte del festival, impersonato da un attore vero e proprio, che si diverte a importunare il pubblico con scherzi vari, subendone a sua volta. L’area drink & food è letteralmente presa d’assalto. E così, tra uno spettacolo e l’altro, tra una birra e l’altra, il tempo vola e, verso le 20:30, come da programma, il palco inizia ad animarsi.

 

BALT HUTTAR

Ad aprire le danze della seconda giornata del Feffarkhorn ci pensano i Balt Huttar, formazione della provincia di Vicenza che ha pubblicato il proprio debutto discografico nel 2018, intitolato “Trinkh met miar”, disco autoprodotto. La proposta dei Nostri è caratterizzata da vari elementi, che partono da un folk metal di chiara derivazione Skyclad, fino ad arrivare a influenze che sanno di musica popolare, visto il forte uso della fisarmonica, suonata dalla cantante Ilaria Vellar, e del flauto, suonato dal cantante Jonhatan Pablo Berretta. La particolarità dei Balt Huttar è proprio questo caleidoscopio in musica, che trova la propria massima rappresentazione nei testi, dove si alternano parti in inglese, italiano e cimbro, un vecchio dialetto di derivazione germanica, parlato nell’altopiano di Asiago, luogo di origine della band. Sotto il palco è già presente una vera e propria folla e i Nostri si impossessano della scena con quella sana follia e voglia di divertimento che caratterizza alcuni dei loro testi. I suoni risultano curati, addirittura migliori del venerdì. Poc’altro da dire: una prestazione convincente, per una formazione dotata di personalità e idee chiare.

 

KANSEIL

Tocca poi ai Kanseil, la band di casa, visto che è originaria della provincia di Treviso. Con loro le atmosfere si fanno più maestose e imponenti. I Nostri salgono sul palco in sette e, oltre agli strumenti “classici”, trovano ampio spazio la cornamusa, il flauto e il rauschpfeife. Nonostante la varietà di così tanti strumenti, però, i suoni risultano ben bilanciati, valorizzando il sound della band.
I Kanseil sono ormai una formazione matura, compatta e nella dimensione live riescono a dare il meglio di sé, regalando una prestazione sentita, carica di pathos, dove ogni membro vive ogni singola nota e ogni singola parola dei propri testi, trasmettendo emozioni fortissime. Il look di scena è la perfetta rappresentazione di musica e testi e crea ulteriore magia alla loro esibizione, tanto che il pubblico parteciperà con trasporto per tutta la durata dello show. Da segnalare, inoltre, sulla bellissima ‘Orcolat’ – canzone caratterizzata da continui cambi d’atmosfera, con partiture ora più delicate e introspettive, ora più violente e dirette – il duetto al microfono tra Andrea Facchin e Andrea Mezzarobba, cantante dei Chronic Hate e amico di lunga data dei Kanseil.
In questa serata i Nostri decidono di puntare sull’ultima fatica, “Fulìsche”, album uscito nel 2018 via Rockshots Records, che ci ha regalato una formazione in crescita esponenziale, che può ambire a un ruolo importantissimo all’interno del movimento folk nazionale, e non solo, come dimostra la prestazione di questa sera: perfetta sotto ogni punto di vista. Promossi a pieni voti.

 

FUROR GALLICO

Dopo un lungo cambio palco, arriva il momento clou della serata: i Furor Gallico entrano infatti in azione. La band di Monza, che ha da poco pubblicato lo splendido “Dusk of the Ages”, è sicuramente uno dei nomi forti della scena folk nazionale, e non solo. Un folk molto personale, che passa da momenti delicati, dettati dalla presenza dell’arpa, ad altri più spietati e violenti. Come con i Kanseil, anche con i Furor Gallico le atmosfere si fanno intense, cariche di spessore emotivo, evidenziando una personalità forte e marcata. Sotto il palco si è riversata un’autentica marea umana, che testimonia una volta in più il valore e l’interesse che la band capitanata da Davide Cigalese ha saputo conquistare nel corso di questi anni.
I Nostri, giustamente, puntano sull’ultimo lavoro, che ha fatto tanto parlare di sé. Si susseguono così canzoni del calibro di ‘The Phoenix’, ‘Waterstrings’ e ‘Canto d’inverno’, che evidenziano le anime che compongono il sound della band. In questa serata i Furor Gallico appaiono in perfetta forma, suonano con precisione e con una presenza scenica che sa coinvolgere il pubblico. Vedere poi sul palco l’arpa, è un qualcosa che crea una magia unica. Anche i duetti tra il già citato Davide Cigalese e Valentina Pucci risultano azzeccati, e donano alle composizioni un’aura diversa, carica di pathos. La band, inoltre, dimostra di crederci davvero, trasmettendo grande passione, ma dimostra anche di avere i piedi ben piantati a terra, di avere umiltà e rispetto. Davide Cigalese, infatti, ringrazierà più volte l’organizzazione, i gruppi che hanno suonato prima di loro, ma anche gruppi con cui hanno suonato in passato, su altri palchi, e che hanno incontrato al Feffarkhorn, come semplici spettatori. È questo il caso dei Chronic Hate, con cui i Furor Gallico hanno suonato poche settimane prima. Un particolare che evidenzia quanto scritto poco sopra: un credo e una forte convinzione nei propri mezzi, ma anche tanto rispetto, umiltà e umanità. Lo show si conclude con ‘The Gates of Annwn’, con un pubblico in tripudio. Il Feffarkhorn non poteva avere conclusione migliore.

 

CONCLUSIONI

Un’esperienza positiva quella vissuta al Feffarkhorn, che si è rivelato un festival ambizioso, interessante e con un margine di crescita enorme. Se pensiamo che ci troviamo solamente alla seconda edizione, non possiamo che ben sperare in previsione futura. I complimenti vanno all’organizzazione, attenta su tutti gli aspetti della kermesse. La location risulta splendida e valorizza l’idea che sta alla base del festival: vivere e dare ampio spazio alla cultura folk, in ogni suo aspetto. La musica, infatti, non appare come l’unica attrattiva del festival, ma come il suo valore aggiunto. Un qualcosa che sottolinea la cura e la ricerca del dettaglio che l’organizzazione ha avuto per realizzare il Feffarkhorn 2019. Il potenziale per crescere e ambire a diventare un riferimento a livello nazionale, e non solo, c’è tutto. Aspettiamo fiduciosi l’edizione 2020.

 

Marco Donè