Prog Rock

Live Report: Jethro Tull 50th Anniversary @ Teatro Dal Verme, Milano 04/11/2019.

Di Davide Sciaky - 5 Novembre 2019 - 18:48
Live Report: Jethro Tull 50th Anniversary @ Teatro Dal Verme, Milano 04/11/2019.

JETHRO TULL

04/11/2019 @Teatro Dal Verme, Milano

È lunedì sera, siamo a Milano al Teatro Dal Verme che ospiterà questa sera una delle date italiane per il 50esimo anniversario dei Jethro Tull (anche se, come ci diceva Ian Anderson stesso nella nostra intervista, ormai siamo arrivati al 51esimo anniversario).
Il teatro si riempie rapidamente e arriva ad essere completamente pieno o quasi quando alle 21.02 la band sale sul palco in mezzo ad uno scrosciante applauso.
Normalmente non farei caso all’ora, ma dopo aver sentito Ian parlare per minuti di orologi svizzeri e di come lui sia in grado di renderli incredibilmente precisi, due minuti di ritardo sembrano un’eternità.
Scherzo (ma forse non troppo).

La band parte subito con la doppietta ‘For a Thousand Mothers’ e ‘Love Story’ suonate di seguito, poi Ian si rivolge al pubblico per presentare lo show di stasera: come ci aveva raccontato nell’intervista, lo spettacolo ripercorrerà i primi anni della band, gli anni in cui suonavano al Marquee Club. Il concerto vedrà anche il contributo di alcuni ex membri e fan della band che, tramite dei videomessaggi registrati, introducono le canzoni.
Su queste parole si spengono le luci e sul telone in fondo al palco compare Jeffrey Hammond, secondo bassista della band, che presenta un pezzo che è stato scritto proprio per lui, “A Song for Jeffrey”.
La prima parte del concerto, continua quindi con pezzi dei primissimi anni della band, principalmente del ’68 e ’69, come ‘Some Day the Sun Won’t Shine for You’, ‘A New Day Yesterday’ e ‘Bourée’.
Tra un brano e l’altro troviamo vari musicisti, come l’ex chitarrista Mick Abrahams, o l’altrettanto ex chitarrista Tony Iommi (che lasciò temporaneamente gli Earth, poi diventati Black Sabbath, per unirsi ai Jethro Tull per un breve periodo) che presentano le canzoni suonate, momenti sempre carini e piacevoli intermezzi del concerto.
Divertente anche l’introduzione di Ian di ‘Darma for One’, “canzone che originariamente scrivemmo per permettere al nostro batterista Cleve Bunker di suonare il suo assolo di batteria, quindi la dedico a lui [applauso] … che non è morto eh, non fatevi strane idee”.
La nona canzone, ‘Thick as a Brick’, conclude il set ed è l’unica su cui vediamo un po’ di partecipazione del pubblico che applaude a tempo e a cui Anderson lascia cantare “Brick!” a fine pezzo.
Purtroppo, infatti, è impossibile non notare il problema che affligge molti concerti Prog delle band più storiche: la mancanza di ricambio generazionale porta spesso a concerti dal pubblico vecchio, diciamolo senza termini, che si comporta come davanti ad una rappresentazione teatrale. Certo, stare seduti a teatro non aiuta e non stiamo neanche parlando degli Slayer, ma sempre di Rock si tratta e guardandomi intorno ho visto gente assolutamente immobile, neanche un tamburellare di dita, per l’intera durata del concerto.
Chiaro, è un problema solo per la mia percezione, ma vedere l’immobilità ad un concero Rock mi mette un po’ di tristezza.
Durante la pausa ho il tempo di riflettere su quanto sentito finora e ho sentimenti contrastanti: da un lato la musica è suonata alla perfezione, le canzoni grandiose e anche il lato visivo dello spettacolo è molto piacevole. Dall’altro, purtroppo, il cantante scozzese troppo spesso fatica a raggiungere le note e la sua voce arranca.

Dopo un quarto d’ora il concerto ricomincia con un volto noto, nientemeno che Steve Harris compare sullo schermo a presentare ‘A Passion Play’ (d’altronde il bassista degli Iron Maiden si è sempre detto un grande fan dei Jethro Tull).
In questo secondo set Ian Anderson e compagni si spostano avanti di qualche anno con classici come ‘Too Old to Rock ‘n’ Roll, Too Young to Die’ e ‘Heavy Horses’ ed in un caso si spingono fino agli anni ’80 con ‘Farm on the Freeway’ da “Creast of a Knave”. In un caso si torna indietro negli anni, addirittura di qualche centinaio di anni, con ‘Pastime with Good Company’ che il cantante introduce scherzando, “Questa è stata scritta molto prima che io fossi nato” dato che fu scritta da Enrico VIII all’inizio del ‘500.
Continuano anche gli intermezzi, spesso anche ironici come quello di John Evans che si presenta in video con un cappello/maschera che gli incornicia la faccia in un girasole, o anche sorprendenti come quello di Slash (il cui amore per la band inglese non è troppo noto, o almeno non lo era a me) che presenta “una delle più grandi canzoni del Rock”, ‘Aqualung’.
La canzone conclude il set e la band lascia il palco, per tornare poco dopo a chiudere la serata con un altro classico leggendario, ‘Locomotive Breath’.

Giudicare un concerto dei Jethro Tull oggi ci pone nella difficile condizione in cui spesso ci mettono le band storiche che suonano ancora dal vivo: è possibile giudicare positivamente un concerto solo per l’importanza storica dei musicisti sul palco e della musica – loro originale – suonata, al di là di come viene suonata?
D’altronde avere magari 50 o più anni di carriera alle spalle non è cosa da poco, può essere questa una scusante per una performance meno che eccellente?

Nel caso dei Jethro Tull la situazione non è così grave: è vero, Ian Anderson fatica spesso cantando, ma ci sono lunghi pezzi strumentali, o brani interamente strumentali come ‘Bourée’, dove il suo flauto è ineccepibile ed emoziona ancora. La band che lo circonda, poi, è ottima e quindi il lato strumentale della musica è sempre di qualità, così come la produzione che in questo tour è più elaborata e sicuramente molto divertente. Anche la scaletta incentrata sui primi dieci anni circa di carriera dei Jethro Tull, una collezione di classici, è un punto a favore. Nonostante l’età, infine, il musicista scozzese è più energico che mai e corre su e giù per il palco, saltella e ondeggia su un piede solo mentre suona il flauto, una cosa che non può che farcelo apprezzare molto.
Insomma, il concerto è godibile, anche molto piacevole per i più nostalgici, i fan sfegatati della band, e chi non ha mai visto prima il gruppo, peccato solo per la voce di Anderson (per cui però difficilmente si potrà fare qualcosa ormai) che se fosse al top renderebbe il concerto assolutamente perfetto.

Setlist:

Set 1
For a Thousand Mothers
Love Story
A Song for Jeffrey
Some Day the Sun Won’t Shine for You
Dharma for One
A New Day Yesterday
Bourrée
My God
Thick as a Brick

Set 2
A Passion Play
Too Old to Rock ‘n’ Roll, Too Young to Die
Pastime With Good Company
Songs From the Wood
Heavy Horses
Warm Sporran
Farm on the Freeway
Aqualung

Encore:
Locomotive Breath