Live Report: King Diamond + Paradise Lost @ Alcatraz, Milano – 16/06/2025

Live Report: King Diamond + Paradise Lost @ Alcatraz, Milano – 16/06/2025
a cura di Davide Sciaky
Photo Report completo: https://www.truemetal.it/live/photo-report-king-diamond-paradise-lost-alcatraz-mi-16-06-2025-1193963
Sicuramente tra i concerti più attesi dell’estate, e dell’anno, lo show di King Diamond a Milano ha segnato il ritorno del leggendario cantante danese dopo ben 19 anni dall’ultima esibizione italiana.
Per contestualizzare, all’epoca del suo ultimo concerto italiano Ronnie James Dio era vivo e stava benone e Dimebag Darrell era morto da appena un anno e mezzo. Insomma, sembra passata una vita da quella data al Live di Trezzo, e forse qualcuno si sarà anche chiesto se un Re Diamante quasi 70enne potesse reggere il confronto con il ben più giovane cantante che avevano visto tanti anni prima.
Per farla breve, la risposta è: eccome!
Ma andiamo con ordine.
Ad aprire il concerto troviamo un gruppo spalla d’eccezione, i Paradise Lost, gruppo fondamentale nella scena Doom che tornerà tra pochi mesi da headliner per presentare il nuovo album. Nonostante la band abbia recentemente pubblicato un nuovo singolo, “Silence Like The Grave”, questo non viene suonato e la breve scaletta attraversa tutta la storia passata degli inglesi. Con una discografia enorme e solo 45 minuti a disposizione i Paradise Lost sono costretti a fare delle scelte e chiaramente non tutti gli album possono venire rappresentati, ma tra una “Pity the Sadness” del terzo album “Shades of God” e “Ghosts” dal recente “Obsidian” la setlist copre bene la produzione del gruppo. Solo dal capolavoro “Draconian Times” viene suonata più di una canzone, “Enchantment” e “The Last Time”, com’è giusto che sia, ci verrebbe da aggiungere.
Il cantante Nick Holmes parla poco, giusto una rapida presentazione della band proveniente dal “Regno Unito dello Yorkshire in Inghilterra”, ma è la musica a farla da padrona. Si vedono tanti tra il pubblico che conoscono bene la produzione degli inglesi e che cantano contenti, insomma, l’atmosfera si riscalda fin da subito grazie ad un’ottima esibizione che pecca solo a livello vocale in qualche momento di leggero calo di Holmes, ma nulla di veramente rilevante.
Dopo la prima esibizione il palco viene coperto da un telone con il logo di King Diamond, tra le acclamazioni del pubblico, per permettere l’allestimento della scenografia dell’headliner.
Quando finalmente viene calato, scopriamo una scenografia tra le più imponenti mai viste all’Alcatraz: una struttura a due piani che ospita il batterista Matt Thompson e la corista Hel Pyre al primo piano, e uno spazio per King (e occasionalmente anche Jodi Cachia, l’attrice che ricopre vari ruoli nello spettacolo) al piano superiore.
Dal piano terra della struttura si apre una porta, esce il cantante, si avvicina ad una bara con scritto “Abigail”, estrae una bambola che comincia ad “accarezzare” con un coltello e lo show ha inizio, e quale inizio migliore che con un’accoppiata di classici?
Spetta a “Arrival” e “A Mansion in Darkness” dall’immortale “Abigail” il compito di aprire lo spettacolo e il pubblico si scatena dal primo secondo. Dopo la seconda canzone, King introduce la band che viene immediatamente acclamata dal pubblico, su tutti Andy LaRocque, chitarrista che accompagna il cantante fin dal suo album d’esordio. Si torna proprio al leggendario esordio con la stupenda “Halloween” per poi saltare avanti di qualche anno con “Voodoo”, introdotta dal cantante tenendo in mano proprio una bambola voodoo.
Similarmente ai Paradise Lost, anche King Diamond rappresenta solo una frazione della propria discografia nella scaletta e, se il gruppo d’apertura era scusato dai limiti di tempo a disposizione, per l’headliner questa scusa è meno valida. Nell’arco della serata verranno infatti suonate solo canzoni dai primi 5 album, poi la già citata title-track di “Voodoo” e un paio di anticipazioni del nuovo album.
C’è da dire però che King Diamond ha 69 anni (compiuti appena un paio di giorni prima del concerto italiano) e se una scaletta modesta in lunghezza è il prezzo da pagare per avere un’esibizione di alto livello, forse va bene così. Durante la serata il cantante infatti non si risparmia, sale e scende di continuo dalle scale per arrivare alla cima della piattaforma da cui domina l’Alcatraz, canta in maniera eccellente, non mancano neanche cambi di maschere e interazioni con i compagni di band e con il pubblico.
Quando tra una canzone e l’altra qualcuno urla “Ti amo!”, il danese risponde senza esitazione, “Io no! Non so neanche chi cazzo sei!” tra l’ilarità generale.
Insomma, tra maschere, bambole, la sedia a rotelle che porta Cachia nel ruolo della “Grandma” e altre decorazioni assortite quello a cui assistiamo è molto più di un concerto, ma un vero e proprio spettacolo a tutto tondo.
Come anticipato, il pubblico dell’Alcatraz ha l’occasione di sentire due anteprime del nuovo album, prima “Spider Lilly”, presentata appena qualche mese fa per la prima volta, e poi “Masquerade of Madness”, già in scaletta dal 2019. Le due canzoni si amalgamano bene nella setlist e ci danno buone speranze per il prossimo album del Re Diamante che, nonostante la lunga attesa, sembra possa essere finalmente davvero alle porte.
Troviamo accenni al nuovo album anche nella scenografia con la scritta “Saint Lucifer’s Hospital 1920”, il titolo annunciato per l’album, presente in più punti del palco.
Tornando allo spettacolo, l’esibizione di tutti i musicisti è impeccabile, ed è impossibile non godere davanti agli intrecci di assoli tra LaRocque e Mike Wead, o davanti alle mitragliate di batteria di Thompson, ma chiaramente tutti gli occhi sono puntati su King Diamond che tra urla roche e falsetti demoniaci non sembra risentire degli effetti del tempo. Osservandolo insieme a Hel Pyre alle sue spalle, notiamo che la corista spesso neanche apre bocca durante certe urla o falsetti, a dimostrazione che il cantante è ancora in gran forma. Certo, può essere che venga usato qualche “trucchetto” per aiutarlo qua e là, ma se anche fosse (e non stiamo certo dicendo che sia effettivamente succeso) viene fatto con molta moderazione e in modo assolutamente impercettibile.
Dopo “Burn”, dodicesima canzone della serata, la band lascia per qualche momento il palco, giusto il tempo di sentire il calore del pubblico che li chiama per l’”encore”, per poi tornare per il gran finale. Una volta rientrati non cominciano subito, e King gioca un po’ con i presenti: si china sul palco per staccare una setlist, scherza che “la crew mi odierà per questo” e la passa ad un membro del pubblico (una donna, come specifica al microfono) alla quale chiede di leggere cosa c’è scritto come ultima canzone.
“Abigail”, risponde, e così la band comincia a suonare una delle canzoni più amate della propria discografia che conclude il concerto.
Al termine assistiamo al consueto lancio di plettri e bacchette della batteria, i musicisti salutano e si allontanano, rimane solo King Diamond che si ferma qualche attimo in più a salutare tutti i fan accorsi.
Allontanandoci dal palco non possiamo non notare l’entusiasmo di tutti, 19 anni sono una lunga, lunghissima attesa, ma il concerto di stasera ne è valsa certamente la pena.
Durante la serata il cantante ha confermato che la band tornerà in Italia una volta uscito il nuovo album, e certamente non vediamo l’ora che succeda!
Setlist:
Arrival
A Mansion in Darkness
Halloween
Voodoo
Spider Lilly
Sleepless Nights
Welcome Home
The Invisible Guests
The Candle
Masquerade of Madness
Eye of the Witch
Burn
Encore:
Abigail