Live Report: Royal Hunt a Brescia

Di Fabio Vellata - 18 Marzo 2014 - 10:00
Live Report: Royal Hunt a Brescia

Royal Hunt + Cloudscape + Infinity

Circolo Colony, Brescia – 11/03/2014

Live report a cura di Giacomo Cerutti

Dopo il grande concerto tenutosi alla R’N’R Arena di Romagnano Sesia nel 2012, i mitici Royal Hunt capitanati da André Andersen, fanno tappa al Circolo Colony per l’unica data italiana del tour mondiale di “A Life To Die For”, dodicesima fatica uscita l’anno scorso. All’ora di apertura è presente solo una manciata di fans nostalgici, che entrano in tutta tranquillità per ristorarsi ed accomodarsi sui divanetti.

Come opener della serata abbiamo gli Infinity, band power/metal locale nella quale militano Fabrizio Romani (fondatore) e Federico Ria, rispettivamente ex-chitarrista ed ex-batterista degli Skylark. Dalla nascita nel 2000 ad oggi il gruppo hanno subìto vari cambi di line up, incidendo un paio di demo e il debut album “Sons Of Infinity” nel 2006.
Stasera, li troviamo freschi di formazione pronti ad aprire le danze.
Entrando in scena esordiscono con “Justice Wind” dando subito una scossa agli spettatori: ovviamente la presenza di due “Skylark” è una garanzia, Fabrizio Romani sfodera riff tiratissimi ed assolo vorticosi, mentre Federico Ria pesta su piatti e pelli senza pietà. Izio Carrion alla seconda chitarra, da prova di grande talento creando un solido accompagnamento, rinforzato dalle dure linee di basso di Daniele Abbondio. Infine l’avvenente frontwoman Elena Tironi, ha una forte linea vocale, ben calibrata con un timbro molto deciso, adatta sia per i pezzi aggressivi che melodici.
Complessivamente gli Infinity dimostrano buona padronanza del palco: tra loro si nota forte sinergia; notevole poi l’interattività col pubblico. Il gruppo suona con passione e determinazione, in particolare Fabrizio, che prende con ironia la scarsa affluenza.

Ad ogni pezzo i presenti rispondono attivamente, ripagando con calorosi applausi: dopo “Power Symphony”, gli Infinity possono ritirarsi a testa alta per l’ottima performance.

Setlist:

Justice Wind
Live To Ride
Father Of Destiny
Follow Your Dreams
Son Between Sun And Earth
Power Symphony
 

La serata prosegue con gli svedesi Cloudscape, nati nel 2001 e forti di quattro dischi di cui l’ultimo “New Era” uscito nel 2012.
Accolti calorosamente da un pubblico leggermente aumentato, la band parte con “Mind Diary”, seguita da “Kingdom Of Sand” e “Before Your Eyes” tratte dall’ultimo lavoro. Il filone è sempre power/metal che però sfocia ben presto nel progressive con sfumature heavy, epic e soprattutto symphonic: Daniel Pålsson e Patrik Svärd si dimostrano estremamente talentuosi nello sfornare riff potenti e colorati da assolo intricati, bilanciando pesantezza e melodia. Il tutto è fortificato dalle vibrazioni di Håkan Nyander al basso, mentre Fredrik Joakimsson si destreggia tra piatti e pelli.
Infine Mike Andersson ha un forte timbro vocale che gli permette di mantenere una costante interazione con il pubblico che si dimostra, per altro, molto partecipe.
Tutti i componenti si mostrano, ad ogni modo, molto dinamici, sprigionano grinta ed entusiasmo: con i pochi pezzi a disposizione i Cloudscape conquistano il pubblico, terminando con “Under Fire” uno show di altissimo livello.

Setlist:

Mind Diary
Kingdom Of Sand
Before Your Eyes
Eyes Of Jealousy
A New Design
Demon Tears
Under Fire
 

Dopo aver assistito a due esibizioni di tutto rispetto, il pubblico è ben rodato per accogliere i tanto attesi headliner.
Il numero dei presenti non è aumentato molto, pur tuttavia, mai come in questo caso può valere il detto “pochi ma buoni”: la maggior parte di spettatori, infatti, sono veterani in febbricitante attesa.

Si spengono le luci e parte l’intro, i Royal Hunt prendono posizione sulle note di “Double Conversion” suscitando gran clamore: quando il frontman compare, si alzano urla ed applausi.
Si entra da subito nel vivo dello spettacolo: dopo una formidabile “The Mission”, la band si stoppa e finalmente parte il primo coro d’inneggiamento della serata che esplode in un boato sull’attacco di “Tearing Down the World”.
A differenza del concerto passato mancano le coriste: in alcuni pezzi, in effetti, i cori sono registrati. Ad ogni modo non manca l’apporto vocale da parte del chitarrista e bassista, con D.C. Cooper che, come sempre, se la cava egregiamente.
La sua voce è limpida e denota grande estensione nel sostenere poderosi acuti.

Per “Persy” Schelander (Astrakhan, ex-The Hunt), sostituito temporaneo del bassista Andreas Passmark, si rivela un ottimo rimpiazzo: i suoi giri di basso fortificano la sezione ritmica di Jonas Larsen che emette riff ed assolo a tutto spiano. Allan Sorensen alla batteria, è una macchina da guerra che si accanisce su piatti e pelli con immane potenza, mentre il maestro André Andersen colonna portante della band, si destreggia tra ben sei tastiere, arricchendo il tutto con stupende melodie armoniose e classicheggianti.
Le sue mani a seconda dei pezzi, scorrono sui tasti come dei fiumi in piena o quieti ruscelli.
I nostri beniamini hanno una forte presenza scenica: sono molto coesi tra loro ed interattivi col pubblico. Il dominatore rimane sempre D.C. Cooper: il frontman non rimane fermo un secondo, ha movenze eleganti da ballerino, la sua voce e il suo carisma catturano il pubblico. Ma è soprattutto la simpatia a far presa più di tutto: momento esilarante, ad esempio, quando mentre canta, fa notare che gli si è staccata la suola dello stivale, per poi toglierlo e sbatterlo sul palco.

Con il procedere dello show l’entusiasmo cresce: i nostri spaziano sul repertorio, scovando perle come “Running Wild”, “Time” e “Half Past Loneliness”, mentre dal nuovo disco vengono estratte le sole “A Life to Die For” e “Hell Comes Down from Heaven”, quest’ultima eseguita nell’encore richiesto a gran voce.
Proprio in occasione del bis, i Royal Hunt propongono un portentoso mix strumentale che si conclude con “Epilogue”, volutamente prolungata per la presentazione dei singoli componenti e per permettere a D.C. Cooper di spingersi sino alla transenna per far cantare il ritornello a tutta l’audience. Un buon modo per terminare in bellezza un concerto superlativo.

Al termine della performance i membri della band sono scesi dal palco per salutare di persona i fan e regalar loro qualche plettro, per poi ritirarsi nel backstage accompagnati da valanghe di urla e applausi.
Torna utile quindi la frase iniziale “pochi ma buoni”: purtroppo gli spettatori non hanno nemmeno sfiorato il centinaio di unità, tuttavia il supporto è stato ugualmente eccezionale. I Royal Hunt ne sono stati parecchio lieti a quanto dato di vedere.
Ultima menzione di merito infine, per l’ottimo lavoro svolto dai fonici ed in generale da tutta l’organizzazione del Colony.

Setlist:

Double Conversion
One Minute Left to Live
The Mission
Tearing Down the World
Hard Rain’s Coming
Running Wild
A Life to Die For
Cold City Lights
Time
Clown in the Mirror
Half Past Loneliness
Last Goodbye
Message to God

Encore:

Hell Comes Down from Heaven
Instrumental mix
Epilogue