Report: Y&T (S. Damaso – MO, 26/05/07)

Di Redazione - 13 Giugno 2007 - 0:00
Report: Y&T (S. Damaso – MO, 26/05/07)

Dave Meniketti = garanzia. Potremmo chiudere così, con una semplice quanto ineccepibile equazione, il report di una serata magica, la seconda che gli Y&T hanno regalato al pubblico italiano in questo 2007. Dopo il successo del giorno precedente in quel di Como (vedi report), la band si presenta al People of Art di S. Damaso (Modena) nell’ambito di una festa-tributo per il centenario della nascita di John Wayne, icona western nonché incarnazione di certo verace nazionalismo americano. Il locale ancora mezzo vuoto al diffondersi delle prime note conferma una personalissima tesi per cui in Emilia Romagna (e non solo), nonostante gli sforzi di chi tenta di organizzare qualche evento di spessore, ci siano tanti sederi piombati e poca voglia di macinare chilometri. Un peccato, perché il piatto forte del giorno è di quelli da rimpianto cronico per i giorni a venire, anche se girano voci di una seconda chance per i più distratti…

Si parte con i Markonee, quintetto felsineo che gli abituali avventori dei locali emiliani avranno ormai inquadrato. Il loro è un hard rock esuberante, che pesca sia dagli Ottanta che dal decennio precedente, con frequenti episodi corali e ritornelli studiati per coinvolgere l’ascoltatore sin dalle prime battute. Purtroppo non è una gran serata per Emiliano ‘Gurio’ Gurioli, vocalist che abbiamo apprezzato ad altri livelli, e la prestazione globale del gruppo finisce per esserne condizionata; a ciò si aggiunga un pubblico non particolarmente partecipe, destato soltanto dalla cover di We’re An American Band (Grand Funk Railroad) ma per lo più intento ad ambientarsi, e il gioco è fatto. L’apice del breve show è raggiunto dal nuovo singolo Marconi, dal grande appeal radiofonico, ma quello dei Markonee non è uno spettacolo indimenticabile. Lieve battuta d’arresto per una macchina oliata che, ne siamo sicuri, dal prossimo concerto tornerà a viaggiare a pieno regime.

Salutati da un’autentica ovazione delle prime file (che, fortunatamente, non sono più 2-3), gli Y&T si presentano con una granitica versione di Black Tiger che mette subito in chiaro un concetto: c’è chi insegue la storia e chi la storia l’ha scritta, a suon di dischi immancabili nella collezione di ogni fan dell’hard & heavy d’annata. Per soddisfare tutti dovrebbero suonare tre o quattro ore, ma Meniketti e co. hanno allestito una scaletta che non conosce punti deboli; certo, qualcuno lamenterà l’assenza di una Lonely Side of Town o di Open Fire (solo abbozzata dalla chitarra di Dave), ma come resistere di fronte a cotanta scorpacciata di classici? C’è il ritornello magnetico di Don’t Stop Runnin’, che fa cantare tutti a squarciagola. C’è Midnight in Tokyo, affascinante e sinuosa nel suo incedere. Ci sono Hurricane e Forever, che riportano velocità pura alla corte del gruppo, e Eyes of A Stranger, che invece ne incarna il lato più sensuale. Si potrebbe continuare per ore, elogiando l’eleganza di Don’t Be Afraid of the Dark o la carica rock di Rescue Me, senza peraltro avvicinare minimamente la magia avvertita dai fortunati presenti. Ma più di ogni canzone ha vinto un artista in forma strepitosa, che ha cantato, suonato e sudato senza mai risparmiarsi; convincente sul palco e tra i cacciatori di autografi, di cui ha ricambiato il sincero abbraccio. Il resto della band ha accompagnato Dave Meniketti lungo un concerto esaltante, mostrandosi compatta e affiatata anche in occasione di Contagious (una mezza sorpresa dedicata all’amico Roberto Cosentino) e ospitando l’annunciata comparsa di Stef Burns, attuale chitarrista di Vasco Rossi e membro degli Y&T dall’ottimo Ten in giù. Quando la classe non è acqua… a presto Dave!

  

  

  

  

  

  

  

Come da programma, chiudono la festa i veronesi Juliet Kiss, apprezzata cover-band del celebre combo di New York. Scaletta per lo più incentrata sulle hit degli anni Settanta, con Shock Me, God of Thunder e Shout It Out Loud sugli scudi; la prestazione è notevole (su tutti Giacomo ‘StarChild’ Gigantelli, perfetto emulo di Paul Stanley nell’intensa I Still Love You) e, nonostante la presenza scenica degli originali sia inarrivabile, i Nostri dimostrano di aver studiato attentamente pose e look, con tanto di giochi pirotecnici dalla chitarra di Marco ‘SpaceAce’ Ferrario e vomito sanguinolento in perfetto stile Simmons (Marco ‘Demon’ Zani). La carica giusta per concludere degnamente una serata memorabile.

  

 

Federico ‘Immanitas’ Mahmoud