Recensione: Ad Finem

Dalla fervida scena underground di Padova emerge una nuova realtà che, sin dal debutto, si distingue per maturità compositiva e ambizione stilistica. La formazione, che include due ex membri degli Algol, si affaccia sul mercato tramite Inertial Music, proponendo un disco di esordio denso, stratificato e tutt’altro che convenzionale.
Il nucleo del sound è saldamente ancorato al death metal, ma la sua articolazione rifugge da ogni stereotipo. Non siamo di fronte all’ennesima derivazione del Gothenburg sound: qui la matrice estrema si arricchisce di stratificazioni sinfoniche e slanci melodici ben calibrati, capaci di rendere il materiale sorprendentemente fruibile senza sacrificare l’intensità. La componente ritmica ha un ruolo centrale, con brani che preferiscono la compattezza e l’impatto diretto alla dispersione tecnica: si picchia duro, ma con intelligenza.
Quello che sorprende, però, è la capacità del gruppo di spaziare oltre le convenzioni. Accanto alle venature melodic black che punteggiano qua e là il tessuto sonoro, troviamo una chiara propensione verso territori prog-thrash, un riferimento che potrebbe far pensare agli Ocean of Sadness, ma che qui si declina in una forma più asciutta e cinetica. A tutto ciò si aggiunge un’attitudine tendente all’avantgarde, soprattutto nei momenti in cui il songwriting accelera, facendo dialogare la velocità con i tappeti sonori delle tastiere in maniera fluida e originale. È in questi frangenti che la band sembra trovare una voce propria, fondendo impulso brutale e visione atmosferica in un equilibrio raro da incontrare in un esordio.
Dal punto di vista della produzione, il lavoro si mostra solido ma non impeccabile: se da un lato spiccano la definizione delle tastiere, vero collante architettonico dell’album, e la ricchezza delle linee vocali (uno dei growl più interessanti oggi in circolazione nell’underground nazionale), dall’altro la batteria appare un po’ penalizzata, con un suono che manca di profondità e tridimensionalità, rischiando a tratti di smorzare la potenza d’impatto generale.
Cosa vuole dirci questo album? “Ad Finem” è un viaggio lirico immerso in una mitologia oscura e immaginifica, dove si intrecciano visioni cosmiche, guerre rituali e richiami ancestrali. I testi evocano un universo in rovina, dominato da entità arcane, dove la morte non è fine, ma strumento di elevazione spirituale. Il culto del dio Alzhagoth diventa cornice simbolica di un percorso che attraversa caos primordiale, vendetta pagana e trascendenza attraverso il sacrificio. Un racconto epico e marziale che riflette l’urgenza di riscoprire le proprie radici attraverso l’oscurità e la distruzione.
Ciò detto, il disco si rivela come una prova di forza e di idee, dove la cultura musicale si fonde con una genuina urgenza espressiva. La band non si limita a eseguire: costruisce, esplora, e propone un death metal contaminato, colto e viscerale, che si muove con disinvoltura tra le varie declinazioni del metal estremo senza mai perdere coerenza.
Disponibile in digitale e formato digipack, questo debutto, che lascia il segno per quanto sa valorizzare i vari stili che affronta, fa ben sperare per il futuro del sestetto. Da monitorare con attenzione.