Recensione: Arcane Paths to Resurrection

Di Daniele D'Adamo - 5 Maggio 2023 - 0:00
Arcane Paths to Resurrection
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Dalla Grecia, quattro loschi e anonimi figuri escono allo scoperto per dare alle stampe il loro disco d’esordio, “Arcane Paths to Resurrection”. Formatisi nel 2017, prima di adesso un solo EP, in discografia: “Of Fire and Brimstone”, 2019.

Quel che colpisce subito, non appena prende il via l’opener-track ‘Chants of the Unholy’, è la sensazione che i Decipher non siano affatto alla loro prima prova ma che, al contrario, posseggano un’esperienza in materia di primo piano. Il sound, difatti, è perfettamente formato, adulto, maturo; retto da uno stile che, in mezzo alle immani sabbie mobili del nero metallo, lascia la sua orma marcata. Come se suonassero assieme da lustri invece che da anni.

Uno stile che rimanda all’ortodossia del black metal. Senza, cioè, che vi siano contaminazioni, sperimentazioni varie, spunti evoluzionistici o rigurgiti retrò. Black metal furibondo, violentissimo, diretto. Fast black metal, per essere più precisi. Un sottogenere raro da trovare in giro nei meati infernali, al giorno d’oggi, ma che nella prima decade del terzo millennio ha avuto alcuni notevoli epigoni come, per esempio, i norvegesi Troll, Ov Hell e Tsjuder.

Uno stile la cui principale caratteristica è la furia devastatrice. A un mood cupo e tenebroso come da definizione (‘Arcane Paths’) si affianca, si interseca, si avvolge una musica assolutamente estrema; i cui dettami involvono anzitutto l’erogazione di una fonte oscura di energia abnorme, i cui valori misurabili sono assestati ai massimi livelli ottenibili dalla strumentazione umana.

Uno stile che, come un fiume in piena a seguito i piogge colossali, è concepito per deflagrare a mò di esplosioni termonucleare per annientare tutto e tutti. Radere al suolo. Devastare. Annichilire. Brani come ‘Enslaved to Be’, ‘Penance’ e la ridetta ‘Chants of the Unholy’ sono l’emblema dell’attacco fonico definitivo, scatenato dalle micidiali, roventi, massacranti bordate dei blast-beats.

Non c’è solo questo, però. Il quartetto ateniese si prodiga per rendere spesse le sette canzoni. Non manca la melodia, seppure piuttosto rara ma, soprattutto, non manca la ricerca costante di passaggi articolati, costruiti con dovizia di particolari affinché la resa finale non sia soltanto una prova di forza. Ne è prova la suite ‘Altar of the Void’, traccia che coinvolge mutevoli aspetti caratterizzanti il black metal. Non si contano i cambi di tempo, le accelerazioni, i rallentamenti, i segmenti più tranquilli che fanno il paio con gli istanti più infuocati. Con la voce arsa, acre di M.L. che, addirittura, scandisce le parole del titolo a guisa di chorus orecchiabile.

Proprio questa canzone è rivelatrice di una capacità compositiva per niente male, in grado di sostenere l’LP grazie a una varietà di armonie e accordi tali da rendere l’ascolto sempre interessante e piacevole, se così si può dire. Del resto i due chitarristi K.G. e K.C. sono davvero molto bravi nel tessere un riffing poderoso, potentissimo, variegato, agli antipodi dei caratteristici zanzarii di certo black metal. Un micidiale muro di suono su cui sbattere con gagliardia, impreziosito nondimeno dai ricami della sei corde solista. Da menzionare anche il drumming a opera di N.C., preciso benché copra il ritmo dagli slow-tempo ai blast-beats. Un intervallo assai esteso, quest’ultimo, per ciò indicativo di una piena padronanza dello strumento.

Oltre a quelli citati, i singoli episodi mostrano una più che sufficiente personalità per far sì che l’intera opera abbia una longevità tale da indurre a reiterati ascolti. Singoli episodi ovviamente disciplinati nel rispetto del personale stile del combo ellenico, purtuttavia ricchi di vita propria.

I Decipher è probabile che non passeranno alla Storia del metal per spiccata originalità, tuttavia “Arcane Paths to Resurrection” è un lavoro davvero ben realizzato in tutto e per tutto, che non presenta particolari difetti e che, in ultimo, non potrà che essere apprezzato dagli amanti del black metal a 360°.

Daniele “dani66” D’Adamo

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