Recensione: Balance Of Power
Nati nella seconda metà degli anni ottanta ed autori di un demo a nome Asylum, gli Unorthodox vanno annoverati fra quella schiera di band facenti parte del rooster della tedesca Hellhound Records, rea dell’aver pubblicato, a cavallo fra gli anni ottanta e i primi novanta, alcuni dischi entrati di diritto nella storia del Doom più tradizionalista. Costretti a cambiare il precedente monicker a causa dell’omonimia con una famosa pop-band di quegli anni, hanno pubblicato,oltre al qui recensito “Balance Of Power”, anche il bellissimo debutto “Asylum”, attualmente di non facilissima reperibilità. Capeggiati dal cantante e chitarrista Dale Flood, hanno visto transitare fra le loro fila svariati personaggi di spicco della scena heavy-rock del Maryland DC, fra i quali il bassista Jeff Parsons (successivamente passato nei Wretched, qui sostituito dall’ex Revelation Josh Hart) ed il batterista Ronnie Kalimon (fino a pochi mesi fa membro degli Internal Void). Rispetto ad altri gruppi della stessa area stilstica, gli Unorthodox risultano essere meno Black Sabbath dipendenti, e più facilmente accostabili a gruppi quali Lost Breed e The Obsessed (soprattutto questi ultimi, a causa delle similarità vocali fra Wino e Dale Flood), nonché fortemente influenzati dal rock progressivo e, maggiormente nelle trame chitarristiche, dal Blues e dal Jazz.
Il benvenuto ci viene offerto dalla batteria di Ronnie, impegnato nella cadenzata “Junkie”, la quale funge da perfetta introduzione alla successiva “To Kill A Monster”, più veloce e rabbiosa, forse l’unica di tutta il CD nella quale si sentono forti le influenze della band di Tony Iommi. A seguire, la stupenda “Peacemaker”, ballata dall’approccio molto simile alla più famosa “Forever Midnight” (The Obsessed). La successiva “Well Aware” è la prima traccia del disco dalla durata consistente, oltre cinque minuti, e nella quale bisogna aspettare più di due minuti e mezzo di fughe strumentali affinché compaia la voce, in questa sede molto interpretativa ed in grado di portare alla mente immagini infernali. Ad aiutarla in questa impresa, appaiono sempre più frequentemente ritmiche molto cadenzate, un corposo uso dei piatti ed un suono della chitarra che si fa via via più psichedelico, fino a dissolversi lentamente. “Lost In Tomorrow”, seguendo le stesse coordinate, ma con toni più riflessivi, ci porta verso la veloce “Maimned And Slaughtered”, che, nonostante la sua brevissima durata, è in grado di portare alla mente addirittura i Voivod di “Nothingface”, tant’è che per un attimo sembra di sentire cantare Denis Belanger. Segue “The Zombie Dance”, strumentale a dire il vero non eccezionale, o comunque non all’altezza dell’indimenticabile “Scorpio Rising”, presente sul primo album dei nostri. La situazione si risolleva con la più che buona “Standstill” e con l’infuocata “Price Of Life”, altra strumentale marcatamente doom e caratterizzata da vari stop and go. Neppure il tempo di prendere il fiato ed ecco arrivare “The Gate”, song che richiama da vicino agli Iron Man di “The Passage”, ed in cui la voce di Dale Flood torna a ricalcare lo stile di Ozzy, integrandosi alla perfezione con i numerosi solos di chitarra presenti. “Motherless” ed il lungo strumentale “Unorthodox” chiudono in bellezza un disco che, purtroppo, è risultato essere il canto del cigno di questo storico gruppo.
Dopo essersi sciolti, gli Unorthodox sono tornati insieme durante il 2004 con una formazione rimaneggiata che vede John “Wretched” Koutsioukis al basso e lo sconosciuto (almeno a me) Mikey Phillips. Con questa formazione hanno anche partecipato, con il brano “Lifeline”, alla compilation “Doom capital – Maryland/DC Heavy Rock Underground”, insieme a Life Beyond, Countershaft, Earthride, Black Manta, Carrion…
Tracklist:
1. Junkie 03:09
2. To Kill A Monster 03:56
3. Peacemaker 03:14
4. Well Aware 05:27
5. Lost In Tomorrow 06:21
6. Maimed And Slaughter 01:43
7. The Zombie Dance 03:40
8. Standstill 02:16
9. Price Of Life 01:52
10. The Gate 05:11
11. Motherless 02:51
12. Unorthodox 06:10