Recensione: Black for Death

Di Daniele Balestrieri - 7 Gennaio 2007 - 0:00
Black for Death
Band: Solefald
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
81

Sono trascorsi secoli da quando sono avvenuti gli eventi che mi accingo a raccontare; re sono nati, e regine sono morte, la catena dell’umanità cresce a un’estremità e si dissolve all’estremità opposta. La mia pelle è ancora tesa come un tamburo, la mia mente impenetrabile come sempre, mentre ciò che rimane dei personaggi di cui ascolterete la storia è solo un mucchio di ossa e denti. Non pronunciate il mio nome, ma i miei colori: Rosso per Fuoco, Nero per Morte. A volte confesso i miei vili atti, non perché me ne penta, ma perché la confessione alleggerisce l’anima. Come per esempio quando partecipai agli eventi che portarono alla guerra della Regina nella Baia di Fumo. Al tempo in cui visitai le sale di Re Haukur, nelle vesti di un guerriero, mi innamorai della sua regina bianca come il ghiaccio, Disa. Vidi quanto poco ella amasse il proprio marito, e come fosse innamorata del poeta di corte, che era conosciuto con il nome di Bragi il Bello. La regina e lo scaldo si amavano alla follia. Raccontai al re Haukur dell’infedeltà della sua consorte, e l’anno seguente Bragi fu bandito dall’Althing. Per sette anni vagò per le terre dei ghiacci, finché non tentò di saltare tra le fiamme del vulcano Hekla.
A quel punto, del tutto inatteso, intervenne l’Alto, che consigliò a Bragi di sopravvivere e di portare a termine la sua vendetta. Quando Bragi decise di tornare alle Sale del Re di Reykjavik, egli fu trascinato all’interno delle montagne per far visita al Nano d’Argento, signore del Sottosuolo. Il Nano d’Argento insegnò a Bragi il valore dell’orgoglio e della costanza imperitura, e da questo fortificato, il poeta continuò la sua Necrodissea verso la Baia del Fumo. Camminando egli invocava i suoi antenati, i Padri di Tutto, nella convinzione di combattere per la loro memoria e il loro onore.
Come potrete immaginare, mortali, gli Déi miei pari disapprovarono le mie macchinazioni, giacché mentre Bragi soffriva al freddo, io andai al banchetto nella sala degli Ægir dove si stava svolgendo l’indimenticabile Lokasenna, il litigio degli dei. Causa di tale attrito fu il Dio Ingannatore, Loki, poiché aveva fatto esiliare Bragi da Midgard. La vergogna di Loki si sarebbe dovuta tramandare Fino alla Fine dei Tempi.
Ora che conoscete il mio nome, non mi giudicate troppo duramente; porto ancora la cicatrice che Bragi lasciò sul mio addome. Quando infine raggiunge la sala del Re, egli scoprì che Disa lo stava attendendo insieme allo schiafo Jardhùr. Appena ella abbracciò Bragi e gli raccontò ciò che era realmente accaduto, entrambi furono scoperti dalla guardia personale di Haukur.
Appena Haukur giunse nel luogo del misfatto, Bragi infilò la spada nell’occhio destro del Re, in preda a una furia divina, quindi affondò la stessa arma nel mio stomaco. Haukur morì sul posto, mentre Bragi fu colpito a morte dopo pochi istanti. Disa e Jardhùr riuscirono a scivolare via senza essere notati, e fuggirono con la nave in loro attesa. Insieme attraversarono le Onde Oscure della Morte, fuggendo da un’altra Lokasenna, per giungere infine alle coste della Norvegia.
Godetevi la mia storia, e onorate la nostra Saga raccontandola per i secoli a venire.

Riprende così, nel pieno del furore narrativo, la storia del triste scaldo Bragi ingannato e scacciato dalla corte del Re Haukur e trascinato fino alle ribollenti viscere del Cratere delle Valkyrie nel quale l’avevamo lasciato al termine di Red for Fire.
Dopo un anno quindi, Black for Death dipinge finalmente il nero della vendetta di Bragi, che torna a Reykjavik in un crescendo spaventoso di emozioni fino al tragico doppio omicidio finale di vibrante tradizione shakespeariana.
Indissolubilmente legato al concept del primo capitolo, questa conclusione della saga norrena di casa Solefald incarna in maniera ancora più eccentrica l’ecletticità tipica del duo Cornelius – Lazare, parte attiva della ciurma di musicisti norvegesi che partendo dal black si sono lanciati nelle profondità siderali dell’avanguardismo sperimentale, bruciando le tappe con velocità e lasciandosi alle spalle non solo il mercato scandinavo, ma l’intero comparto europeo del metal estremo.

Sono presenti infatti in dose massiccia elementi jazz, ancor più marcati rispetto al primo capitolo grazie al solito sassofono che sottolinea con melodie melliflue i momenti più riflessivi del concept, ed elementi più folk grazie ai violini, qui ancora più prepotenti, in grado di scolpire nel granito le parti più veloci e incalzanti, pronti a sottolineare con efficacia la rabbia di Bragi, la gelosia di Haukur, la corsa di Disa verso il mare e le macchinazioni perverse di Loki.
E parlando di “Loki the Trickster God“, non si può non pensare immediatamente a Trickster G., meglio conosciuto alle masse con il nome di Garm, il quale ha prestato il proprio talento nella stesura di questa canzone che ancora una volta delinea il muro che il frontman degli Ulver ha eretto tra sé e la musica metal. Introspettivo e delicato è questo racconto di come Loki abbia ingannato scaldo e regina, in uno scorrere di violini e violoncelli che cullano dei cori composti dalle migliori voci che questa band potrebbe sciorinare, con Garm in testa (colpevole di un’autocitazione nella parte finale della canzone) e Cornelius, Lazare e Aggie Frost Peterson che conducono con paggeria il cantato attraverso “Lokasenna“, recitata dal vecchio caratterizzatore Jormundur Ingi, fino a “Sagateller“, degna cesura dotata di un crescendo prodigioso, che da rock-prog quasi parlato sfocia, minuto dopo minuto, in un furioso black metal che si infrange come un’onda sulla scena di morte dipinta lungo tutto l’album.

Impossibile non citare “Red for Fire, Black for Death“, torbida opener che sia musicalmente che liricamente riassume tutto l’album precedente in appena quattro minuti di furia tempestosa e di violini sferzanti che lacerano l’anima e trascinano l’ascoltatore nella mente rosa dalla rabbia e dall’angoscia dello scaldo a un passo dalla morte.
Tutto in quest’album riconduce musicalmente alle emozioni dei protagonisti della storia, proprio come in una saga che si rispetti. E se l’ottima “Queen in the Bay of Smoke” indugia in un folk-metal asincrono dotato ora di riff quasi heavy e ora di stralci black tirati come nella migliore tradizione ulveriana, “Silver Dwarf” indugia invece in una ripetitività dolorosa di riff interrotti e di cori a più livelli, probabilmente adatti al momento della storia, ma discretamente fastidiosi se giudicati nel loro volto musicale.

Questa volta le Lokasenna sono due, entrambe recitate esattamente come la prima contenuta in Red for Fire, e per quanto stavolta risultino musicalmente ben accompagnate, rimangono sempre tracce trascurabili, a meno che non si comprenda perfettamente il norreno. Inoltre la voce è talmente flebile che a volte risulta difficile persino capire se tra le fila dell’orchestra ci sia davvero qualcuno che sta parlando. Estemporanea è davvero la catchy-blues “Underworld“, che per quanto simbolo di eclettismo, riesce a spezzare non poco la tensione generata dalla precedente “Silver Dwarf” e introduce malamente alla multisfaccettata successiva “Allfathers“.
Tuttavia l’estro Solefald rimane, e la qualità non è acqua. Questo disco può non piacere, ed è suscettibile ai gusti personali molto più del primo, che a mio giudizio è leggermente più compatto e fruibile. Le canzoni variano in maniera drammatica l’una dall’altra, e tale movimento rende Black for Death un disco squilibrato. Sentire un accompagnamento da piano bar di New Orleans sostituito due minuti dopo dal furioso headbanging del frammento centrale di “Allfathers” che sembra uscito come una fucilata da De Mysteriis dom Sathanas può spiazzare più di un ascoltatore, specialmente coloro i quali digeriscono fino a un certo punto le variazioni sperimentali di questo genere di Avantgarde-vikingblackmetal.

Si può dare un voto all’audacia musicale e alla temerarietà delle idee? È sempre più difficile inquadrare prodotti di questo genere, ragionati e rifiniti partendo dalla scelta dei musicisti fino alla pregiata fattura del digipak. Leggermente più asincrono e schizofrenico di Red for Fire – ma non per questo meno caratteristico, Black for Death è una degna integrazione del suo predecessore.
Gli amanti di Red for Fire si facciano avanti; gli altri usino quella cautela che si usa nei confronti un libro fragile e molto antico.

TRACKLIST:

   1. Red For Fire + Black For Death
   2. Queen In The Bay Of Smoke
   3. Silver Dwarf
   4. Underworld
   5. Necrodyssey
   6. Allfathers
   7. Lokasenna Part 2
   8. Loki Trickster God
   9. Spoken To The End Of All (Poem)
  10. Dark Waves Dying
  11. Lokasenna Part 3
  12. Sagateller

Ultimi album di Solefald

Band: Solefald
Genere:
Anno: 1999
92
Band: Solefald
Genere:
Anno: 2010
85
Band: Solefald
Genere:
Anno: 2006
81
Band: Solefald
Genere:
Anno: 2005
91