Recensione: Bleed

Di Daniele D'Adamo - 27 Maggio 2011 - 0:00
Bleed
Band: Catalepsy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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74

Prendete un individuo segnato, ahimè, da evidenti patologie psichiatriche e mettetelo davanti a un microfono. Musica di sottofondo: deathcore nella sua forma più dura e devastante. Risultato: i floridiani Catalepsy. Ovviamente immagino, e ne son sicuro, che la salute mentale di Rick Norman sia in uno stato ottimale; tuttavia la metafora appena citata rende assai bene l’idea, credo, in merito alla bordata sonora cui sarete travolti non appena avrete messo nel vostro Hi-Fi “Bleed”. Un full-length che si materializza come una terrificante mazzata in faccia che vi costringerà all’uso di una dentiera talmente sono scatenati, i Nostri, nel mettere sul dischetto ottico la loro debordante carica energetica.

Nati nel 2004, i Catalepsy non hanno certo brillato per originalità, nella scelta del nome; poiché sono almeno una dozzina, al Mondo, le band ad aver scelto lo stesso moniker. Malgrado ciò, tuttavia, non ci hanno messo molto a farsi notare da Jamey Jasta degli Hatebreed e quindi a incidere, per la sua casa discografica (la Stillborn Records) un EP (“Godless”, 2007) e quindi un CD (“Inquity”, 2008). Quest’anno, infine, per la Bastardized Recordings, “Bleed”, prodotto da Matt Johnson (The Autumn Offering).

S’è scritto degli Hatebreed, fra i primi gruppi a spargere per la Terra il seme del metalcore; genere a volte considerato extra-metal poiché derivato da hardcore e punk in primis. Lecito, quindi, aspettarsi che i Catalepsy bazzichino lo stesso ambiente musicale *-core con conseguente, temuta lontananza dall’area metal. Se non si può negare questa parentela stretta, non si può nemmeno confutare che lo stile del combo statunitense sia maledettamente metallico. Certo, alcune delle caratteristiche che segnano act come gli Slipknot non mancano, in “Bleed”, tuttavia è ormai universalmente accettato che sia il metalcore, sia, nel nostro caso, il deathcore, facciano parte della grande famiglia del death metal.
Deathcore i cui stilemi di base si trovano tutti, nel sound del quintetto di New Smyrna Beach. Tutti, e all’ennesima potenza: brutali harsh vocals, ruvidi riff su accordature sottotono e uso incostante del palm-muting, basso e batteria da annichilazione, costantemente tese a stritolare le costole di chi ascolta con il loro groove furioso e avvolgente, breakdown a ripetizione, silurate di drum’n’bass.
Il tutto, per un suono che definire mostruoso è dire poco. Difficile, oggi, trovare in giro altri complessi che siano in grado di convogliare così bene, con ordine, l’energia che brilla nei corpi e nelle anime dei musicisti provenienti dalla ridente Florida. Possiamo tentare un paragone con gli Heaven Shall Burn o i Neaera, veri punti di riferimento, per il sottoscritto, quando si affronta il deathcore ad alti livelli. Tuttavia, entrambi gli act teutonici, seppur dotati di maggior classe generale, si fermano un gradino sotto i Catalepsy in quanto a pura furia demolitrice.   

Pensare che i Catalepsy puntino tutto sulla pressione sonora è però un errore: le dieci canzoni di “Bleed” non sono state composte a caso, giusto per picchiare il più duro possibile e basta. “Faithless” ha un incipit semplicemente terremotante che renderà incandescenti i pit infernali in cui la band si esibirà. “Monolith” è un autentico devasto: roba da capovolgere anche un T.I.R. “Goliath”, con la partecipazione di Mat Bruso dei Bury Your Dead, presenta alcuni campionamenti ambient, così come in “Infernal”, volti a rendere un po’ meno ‘secco’ il suono prodotto dagli speaker. “Cthnonian” è l’occasione, per Sean Murphy, di dimostrare la sua bravura e il suo gusto nel tracciamento delle linee di basso: da ascoltare al massimo volume possibile! Murphy si ripete con “Bleed”, aiutando i compagni a precipitare con veemenza verso le frequenze inferiori dell’udibile. Un micidiale mid-tempo caratterizza “Statistic”, ove la follia vocale di Norman raggiunge l’apice della (pseudo)schizofrenia. “Consumed” è un furibondo quattro-quarti che onora la leggendaria semplicità delle scale musicali ‘hardcordiane’. “Medusa” spezza – per quanto possibile – la tensione, quasi per preparare l’auditorio all’unico episodio del platter in cui fa capolino una melodia addirittura orecchiabile (sic!): “Vexation”.

“Bleed” non è un lavoro per tutti i metalhead, nemmeno per quelli che amano le sonorità più spinte: il suono dei Catalepsy è un macigno che va eroso lentamente, con pazienza, resistendo stoicamente alle cannonate che, allegoricamente, possono ben sostituire il sostantivo ‘canzone’. Chi resisterà a questi tiri d’artiglieria pesante potrà, però, divertirsi poi a lungo, tenuto anche conto di un songwriting non così scontato come potrebbe sembrare dopo un primo, sommario ascolto.   
Consigliato ai forti di stomaco, e a quelli dotati di coraggio e pazienza.    

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Faithless 4:25
2. Monolith 3:17
3. Goliath (feat. Matt Bruso) 3:38
4. Cthnonian 4:31
5. Bleed 3:43
6. Infernal 4:37
7. Statistic 2:47
8. Consumed 3:12
9. Medusa 4:13
10. Vexation 4:19                  

All tracks 37 min. ca.

Line-up:
Rick Norman – Vocals
Rob Walden – Guitar
Matt Sutton – Guitar
Sean Murphy – Bass
Ben Sutton – Drums
 

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