Recensione: Calea

Di Elisa Tonini - 23 Marzo 2017 - 22:40
Calea
Band: Ashaena
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2016
Nazione:
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64

Nati nel 2006 inizialmente come progetto solista di Cosmin “Hultanu” Duduc (al quale successivamente si unirono altri componenti), gli Ashaena  suonano un moldavian heathen metal, con un sacco di influenze prese dalla mitologia, dal folklore e dalla storia antica rumena. Moldavian heathen metal pare di primo acchito una definizione fuori luogo, data la nazionalità romena. Nessuna contraddizione dato che la Moldavia oltre ad essere uno stato tra Romania e Ucraina, è pure una regione storica, una pianura abitata anticamente dai Daci, chiamata appunto Dacia. Il nome stesso della band, Ashaena, era il nome del Mar Nero dato dai Daci. Ashaena nella lingua dei Daci significava “blu scuro”, “misterioso”, “profondo”. Gli Ashaena definiscono altresì il loro stile pagan black introspective metal e nelle loro canzoni la band cerca di onorare ed elogiare la memoria dei loro antenati, per promuovere e difendere le tradizioni ed il folklore rumeno e di mantenere vivo nei cuori della gente, coloro che hanno dato la vita per la loro terra.
 
Il primo album degli Ashaena risale al 2009 e corrisponde al titolo di “Cei Nascuti din Pamant”, stesso nome del loro demo d’esordio risalente a tre anni prima. La stessa sorte tocca a “Calea”, full-length oggetto di recensione. Nel 2013 con il nome “Calea” è uscito un EP, il quale contiene già tre tracce delle sette del successivo full-lenght del 2016. È però con una traccia nuova che il presente “Calea” inizia. ‘Tapae 86’ è un brano dai ritmi implacabili e riflessivi al tempo stesso, un brano cupo e misteriso come le foreste della Romania . Vi è un gelido sentore “nordico”, “bathoryano” che si fonde con le brutali voci scream e growl. Dei profondi cori a tratti in sottofondo paiono evocare la solennità degli antenati. ‘Tapae 86’ è un brano dalla spiccata componente spirituale. Nella title-track i maestosi cori ed arrangiamenti di ispirazione “nordica” si uniscono all’abrasivo clean del cantante. Il brano ha l’epicità, l’istintività e l’entusiasmo di un’avventurosa cavalcata ma anche melodie gentili che evocano la riflessività di una preghiera e la connessione al mondo di un tempo passato. ‘Tara Berladnicilor’ è un pezzo strumentale, dalle ritmiche furiose e veloci, a tratti quasi marziali. È il fiabesco flauto che di fatto sostituisce la voce a essere il protagonista della canzone, disegnando melodie ipnotiche, spiritiche, fatate, mistiche e graziose. Il flauto dona dinamismo e vivacità alla traccia. ‘Tara Berladnicilor’ in certi frangenti non è lontanissima stilisticamente dagli Arkona di ‘Vo Slavu Velikim’, anche se nel brano degli Ashaena non pare esserci la volontà di emulare i russi, bensì un’elaborazione in chiave metal del proprio folklore. ‘Tara Berladnicilor’ è un brano avvincente nella sua struttura ed impostazione. ‘Crapat di Cer’, travolge per un sound senza compromessi coniugato ad un’animo notturno quasi gotico e a un gusto per l’introspezione. Essa è messa in risalto dal cantato in clean, accompagnato da epici cori. ‘Crapat di Cer’ è un brano dalle melodie profondamente malinconiche, tristi ed a tratti degli effetti sonori paiono evocare una notte piovosa. In ‘Spirit – Sageata’ i ritmi sono serrati eppure  a tratti “spalmati” in una dilatata e complessa struttura doom. I cori dall’aria “bathoryana” si accompagnano a un solenne clean. Un  becero growl percorre a tratti la traccia. Non manca in ‘Spirit – Sageata’ un passaggio più leggero, quasi gioviale, pastorale. ‘Spirit – Sageata’ emana un senso di elevazione spirituale, vicinanza alla natura. Certi passaggi chitarristici a tratti sono forse un po’ prolissi, ma nel complesso è un brano godibile. ‘Zbor Insetat’ è un brano intriso di atmosfere oscure, con effetti sonori che paiono evocare lo svolazzare dei pipistrelli nella notte. Sono dei futuristici tocchi dall’aria quasi dark gothic a donare queste sensazioni. Tali sonorità si uniscono alle chitarre ora violente ora meditative e ad uno clean sporco, ruvido. Un cupo growl/scream dona un tocco selvaggio alla traccia mentre i cori le donano una sensazione gelida e spirituale. Tutti questi elementi rendono ‘Zbor Insetat’ il pezzo più malinconico del disco, malinconia che però è unita a una vena epica. I futuristici effetti sonori del brano paiono ricordare un po’ quelli presenti verso la fine della canzone ‘Nad Propastyu Let’ degli Arkona ma ‘Zbor Insetat’ nonostante questo è uno dei brani più riusciti del disco. Chiude l’album ‘Mos Urs’, un brano selvaggio e potente ma contemporaneamente pacato grazie ai clean ed ai cori che donano una sensazione quasi “vellutata”. ‘Mos Urs’ è nel complesso un brano elegante, mistico ma forse non particolarmente ispirato.
Se con il precedente album “Cei Nascuti din Paman” gli Ashaena avevano sonorità e un impostazione più sperimentali (“Cei Nascuti din Paman” ha nove canzoni e nove intermezzi), sonorità più luminose e quasi allegre in alcuni frangenti, con il presente “Calea” gli Ashaena paiono configurarsi in un aspetto più “tradizionale” del pagan metal e oppongono al precedente disco sonorità oscure e notturne eppure epiche. Se prima gli Ashaena possedevano delle sperimentazioni in qualche modo affini ai connazionali Negura Bunget e Dardeduh e delle sfuriate affini ai Bucovina (rumeni anch’essi), in Calea” come detto in precedenza ci sono dei rimandi ai Bathory e a certi episodi degli Arkona pur comunque tentando un approccio più originale e genuinamente rumeno. Gli Ashaena con “Cei Nascuti din Paman” avevano forse dimostrato maggior coraggio negli intenti e una maggiore varietà nelle composizioni. “Calea”, di contro, è un album dalla produzione assai migliore, omogeneo nelle sonorità, forse a tratti un pelino troppo omogeneo, le canzoni tendono ad assomigliarsi un po’ tutte per certi aspetti eppure, complessivamente, “Calea” è un album godibile, con un paio di canzoni che emergono se non per una grandissima originalità, per emozione profusa. Gli Ashaena come accennato in precedenza si definiscono pagan black introspective metal. In “Calea” vi è una costante tendenza introspettiva, intimista unita all’efferratezza del black e allo spirito profondamente pagano. In questo senso gli Ashaena sono coerenti con ciò che si definiscono.
 
Consigliato ai fan del pagan, folk e viking metal in generale.
 
Elisa “SoulMysteries” Tonini

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