Recensione: Cry of Dawn

Di Francesco Maraglino - 1 Novembre 2016 - 9:50
Cry of Dawn
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2016
Nazione:
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Goran Edman è un vocalist scandinavo che, presumibilmente, non ha bisogno di particolari presentazioni per i lettori di Truemetal.it. Agli inizi degli anni Novanta, Edman è stato, infatti, il cantante della band del celeberrimo axeman Yngwie Malmsteen, ai tempi di Eclipse e Fire and Ice. Ma non solo. Nei periodi precedenti e successivi, e fino ad oggi, Goran ha prestato la sua ugola ad artisti, progetti e formazioni come Madison, John Norum, Brazen Abbott, Street Talk, Glory e, di recente,  anche agli italiani Headless.
Il poliedrico cantante, ora, ha dato vita ad una nuova creatura musicale, dal monicker Cry of Dawn. In questo progetto viene messo insieme un manipolo di autori/strumentisti di area AOR, tra cui Michael Palace dell’omonima band, i quali, con il coordinamento produttivo di Daniel Flores, altro infaticabile musicista di quest’area stilistica (Find Me, Murder Of My Sweet, First Signal, Palace), hanno realizzato un pugno di canzoni del più tipico melodic rock.

I Cry of Damn, nel loro primo omonimo platter, sguazzano, dunque, in brani come Listen To Me, un uptempo dai suoni cristallini e dominati da tastiere richiamanti, con sopraffina classe, gli anni ottanta, e dai vocals angelici di Edman. Analogo sound ritroviamo nella solare Tell It To My Heart, contrassegnata da gradevoli inseguimenti di tastiere e chitarra, e ancora in Chance, midtempo dal chorus orecchiabile e dalle sonorità limpide, sorrette sempre dei tasti d’avorio e della sei-corde.
Non manca qualche traccia dal “tiro” più sostenuto, come Tell Me, fiera e cadenzata, ma prevalgono i suoni soft rock, come in When Right Is Wrong, midtempo assai catchy nel ritornello e dal canto più grintoso che nel resto del lotto, e Light A Light, veloce soft rock dal chorus molto accattivante ma anche suggestivo.
Il canone più vivace e scanzonato del rock melodico trova la sua rappresentazione nella frizzante Life After Love, nonché in Yearn, quasi un  irresistibile esempio di quello che qualcuno chiamava  yacht-rock.
Pure il romanticismo non scarseggia, naturalmente, da queste parti: se in Building Towers, canzone languida e solenne, con una voce che abilmente si muove da timbri più acuti ad altri più caldi, risulta forse  un po’ troppo zuccherosa, Hands Around My Heart è, altresì, una power ballad da manuale degli anni ottanta valorizzata da un pregevole lavoro di chitarra.

Cry of Dawn è, dunque, un classico prodotto in studio, che supplisce alla lieve mancanza di calore di questo genere di opera, con una raffinatezza sopraffina. La voce di Goran Edman appare in forma, e riesce ad essere limpida e suadente  quando deve, e più grintoso se l’atmosfera o il ritmo lo richiedono.
Si tratta di un album dalla predilezione spiccata per il ramo più soft dell’AOR, che la chitarra di Michael Palace innerva con misura, e cui le tastiere conferiscono una squillante solarità. Ed è, in definiva, un prodotto perfetto per chi ha amato i dischi di gente come Find Me e Houston.

Francesco Maraglino

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